di Alessandro Artini
La Russia è molte cose e, tra le tante, è anche parte dell’Europa. Conosco solo parzialmente la letteratura di quel paese, ma non ho alcun dubbio circa il fatto che i romanzi o le poesie che ancora non ho letto possano incantarmi. Ho già provato il senso di rapimento e quasi di abbandono cui sono stato indotto da Dostoevskij, quando si vive una inattesa sospensione della quotidianità e ci si immerge in altri mondi. Ciò vale anche per la poesia di Achmatova, che muove corde profonde e ci induce a viaggiare nelle parti ignote di noi stessi, frequentando nuove emozioni. Così, scopriamo di essere, nella nostra interiorità, ospiti inattesi.
Ma la Russia non è solo questo. Essa è anche e in questi giorni, soprattutto, gli articoli di una giornalista scrittrice come Anna Politkoskaja, recentemente rieditati da varie case editrici. La Politkoskaja ci racconta le guerre di Cecenia, gli eccidi di Beslan, del Teatro Dubrovka e tanto altro. Tutti scritti che la guerra in Ucraina hanno reso nuovamente attuali. Ella segue un principio che dovrebbe improntare sempre l’attività giornalistica: “scrivere ciò che si vede”. E i suoi occhi diventano i nostri, nella descrizione degli eventi. Le sue orecchie raccolgono testimonianze di gente semplice, ma esposta ai dolori immani delle vicende di rapimento, tortura e uccisione dei familiari. Inutile che tenti di raccontare ciò che è già stato raccontato, con le parole vibranti e incisive della stessa Politkoskaja. Lo sforzo di sintesi, in questo caso, appare del tutto inutile, quindi invito gli interessati a leggere “Proibito parlare”, che ne raccoglie alcuni articoli. Il titolo racchiude uno dei messaggi fondamentali che non appartiene solamente al libro, ma alla vita della giornalista, morta uccisa per avere infranto proprio quel divieto.
Come sempre accade, la morte invera la vita e gli assassini certificano sempre la ragioni inconfutabili di chi è stato ucciso. Così è accaduto con Giovanni Falcone, la cui storia è la pietra tombale della mafia stessa. Anche Anna, come Giovanni, era stata esposta alle malevole dicerie, propalate ad arte dai futuri assassini e dagli invidiosi. Così lei avrebbe artificiosamente elaborato il suo mito di giornalista d’inchiesta, esposta al rischio di morte, per accrescere il suo ego e il suo prestigio, esattamente come Giovanni, che si sarebbe addirittura inventato l’attentato fallito dell’Addaura, nel 1989. Un infame linciaggio, in entrambi i casi.
Ma se Giovanni parla al mondo della mafia, Anna racconta la politica di Putin e del suo esercito di generali senz’anima, incapaci di distinguere gli esseri umani dalla polvere. Ella ci racconta di un sistema di potere profondamente violento, illiberale e omicida. Proprio quel sistema ha aperto le porte dell’Europa alla guerra infernale che sta devastando l’Ucraina. La Russia è molte cose, ma è anche questo. Oggi.
Forse vale la pena di ricordare che i Russi/Sovietici hanno costantemente nutrito una volontà espansiva e di dominio. Una volontà che cresceva in proporzione alle difficoltà economiche e alla dissoluzione sociale. Per restare nel dopoguerra, a partire dal 1948, quando il governo di coalizione cecoslovacco tentò di aderire al Piano Marshall, essi non si fecero scrupolo di inviare alcune divisioni alla frontiera, in attesa che in quel paese venisse attuato un colpo di Stato con l’insediamento dei comunisti al potere. In Polonia, nel 1948/’49, Gomulka fu destituito dalle sue cariche, accusato di essere un reazionario, quindi arrestato; nel 1953, la rivolta degli operai di Berlino Est fu domata dalle truppe e dai carrarmati sovietici; un’analoga rivolta, nel 1956, fu repressa duramente sempre in Polonia; nello stesso anno, in Ungheria, fu soffocata la celebre rivoluzione. Nel sangue, come sempre.
A questi fatti, se ne possono contrapporre altri egualmente negativi, commessi dagli Americani e dagli Ucraini stessi, a dimostrazione di quanto sia storto il legno dell’umanità. Mi sfugge, tuttavia, il nesso che contrapporrebbe i primi a questi ultimi. Gli uni non cancellano gli altri e viceversa. Soprattutto lo spirito liberticida che anima Putin e i suoi sottoposti non trova giustificazione alcuna negli errori altrui. Ho difficoltà a comprendere chi nega il sostegno gli Ucraini.
Grazie Alessandro. Concordo totalmente, avendo letto “La Russia di Putin”.