Sold out per Barbero

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E così non si trovano più biglietti per la conferenza di Alessandro Barbero del 1° settembre, in Fortezza. Ne sono stati venduti 800, nel giro di qualche ora. Volati via, come il vento. Fatto decisamente strano, per un evento culturale. Forse vale la pena di rifletterci.

L’intervento di Barbero, che di per sé è una star mediatica come Sirio, la stella che illumina i cieli notturni dell’emisfero settentrionale, sarà accompagnato dal trio degli Avanzi di Balera, particolarmente amato dagli aretini. I tre comici, Santino “Penna” Cherubini, Francesco Maria Rossi e Alessandro Lisi hanno dato vita, alcuni anni fa, a spettacoli travolgenti, con un umorismo dirompente e intelligente, particolarmente gradito dal pubblico aretino. Ovviamente il loro ritorno in scena, previsto al termine della conferenza di Barbero, fa “da traino” alla manifestazione, anzi all’intero ciclo, perché essi interverranno anche in occasione della conferenza di Federico Rampini e in qualche altra iniziativa su cui stiamo lavorando. Se è del tutto inutile soffermarsi sulla levatura di Barbero (che è un tema sul quale il solo dibattere, da parte nostra, apparirebbe presuntuoso) e sulla sua forza attrattiva, non è fuori luogo approfondire il discorso sulla valenza culturale dei tre artisti. Anche in questo caso, tuttavia, è poco conveniente disquisire in generale sui significati della comicità, che è sempre cifra di acutezza intellettuale e di pensiero divergente. Limitiamoci, dunque, allo specifico degli Avanzi, che hanno mostrato di possedere uno sguardo decisamente straniante e sono riusciti a rispecchiare, con dei rovesciamenti concettuali, il modo di essere degli aretini. Praticamente la loro narrazione artistica, che in una banale cronaca giornalistica risulterebbe anodina e priva di colore, ha acquistato una inedita vivacità, sollevando il velo della “scontatezza” e mostrando tutta l’insensatezza, gli ingarbugliamenti e gli inciampi  delle routine comportamentali e del linguaggio, che caratterizzano i nostri rapporti quotidiani. Essi sono stati gli psicanalisti degli aretini, mostrandone l’immagine caricaturale, le défaillances e i guazzabugli più o meno inconsci e conducendoli a una risata consapevole, di accettazione catartica della propria identità (i sociologi parlerebbero di “personalità di base”). Per ragioni intuitive, queste sedute freudiane dell’intera città, sotto forma di spettacolo, attuate con tecnicalità linguistica chianina, non potrebbero essere condotte da comici fiorentini o senesi, perché il campanilismo aretino non lo consentirebbe. Gli Avanzi, infatti, sono interni al teatro delle loro rappresentazioni, attori e spettatori al contempo e il loro sguardo, che sospende la “naturale” autopercezione dei nostri comportamenti (i filosofi parlerebbero di “epochè”) per denunciarne poi le cadute linguistiche e la logica paradossale, nasce comunque da un’osservazione calda ed empatica. In sostanza gli Avanzi ci possono perculare come e quando vogliono, perché sono dei nostri. Se qualcuno ci ha definiti “ringhiosi” (cani o cagnacci), ci sarà pure una ragione. Forse, come suggerirebbero gli storici (già… a questo riguardo potremmo chiedere a Barbero), ciò è dovuto anche ai secoli passati che ci sovrastano e che hanno posto la nostra città in un ruolo regionale subalterno. Siamo stati sconfitti e si è trattato di una débâcle pesa e sanguinaria, quella del 1289 a Campaldino (sempre raccontata, guarda caso, da Barbero), che è stata ribadita, qualche secolo dopo, con atti altrettanto cruenti di dominazione (si pensi, ad esempio, alla buonanima di Cosimo I e alla distruzione del Pionta).

Un questionario della società di ricerca SWG di alcuni anni fa, illustrato pubblicamente dal professor Andrea Messeri (purtroppo scomparso un anno fa circa), sottolineava che il carattere un po’ depresso, talvolta amaramente ironico e al contempo arguto e riottoso (sono definizioni mie) degli aretini si radica in quegli eventi di secoli fa. La storia, infatti, secondo alcuni studiosi, si dipana nella lunga durata e non deve meravigliare il fatto che ancor oggi riecheggino eventi di un passato apparentemente lontano. Una sconfitta cruciale pesa sempre. Ebbene gli Avanzi ci hanno offerto la nostra immagine, senza sconti, anche nei percorsi della socializzazione adolescenziale, particolarmente maschile, intrisa di prese di giro impietose, assolutamente divergenti dal “politicamente corretto”, dove i difetti fisici, una gamba corta, un naso lungo, la balbuzie, ecc. indicavano immediatamente la persona: lo Zoppo, il Naso, il Tartaglia, ecc. Roba che oggi ci porterebbe in tribunale a rispondere di reati come offesa, diffamazione o, in maniera più sofisticata, di body shaming. Gli Avanzi, comunque, ci hanno “rispecchiati” e presi in giro, offrendoci, tuttavia, un’identità da accogliere e rivendicare, perché essa, sebbene intrisa delle connotazioni esecrabili tipiche degli “sconfitti”, riflette una profonda umanità. Ci hanno portati all’elaborazione di una sorta di autostima collettiva, la quale è poi un sentimento identitario che la politica, aldilà degli schieramenti cittadini, dovrebbe far proprio.

Non apro adesso il capitolo della lingua vernacolare, lo slang aretino, perché è di competenza dei linguisti e ne lascio volentieri a loro l’onere. Tuttavia a me sembra che, pur con le influenze umbre, esso ormai faccia parte, con una propria dignità, della lingua regionale, occupando una posizione specifica in Toscana.

Ecco, insomma, gli Avanzi sono un po’ tutto questo ed è per questo che il CdA della Biblioteca li ha coinvolti, perché essi fanno parte a pieno titolo delle vicende culturali cittadine e non potevano essere lasciati in un colpevole letargo che si è protratto più di dieci anni. Credo, tuttavia, che essi avvertano la necessità di inaugurare una nuova fase professionale, dove la loro arte (di questo si tratta) riveli anche, senza alcuno snaturamento, la caratura atta a porli al fianco di intellettuali come Barbero e Rampini. Credo che i tre colgano con trepidazione il senso della sfida che hanno di fronte. Del resto anche noi, come Cda della Biblioteca, sappiamo di dover svolgere la nostra attività istituzionale, che è quella di promuovere la lettura e in senso lato la cultura, con modalità innovative, che sappiano, fra l’altro, valorizzare i talenti locali. La Biblioteca non è solamente un luogo di studio e ricerca, dove si prestano libri ai cittadini, ma è anche un soggetto culturale la cui evoluzione incontra adesso un relatore del calibro di Barbero, splendido affabulatore di istorie grandi e piccole, menestrello globalizzato e postmoderno, con tre comici aretini talentuosi.

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