di Alessandro Artini
Il libro di Fabio Mori, dal titolo “Rinascita ecologica. Da fonderia a Casa dell’Energia”, ci racconta, come suggerisce il titolo, la storia della Fonderia Bastanzetti e della successiva nascita, nel 2016, nell’edificio ristrutturato di quell’“antica” fabbrica, della Casa dell’Energia.
Il libro muove dall’esperienza dell’autore che, entrato per la prima volta nei locali ristrutturati dell’ex stabilimento, intuisce come quell’ambiente sia confacente al suo progetto. Egli racconta di averne immediatamente percepito il fascino, grazie ai lavori condotti con maestria architettonica, alla valorizzazione degli spazi esistenti e all’impiego di eleganti materiali, congeniali con la natura industriale dell’edificio, quali il vetro e l’acciaio. Un fascino dovuto anche ai muri in pietra, risanati in maniera accurata, che hanno mantenuto intatta la loro allure storica, rimandando alla rudezza dell’età industriale e a un mondo di fatica laboriosa.
Nel racconto di Mori, dunque, i locali gli si sono presentati nella loro eleganza essenziale, creando uno spazio fisico atto a incrociare il passato e il futuro, consono con l’idea di creare un ponte fra la storia e la sua proiezione nel divenire. Da lì è nata la Casa dell’energia.
L’edificio racchiude in sé un impeto verso il futuro, di cui i pannelli solari per la produzione di energia sono espressione concreta, e contestualmente un’attenzione sociale verso le nuove modalità di vita associata e lavorativa, oggetto di dibattiti e manifestazioni all’interno della Casa. Non è una combinazione se quest’ultima ha assunto anche la denominazione di “Urban center”. Essa è anche una sezione distaccata della Biblioteca della Città di Arezzo, dove quest’ultima ha organizzato, in partenariato, due cicli di conferenze destinati alla riflessione sul mondo giovanile, dal titolo “Esistenze fragili”.
Mori ci parla, poi, dei temi dell’ambiente e della sostenibilità, che pervadono l’ambiente stesso e sono oggetto di iniziative e manifestazioni. Si tratta – egli spiega – di offrire alla prospettiva Green un accompagnamento culturale, nella consapevolezza che anche il made in Italy della moda si orienta a coniugare l’approccio sostenibile della produzione con la bellezza.
Egli, poi, narra della distruzione dei locali a causa di una tromba d’aria, scatenatasi nel 1952. La fabbrica, sopravvissuta alla guerra, pareva non poter reggere l’urto distruttivo della natura, ma straordinariamente è diventata uno dei simboli cittadini della ricostruzione e la Fonderia Bastanzetti è assurta a simbolo dello sviluppo industriale nazionale. Nel 2002, dopo varie fortune, i locali della fonderia sono stati acquistati dal Comune di Arezzo, che li ha ristrutturati grazie ad alcuni finanziamenti pubblici (PIUSS).
Nel libro, poi, si apre su una sequenza di fotografie che ripercorrono la storia della fonderia dagli anni del Dopoguerra fino all’attualità, con le numerose e differenti manifestazioni culturali e d’arte che in essa hanno avuto luogo.
Il testo, infine, è impreziosito da un breve saggio di Asor Rosa, il grande intellettuale noto per le sue posizioni spesso controcorrente. “Ambiente” e “territorio” sono i due termini sui quali Asor Rosa dispiega la sua sapienza filologica, ma l’intento non è quello di sciorinare erudizione, piuttosto di attribuire il corretto peso alle parole. Queste ultime, infatti, rimandano ai concetti ed entrambe ci offrono la coscienza di ciò che siamo, poiché la vita umana è data dalle condizioni concrete che l’ambiente e il territorio definiscono per noi. Ma ad esse se ne associano altre, come quelle di “sviluppo” ed “economia”. Che tipo di correlazione sussiste? Lo sviluppo economico capitalistico (ma anche quello delle tentate esperienze socialistiche) ha sottomesso l’ambiente e il territorio, producendo un’espansione illimitata della speculazione edilizia, la distruzione del patrimonio ambientale, la trasformazione delle città d’arte in città merce.
Nuovamente si ripropone un dualismo terminologico, che adesso è quello di “natura” e “storia”. Per Asor Rosa la natura include non solamente ciò che si è sottratto all’inesausto lavorio umano, ma anche la città o il borgo storico, assimilati a ciò che intendiamo come paesaggio. Oggi, tuttavia, quel mirabile equilibrio che ha trovato espressione nella nostra evoluzione civile si è spezzato, a favore della storia, la cui dinamica è mossa dall’“utile”. Ciò comporta la negazione della natura a noi esterna e anche di quella che è in noi essenziale e cioè quella umana. Sulla scia di Benjamin, egli intravede – e propone – la nascita di un neoambientalismo, che sintetizzi i due aspetti della natura: il paesaggio e l’uomo.
Il linguaggio di Asor Rosa è elevato e la cultura che informa il saggio è profonda. Ciò nonostante si avverte, nel suo saggio, uno sguardo rivolto al passato (che lo stesso autore ammette e propugna positivamente come “conservatorismo”), finalizzato a preservarlo dall’economia e dallo sviluppo. A me sembra, tuttavia, che l’approdo sia una sorta di ostilità al cambiamento tout court. Soprattutto, un tale neoambientalismo non consente di traguardare quei cambiamenti che possono essere favorevoli all’ambiente stesso. Credo che la Casa dell’Energia sia essa stessa un esempio di come il passato possa essere cambiato alla luce delle novità della nostra epoca.