Walter e me… ‘na botta de vita.

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Sono andato a trovare Walter de Benedetto, qualcuno ricorderà l’imponente blitz delle forze dell’ordine nella sua abitazione a l’Olmo dove venne beccato il novello Pablo Escobar de noaltri visto la sbandierata individuazione di 20 chili di marijuana oltre a imponenti e tecnologiche attrezzature per la coltivazione e la trasformazione (sicuro comprese bilance da cucina..).

Ci finì nel mezzo pure quell’amico di Walter che dichiarò di aver annaffiato le piante e che per questo è stato condannato a quasi 1 anno e mezzo.

Per Walter ebbe inizio il procedimento che il prossimo 27 aprile sarà nuovamente dinanzi alla magistratura.

Lui è affetto da patologie particolarmente dolorose e invalidanti, la sua giornata scorre principalmente disteso a letto quando in casa e non in ospedale per curare qualche frattura o qualche altra conseguenza delle sue patologie: dichiarò che la marijuana fornita dal sistema sanitario era insufficiente alle sue necessità, lenire il dolore.

Da qui l’interessamento di associazioni che hanno affiancato Walter (ed il suo amico) nell’affermare le loro ragioni dinanzi al tribunale. Stabilendo anche la verità: per esempio difficile immaginare che 10 piante possano pesare 20 chili, forse veramente qualcuno ha pesato piante, terra e vasi.

Volevo dire a Walter che mi sento veramente compreso a fatica in quel “popolo italiano” in nome del quale i suoi provvedimenti della magistratura sono assunti: perché Walter vive una quotidianità difficile, probabilmente ignota alla grande maggioranza di coloro che leggono distrattamente (e giudicano) le notizie sui media locali, vita paragonabile a quella di alcuni altri e (ritengo) ben più pesante della mia. Non sarò io a rendere comprensibile quanto soffocante sia l’esistenza per alcuni cittadini “sfortunati”, spero che altri soggetti cerchino di rendere comprensibile quali privazioni, difficoltà, dolori, carichi emotivi riempiano quelle giornate e come le istituzioni moltiplichino le possibilità di inciampo invece di rendere un po’ più leggero il percorso terreno di questi uomini e donne. Io sono troppo coinvolto.

Io non sono neanche incazzato colla Natura, in miliardi di esemplari prodotti alcune decine di migliaia di difetti ci stanno. Sono incazzato con le strutture che non fanno abbastanza, non stanziano abbastanza, e con quelle persone che anzi si mettono di traverso senza neanche sapere di che cosa si parli: situazioni che si manifestano con oltraggiosa difesa della vita a prescindere, vedi la difficoltà a ottenere il riconoscimento della propria volontà di lasciare questo mondo in modo dignitoso. O confondere quella masnada di musi neri che vendono droga in ogni luogo con la quotidianità di chi combatte il dolore. A Walter danno farmaci molto importanti e pesanti per combattere quella piaga, trattarlo come pericolo pubblico perché coltiva e magari utilizza marijuana (rimedio ben più naturale) non mi fa sentire parte della comunità nazionale.

Ti abbraccio di nuovo Walter, e con te tutti coloro che stanno nella stessa situazione.

Che tu possa continuare ad estraniarti dal tuo corpo e dalla tua quotidianità con soddisfazione.

PS: abbiamo scoperto che ci hanno fatto 2 vaccini diversi; Walter esprimeva qualche perplessità sulla ovvia mancanza di approfondimento scientifico sulle interazioni con le nostre rispettive patologie: quando ha detto “magari fra vent’anni si scoprirà che era meglio farne un altro” l’ho trovato meraviglioso, pensando a alcune comunità siciliane di circa 2500 anni or sono: mangia come tu morissi domani, costruisci come tu viva in eterno. Perchè negare a disabili, invalidi, malati un simile approccio? Le cose accadono, credetemi, trovarsi dalla parte “sbagliata” del mondo è davvero facile e spesso non dipende neanche da comportamenti a rischio!

7 COMMENTS

  1. Concordo: se si condanna qualcuno per uso personale di narcotici-stupefacenti auto prodotti non è in nome mio, che lo si faccia in nome del popolo italiano è una formula di convenienza come acclarato da decenni di esperienza, giusta per rendere tutti coinvolti nel “crucifige” dell’imputato, oppure nella sua redenzione.
    Personalmente, rimanendo nei limiti delle considerazioni sulle droghe, sono anti proibizionista, a prescinde dalla leggerezza o pesantezza relativa della sostanza.
    Le condizioni della “liberalizzazione”: consumo consentito soltanto in casa propria o in spazi chiusi con ingresso a pagamento (di piazzate del genere non sento la mancanza);
    vendita in esercizi appositi con obbligo di informare il consumatore, verbalmente ed in forma scritta, su tutte le conseguenze di quel tipo di consumo (personale medico messo a disposizione del servizio pubblico, esistono i SERT) e sottoscrizione consenso; in caso di danni successivi all’utilizzo, corrispondenti a quanto comunicato in anticipo, i “cocci” da raccogliere a carico dell’ erario devono limitarsi all’immediata urgenza (es. overdose, conseguenze dell’indotta ed eventuale aggressività fisica); gli altri se li raccoglie il fruitore, da solo o in compagnia. Meno soldi da dover riciclare e valorizzare, percezione della responsabilità personale da incoraggiare.
    .

      • I “ma” sono molti e li ho omessi per brevità . Considerarli tutti richiederebbe un trattato che comprenda rilievi economici, sociologici, psicologici (psicologia individuale e suoi rapporti con la psicologia di massa), impostazioni religiose, storiografia incentrata sull’uso di sostanze nelle diverse fasi epocali, ecc. Potrebbe essere il lavoro di una vita.
        Poi il primo passo va comunque mosso, ho indicato le tracce della strada migliore da percorre, dal mio punta di vista ovviamente (comunque non prendevo nemmeno in considerazione l’utilizzo terapeutico immediato: lenire il dolore fisico, allentare la tensione psichica conseguente, su questo non c’è discussione)

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