AGGIORNAMENTO:
Il tribunale di Arezzo ha assolto Walter del Benedetto perché “il fatto non sussiste”
La decisione è stata presa dal Gip Fabio Lombardo dopo una breve camera di consiglio che si era aperta dopo che la stessa rappresentante dell’accusa, il Pm Laura Taddei, aveva chiesto la sua assoluzione. “Il fatto non sussiste” la motivazione.
Doveva esserci anche lui stamani nonostante le sue precarie condizioni di salute, minate da questa malattia terribile che si chiama artrite reumatoide. Walter De Benedetto, così come aveva fatto a fine febbraio per l’udienza preliminare, non voleva mancare all’appuntamento con il Gip Fabio Lombardo, assitito dagli avvocati Claudio Miglio e Lorenzo Simonetti messi a disposizione dall’associazione Luca Coscioni. Ma alla fine le sue condizioni non glielo hanno permesso.
Il caso di Walter è ormai stranoto: è imputato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti perché in una mini-serra allestita in casa coltivava piantine di cannabis. E non certo lo spaccio era il suo obiettivo.
Iniziative su tutto il territorio nazionale
Indette manifestazioni davanti ai tribunali di 18 città italiane.
Il 27 aprile in Tribunale ad Arezzo l’udienza decisiva per il malato di artrite reumatoide. La cannabis terapeutica è legale dal 2007 ma l’approvvigionamento è difficilissimo: Meglio Legale e Associazione Luca Coscioni sostengono Walter e le migliaia di persone che chiedono il rispetto del diritto alla cura
- PUNTO STAMPA – martedì 27/4, ore 12:30 davanti al Tribunale di Arezzo – P.za Falcone e Borsellino, 1
Interverranno i Parlamentari On. Caterina Licatini (M5S); On. Riccardo Magi (+Europa/Radicali); Antonella Soldo, coordinatrice di Meglio Legale; l’Associazione Luca Coscioni e gli avvocati Claudio Miglio e Lorenzo Simonetti, difensori del paziente
Il 28 aprile del 2007, con il Decreto Turco, l’Italia riconobbe l’efficacia terapeutica del THC, il principio attivo più importante della cannabis, per il trattamento del dolore cronico.
Quattordici anni dopo, domani martedì 27 aprile alle ore 12, Walter De Benedetto – paziente reso invalido dall’artrite reumatoide – affronterà presso il Tribunale di Arezzo l’udienza decisiva del processo che lo vede imputato per coltivazione di sostanza stupefacente in concorso. Rischia così fino a sei anni di carcere il paziente che, in possesso di una regolare prescrizione medica, è indagato per aver coltivato cannabis dal momento che il Sistema Sanitario non riusciva ad assicurargli il quantitativo di terapia necessaria a combattere i lancinanti dolori causati dalla sua patologia.
Nonostante le precarie condizioni di salute e la complessità del periodo che tutti noi stiamo vivendo a causa della pandemia, De Benedetto domani sarà in aula proprio come aveva fatto – arrivando in ambulanza presso il tribunale – lo scorso febbraio in occasione dell’udienza preliminare. Al tempo il paziente aveva ribadito come la sua sofferenza, data da una malattia gravissima, progressiva e invalidante, non gli permettesse di aspettare oltre: «Non ho più tempo per aspettare i tempi di una giustizia che ha sbagliato il suo obiettivo. Il dolore non aspetta. Mi assumo la mia responsabilità, mi sento a posto con la mia coscienza».
Un sistema complesso quello della cannabis terapeutica in Italia: a causa dello scarso quantitativo prodotto dallo Stato, la distribuzione del farmaco è spesso assente. Per quanto la legge preveda che il medico possa prescrivere questa terapia a carico del Servizio Sanitario Nazionale, molto spesso il medicinale non si trova in farmacia, portando chi ne fa uso all’assenza di terapia. Inoltre, lo stigma creato intorno alla pianta rende difficile anche il processo di prescrizione. Una situazione incredibile se si considera anche che, lo scorso dicembre, col voto favorevole dell’Italia, la Commissione delle Nazioni Unite sugli Stupefacenti (CND) ha riconosciuto il valore terapeutico di questa sostanza – come indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) – cancellandola dalla tabella delle sostanze stupefacenti.
«Il caso di Water è tragicamente noto, ma non è il solo» – denunciano Antonella Soldo, coordinatrice di Meglio Legale e Marco Perduca dell’Associazione Luca Coscioni – «Sono migliaia i pazienti che purtroppo si trovano in condizioni analoghe a quelle di De Benedetto. Le nostre realtà ricevono quotidianamente segnalazioni di questo tipo. Malgrado la legge consenta la prescrizione di cannabinoidi, malgrado sia prodotta nello Stabilimento Militare di Firenze, malgrado le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ritengano che la produzione domestica – artigianale e di modeste quantità – non si configuri come reato, malgrado tutti i partiti politici si dichiarino a favore della cannabis terapeutica… ancora troppe persone sono condannate a un dolore inutile»
La campagna Meglio Legale e l’Associazione Luca Coscioni saranno presenti domani ad Arezzo per sostenere Walter De Benedetto nella sua battaglia, proprio come hanno fatto negli scorsi mesi promuovendo il suo appello al Presidente della Repubblica per chiedere la garanzia del diritto alla cura, come previsto dalla Costituzione. La petizione – che ha raccolto oltre 20.000 firme e visto il coinvolgimento di politici e volti noti – ha portato molte persone a denunciare le mancanze dello Stato nei confronti della loro sofferenza. Tra gli intervenuti in questi mesi anche i Parlamentari On. Caterina Licatini (M5S) e On. Riccardo Magi (+Europa), che saranno presenti martedì 27 aprile presso la procura di Arezzo; insieme a loro il Segretario di Radicali Italiani Massimiliano Iervolino, esponenti di Volt e Giovani Democratici Toscana.
Domani 27 aprile sono previste iniziative su tutto il territorio nazionale per sostenere, nella giornata del processo, il paziente De Benedetto. La mobilitazione #IoStoConWalter, è volta a ribadire come #nonsoloWalter si trova ad affrontare la dolorosa situazione. Per ribadire il diritto alle cure di chi fa uso di cannabis terapeutica e perorare la causa di De Benedetto, Radicali Italiani, in collaborazione con Meglio Legale, ha indetto manifestazioni davanti ai tribunali di 18 città italiane.
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Finalmente!
Comunque vorrei sapere chi è che lo ha denunciato, anche le forze dell’ordine che sono andate a verificare, avrebbero dovuto fare finta di niente.
Al pionta c’è lo schifo e spacciano tranquillamente, non intervengono mai salvo qualche retata mediatica, invece ad un povero ragazzo sofferente fanno una persecuzione simile.
E’ assodato che le forze dell’ordine usino far finta di niente in molte questioni, anche prescindendo dal “peso specifico” delle stesse (per alcune cose è comprensibile questo atteggiamento, per altre è inammissibile).
In questo caso avrebbero agito come da regolamento, la comprensione non è certo un obbligo per chi esercita funzioni di polizia.
Quello che importa è l’esito (per comodità non tengo conto dei tempi quasi epocali che implicano, specialmente a certe latitudini, le vie giudiziarie): il fatto non sussiste. E’ un primo passo deciso, se il protagonista ha subito persecuzioni non è stato per poca cosa e se davvero di primo passo si tratta il suo nome rimarrà legato alla sua vicenda, un po’ come per Welby e Englaro, considerando naturalmente le differenze tra una situazione e l’altra.
In qualsiasi posizione ti vieni a trovare nella vita ci sono dei sacrifici: cose a cui occorre rinunciare nonostante le vorresti sempre vicine, oppure azioni da intraprendere per certi scopi e che preferiresti evitare.
Se però alla fine trovi decisamente che ne valeva la pena, tutto il resto si ridimensiona. Mi auguro che sia così per lui.
Un” altro mostro messo in prima pagina riabilitato.
Su questa vicenda che riguarda un disabile occorreva fin dall’inizio meno forza pubblica e più servizi sociali e molta e molta riservatezza.
Si è chiusa bene processualmente ma umanamente mi domando il danno che ha prodotto.
La riservatezza c’era già (ipotesi).
Da questo punto di vista la forza pubblica, una volta intervenuta, l’ha negata (parto dal presupposto che ci fosse).
Circa i servizi sociali, nel caso fossero stati poco o per nulla presenti, potrebbe essere servita da “radiosveglia”.
Sul piano umano sono più ottimista, per una volta, perchè mi è sembrata prevalere di molto la simpatia ragionante sulla riprovazione “moralistica”, cieca e abietta. E l’interessato l’ha percepito.
E’ stato lui medesimo ad accettare di diventare caso mediatico. Per sè ma soprattutto per quelli come lui. E’ andato in piazza, davanti alle telecamere, a Montecitorio, dal presidente Fico, ha chiamato Cappato, ha firmato il testamento biologico…
La presentazione della notizia della operazione antidroga mi sembra di ricordare che in generale nella stampa non fu trattata in modo diverso da altre situazioni simili (foto materiale sequestrato etc.)
tra l’altro per un fatto che oggi il GIP e la PROCURA ha dichiarato non sussistere.
Vista la condizione di fragilita’ fisica della persona io rimango della idea che prima della azione repressiva (sicuramente legittima come iniziata e come finita in tribunale) un intervento di personale sanitario per capire e coprire le esigenze di Walter sarebbe stato piu’ utile per la persona.
Chiaro che non sono un giurista o esperto in materia e ci sta’ che per le procedure investigative e di diritto penale tutto quello che e’ stato fatto doveva essere fatto e sono contento che in fondo il GUDICE di BERLINO eserciti anche ad Arezzo.
E’ sul problema dell’intervento del personale sanitario o sui compiti dell’ assistenza sociale che ho dubbi.
Nel senso che, fin dall’inizio, l’interessato mi sembrava chiedere soltanto l’utilizzo della sostanza che gli portava giovamento e focalizzava l’attenzione sulla sua insufficiente fornitura tramite le vie ufficiali.