Sul parcheggio Cadorna l’ennesima sfuriata nazional populista: trasformare un “non luogo” in “luogo di incontro”, grazie a quattro alberelli e tre panchine

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Ma diciamocelo: piazza Fanfani non è una vera piazza. E’ un vuoto urbano, o come va di moda oggi: è un non luogo. E’ il retro di tutto ciò che la circonda: il retro del fronte su via G.Monaco, il retro del fronte su via Petrarca, il capannoncino della Provincia e le camerate dove hanno soggiornato tanti ragazzi nei decenni, adesso zeppe di uffici pubblici e di cittadini che qui affluiscono.

Non è stoffa facile con cui rattoppare un pezzo di città. E anche il concorso di idee a cui si fece affidamento alcuni anni fa lo dimostrò. Bisognerebbe demolire non un murales, ma metà degli edifici che circondano la piazza, a cominciare da quelli del comune per fare un intervento dalla vera valenza urbanistica! Si vuole/deve fare le nozze coi fichi secchi e qualsiasi risultato prodotto da chicchessia, non ci farà battere il cuore.

L’area del parcheggio è la parte interna dell’isolato, un isolato molto grande, è molto peggio di una back street perchè quasi tutti gli edifici hanno il fronte buono sulle strade esterne e piazza Fanfani gode così dei retri schifosi e mal messi. Per rendere lo spazio urbano occorrerebbe costruire degli edifici che offrano una facciata (e non un culo malmesso) alla piazza oltre ai relativi (e decenti) collegamenti (strade) con le vie al margine

Una piazza, per essere definita tale, deve essere momento di incontro di più strade e avere i fronti degli edifici su di essa. Nel caso di specie non ci sono strade e non ci sono fronti. Quell’area era una piazza d’armi. Quindi era già un vuoto. E’ sempre stato un vuoto. Non ha storia e come diceva Danilo Grifoni con grande capacità di sintesi, è il buco del cu… di Arezzo. Semplificando: lì non ci passi mai, se non ti ci spinge qualcuno. Non qualcosa, perchè il qualcosa finisce e si ricomincia.

Ma la sua funzione è invece oggi fondamentale: è l’unica valvola di sfogo per le auto in centro storico. Se vai a teatro o in San Francesco o ai Costanti o in Corso Italia, parcheggi alla Cadorna. Anche se devi andare in comune parcheggi alla Cadorna. Immagino che a questo punto della storia, la premessa dell’abolizione del parcheggio per farci un luogo di incontro (per tossici e spacciatori) sia il trasferimento in altra sede degli uffici comunali.

Se un cittadino chiede di trasformare una qualunque superficie con destinazione varia in commerciale, la prima domanda che ti fanno è se hai posti auto a disposizione della clientela. Ma quello che vale per noi sudditi di questa gigantesca repubblica delle banane, dovrebbe valere anche per gli uffici pubblici e comunali: avete trasformato un dormitorio per soldati in sportelli per i cittadini? Ottimo. Ma i posti auto ce li avete o solo per noi poveri gonzi vale la massima del Marchese del Grillo?

Questa area è essenziale anche per gli abitanti del centro storico, avendo qui un gran numero di posti auto riservati. E il centro storico ha già sofferto abbastanza!

Dopo l’ondata radical-chic degli anni ’70/’80, durante la quale la città medievale si viveva come residenza privilegiata e ad alto costo, in seguito alla conseguente difficoltà, se non impossibilità, del traffico pubblico e privato al suo interno, negli ultimi decenni si è assistito ad una inarrestabile desertificazione dei centri storici per una sistematica fuga dei residenti verso periferie esterne, di più qualificato standard abitativo con progressivo svuotamento dell’antico patrimonio edilizio, che ha così perso gran parte del suo valore di mercato a fronte di centinaia di migliaia di euro spesi dalle amministrazioni locali in tutta Italia, per riqualificare e vivacizzare queste zone, oggi ormai praticamente vuote.

Ogni giorno nei centri storici delle nostre città chiudono i battenti bar, ristoranti e pubblici esercizi di ogni genere e categoria. Un fenomeno che, a breve, potrebbe trasformare il cuore delle nostre città in veri e propri squarci di paesaggi lunari.

Tanto lavoro, tanta fatica e altrettanti investimenti spesi nell’ultimo ventennio dalle amministrazioni locali per vivacizzare le aree storiche… gettati al vento.  La città è una, e quando si compiono azioni in una parte di essa, le conseguenze si fanno sentire anche nelle altre. Se si costruiscono centri commerciali con grandi parcheggi, è evidente che chi fa la spesa è invogliato ad andare dove c’è parcheggio (specie se è gratis) e vicino al luogo di acquisto. E andando al centro commerciale si depaupera la vita urbana in città compreso il centro antico. E chiudono i negozi che animano le strade. E’ un circolo vizioso.

Ad Arezzo in 10 anni i residenti della città antica si sono ridotti del 60%. Molte attività hanno chiuso. Gli uffici sono stati decentrati all’esterno. Anche le banche hanno progressivamente abbandonato. Ma anche uffici di avvocati, commercialisti, liberi professionisti. Sempre più silenziose. Sempre più abbandonate, destinate a diventare progressivamente residenza di cittadini immigrati.

Accade così che in molti centri storici si osservi oggi il paradosso per cui un territorio di forte valenza identitaria per comunità che non lo ‘abitano’ più, viene ‘posseduto’ da individui che non hanno alcun rapporto cosciente con quello che in effetti è un luogo del tutto estraneo al loro vissuto culturale, del tutto inadeguato a soddisfare un corretto rapporto di relazione tra le caratteristiche morfologiche dell’habitat e le esigenze, le abitudini, i bisogni, la memoria, la storia dei suoi occupanti.

Se si costruisce la città in maniera diffusa, come la si è costruita in effetti, risulta impossibile per i vari piccoli nuclei raggiungere dimensioni tali da consentirvi insediamenti di commercio e servizi. E allora quegli abitanti dovranno per ogni necessità prendere l’auto per andare in centro, visto che quello stesso sistema insediativo diffuso che impedisce la nascita di nuclei dotati di autonomia, non potrà nemmeno garantire servizi di trasporto pubblico efficienti ed economici.  La città dunque continua ad alimentare il bisogno di auto private. L’amministrazione continua ad alimentare il bisogno di auto private. Però si continua a credere, o fingere di credere non saprei, che la città sia un problema di “vigili urbani”, di cartelli stradali con divieti e prescrizioni, di multe che suppliscano alle idee e di zone da adibire al parcheggio che diminuiscono invece che aumentare.

A questo punto si può solo aggiungere che senza l’introito del Cadorna, che ormai sfiora il mezzo milione di euro per le casse di ATAM Parcheggi, la società sarebbe in rosso. Per una società esclusivamente pubblica, questo è un rischio che non può essere corso. Quindi oltre l’urbanistica, resta l’odiosa legge dei numeri. I maledetti numeri!

Come scriveva un noto architetto aretino una manciata di anni fa: “In questo spazio si può fare solo una scelta che non sia inutilmente dissonante ma solo rifacendosi ad un periodo e ad un movimento che non è fascista, ma metafisico e come avrebbe detto de Chirico, classico. Che ha comunque una forte valenza di contemporaneità, con una piazza che è quasi una strada. Al centro, ma verso via Petrarca, una statua che sia in stile, tipo uno dei manichini di De Chirico”.

8 COMMENTS

  1. A me sembra un progetto molto discutibile e nemmeno troppo fantasioso.
    Dal disegno ricorda la spianata di “niente” davanti alla stazione o in piazza S. Agostino.
    Luoghi asettici, senza un’anima.
    Se il multipiano lo fanno colme il Baldaccio, con i suoi passaggi stretti, siamo a posto, e se il nuovo palazzo lo costruiscono coordinato al contesto come hanno fatto con quello che ha sostituito la Margaritone, siamo al top!

  2. una curiosità mi attanaglia: ma di questo progetto si ha contezza solo dalle foto di sindacabile risoluzione comparse di straforo sui giornali? l’amministrazione pubblica non ha pubblicato gli elaborati da qualche parte?
    pare un intervento a 7 zeri e insomma, non che ogni singolo cittadino debba per forza esprimersi sulla qualunque ma su una trasformazione (francamente discutibile sotto tanti punti di vista: architettonico, urbanistico, viabilistico, ma anche della pubblica sicurezza, vedendo quel semianello che gira intorno al parcheggio multipiano su cui manca giusto la targhetta “eroina qui”), ma almeno che si possa vedere prima.

    con quella assurda rotonda in via fiorentina che grazie a dio è ferma e speriamo mai più riparta (ma tutti quei mezzi pesanti da un anno fermi sotto l’acqua chi li sta pagando? un paio di ruspe sono state tolte solo di recente) fino a quando qualcuno non si rende conto che, con la tangenziale sopra o sotto, a livello zero deve esserci un semaforo, non una stramaledetta rotonda, i precedenti non fanno stare per niente allegri. casomai si tende a stare più tranquilli vedendo i tempi della doppia canna del baldaccio, le cui lenzuolate del gamurrini si perdono nella memoria dei tempi.
    magari andrà così anche con questo intervento, finirà nel cestone del domai e bon, ma sarebbe comunque simpatico per la cittadinanza avere accesso ai progetti che intendono rivoluzionare uno spazio urbano e lo fanno con uno spazio urbano di grande difficoltà d’approccio, con una soluzione che non pare figlia di studi particolarmente lunghi, ma della ricerca della soluzione più semplice ed immediata. non sarà possibile rimuovere l’attuale autorimessa ed aprire su via guido monaco, nessuno vorrà assumersi i costi per buttare giù il baraccone dell’enel, figurarsi quello della tim, che è pienamente funzionante, quindi certamente fare una cosa fatta bene, recuperare un buco nero e farci dentro della città non sarà mai semplice, ma insomma, mettere un multipiano con due stradine interrotte di accesso e uscita, con un cul de sac oscuro alle spalle ed un’aiuola rettangolare di fronte, pare una soluzione con ampi margini di arricchimento. più sconfinati che ampi.
    e che una soluzione con tali margini di miglioramento la cittadinanza la debba conoscere da una mezza immagine in bassa risoluzione su un giornale a me pare scandaloso.

    • Non ho capito perché sulla tangenziale è meglio un semaforo di una strada che prosegue senza interruzioni ed uno svincolo per chi vuole uscire dalla tengenziale.
      E’ una soluzione adottata in tante città, per non andare troppo lontano ad esempio si può trovare a Perugia.
      Anche nelle superstrade si può trovare una rotonda posta sul cavalcavia che va a regolare lo svincolo.

      • ecco appunto, sulle superstrade, non dentro le città. la rotonda non è un oggetto urbano, è un oggetto extraurbano è sostanzialmente inattraversabile a piedi e in bicicletta, quindi è un elemento a misura d’auto che separa una città. nel caso specifico sbatte l’intero quartiere fiorentina fuori dalla città.
        il progetto era partito con un brillante semaforo di superficie con la tangenziale che passava sotto, è finito con questo porcaio di rotonda, tra l’altro disassata che sputtana irrimediabilmente un tratto come quello di via fiorentina, tanto bello quanto importante e caratterizzante il territorio.
        è un intervento sciatto e irrispettoso che viene compiuto in mezzo ad una città quando la sua collocazione sarebbe all’interno di un autodromo. è lì che si disegna per le esigenze di guida, in città si disegna per le esigenze di vita. e una rotonda è del tutto incompatibile con la vita della città, non a caso qualunque rotonda, anche la più scrausa, fatta in città, ha sbattuto immediatamente fuori tutto quello che si trovava all’esterno. considerati poi i flussi di traffico che in quella direttrice sono quasi esclusivamente tangenziali, una volta mandata sotto quella, il semaforo di superficie dovrebbe gestire, molto semplicemente, il traffico attuale meno quello tangenziale, quindi sarebbe perfettamente in grado di farlo. non serve una enorme rotonda con un surreale attraversamento ciclo-pedonale volante che non utilizzerà mai nessuno, esattamente come al villaggio dante.

        • Non mi trova molto d’accordo questa analisi.
          Il semaforo continuerebbe a lasciare le code e l’inquinamento che ne consegue in quel tratto di strada, inoltre rischierebbe di creare una lunga fila di auto che escono dalla tangenziale che andrebbero a creare un blocco lungo di essa.
          A me il semaforo è sempre sembrata una soluzione sbagliata.

          Vorrei anche capire quale sarebbe la bellezza di via Fiorentina e cosa si vada a rovinare con una rotonda fuori asse…questo è opinabile.
          Così come ho fatto solo un esempio con le superstrade, perché soprattutto soluzioni simili le ho viste nelle tangenziali e in strade cittadine.
          Ovviamente per i pedoni vanno previsti adeguati passaggi.

          • Non esistono “adeguati passaggi” senza semaforo, esistono soltanto “pericolosi passaggi”, che già nella fase di cantiere vengono abbandonati e il quartiere viene espulso dalla città, esattamente come in via colombo. Il semaforo non produce code perché la tangenziale deve andare sotto almeno 100m prima dell’incrocio, altrimenti le auto ci decollano, e quei 100m sono il massimo delle code che si producono ora che ci sono i volumi del traffico tangente. I volumi del traffico che dalla tangenziale svolta in sinistra sono bassi in direzione nord ovest e quasi nulli in direzione sud est.

            Per l’interruzione, porca miseria è il decumano della città, che si deve buttare al macero per fare una stramaledetta rotonda disassata dove potrebbe stare un semaforo? Manco gli americani e i loro suv butterebbero nel secchio 2000 anni di storia per fare una cavolo di rotonda in città

  3. Oltretutto, il nuovo edificio, di malcelata ispirazione piacentiniana, volge la facciata principale sullo spiazzo dando di spalle a via Garibaldi, già “Via Sacra”, sconvolgendo gerarchie architettoniche millenarie. Una piazza, perfino un parco cittadino, per essere tale, ha bisogno di quinte sceniche formate da facciate di palazzi, non muri di recinzione in bozze e retrobotteghe. Una legittimazione urbanistica definitiva di quel luogo e degna di incidere il nome di una amministrazione nella storia della città passa solo attraverso un intervento in stile realizzazione della via della Conciliazione a Roma.

  4. E’ da un pò ormai che gli aretini scappano dal centro, questa giunta gli ha dato il colpo di grazia.
    Non hai parcheggio, come negozi solo bar e ristoranti, musica fino a tarda notte, portoni di casa usati come bagni, una città sempre più luogo d’incontro e sempre meno luogo per abitare.
    Ci vuole un bel coraggio a chiamare ciò pianificazione.

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