Ponti e non muri, per riunire le divisioni sul green pass

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Il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, nel 2012

di Alessandro Artini

Sono un dirigente scolastico e la legge mi impone di fare i controlli del green pass al personale e a tutti coloro che chiedono di entrare a scuola. Devo farlo e lo faccio. Ma i controlli non mi piacciono. Sono convinto dell’utilità dei vaccini (e mi pare che i dati sui contagi in calo ne siano la prova), ma verificare i pass, più o meno verdi, è sgradevole.

So che tra i no vax ci sono persone che alimentano la loro posizione di una fede ideologica, preconcetta e aggressiva, ma conosco anche persone ragionevoli che rifiutano il vaccino e si sottopongono alla prassi impegnativa del tampone ogni due giorni. Questi ultimi mi interessano e non vorrei interrompere il dialogo con loro. Nella scuola deve mantenersi viva una dimensione di relazionalità civica, anche con chi si attesta su posizioni lontane da quelle della maggioranza e, almeno all’apparenza, incomprensibili. Del resto, sarebbe bene evitare che anche i no vax ideologici manipolassero altre persone o che fossero essi stessi manipolati da forze politiche alla ricerca di qualche modesto consenso elettorale.

In sostanza, anche se non so quanto sia numerosa la fascia di popolazione che mantiene dubbi su green pass e vaccinazione, non vedo motivi per scavare un fossato divisivo da essa.

A favore del vaccino vi sono numerose ragioni di natura scientifica e civica, che sovrastano abbondantemente le ragioni contrarie. Tuttavia, anche se vi fosse una sola “ragione ragionevole” per dubitarne dell’efficacia, varrebbe la pena di ascoltarla.

Ovviamente, quando si parla di “dittatura vaccinale”, di “cospirazione”, di “dispotismo” e così via, non ho tempo da perdere, ma quando parla Luc Montagnier, uno scienziato che ha trascorso la vita tra virus e vaccini, faccio attenzione.

Una quindicina di anni fa, ho letto un suo saggio, che, se non vado errato, ha la prefazione di Umberto Veronesi, ed è dedicato alla scienza e alla sua portata benefica per l’umanità. Tale prefazione non è casuale, perché l’affinità tra i due scienziati è evidente. A Veronesi devo molto, personalmente, perché la sua équipe operò, negli anni ’90, mia madre, per un tumore al seno (dovrei dire “cancro”, ma il termine innesca tutt’oggi un certo pudore…). La medicina in generale e il nostro Paese gli devono molto. Anche a Montagnier dobbiamo molto, se non altro per la scoperta del virus HIV, che gli è valsa il premio Nobel.

Se ben ricordo, nel saggio, egli parla della possibilità di allungare la vita media fino a 120 anni circa… Poi, quando Giovanni Paolo II era malato, lo vidi in televisione portargli una papaya, un frutto cui attribuiva una forte qualità antiossidante. Oggi mi capita di fare dei cicli di papaya in polvere, al cambio delle stagioni.

La levatura di Montagnier è fuori discussione e siccome non sono un medico, ascolto ciò che dicono quelli come lui. Per me, è una sorta di oracolo.

Egli sostiene che gli attuali vaccini dovrebbero essere sperimentati su tempi più lunghi di quelli consentiti dalla pandemia in corso. Per prudenza. Inoltre, che è opportuno dedicarsi anche ad altri tipi di cura, alcuni dei quali si rivelano promettenti. Ovviamente è tutt’altro che contrario ai vaccini.

Possiamo non ascoltare questo insigne scienziato e presentarlo come un ottuagenario vittima di senescenza?

Si sa che la scienza progredisce grazie al metodo del falsificazionismo. Esso consiste nel sottoporre una teoria a prove contrarie, che possano falsificarla. In sostanza, non conta accumulare prove favorevoli alla teoria, ma sottoporla a prove finalizzate a falsificarla. Solo se queste ultime sono superate, allora la teoria è valida. Ebbene questo metodo, teorizzato da Karl Popper, filosofo epistemologo, io lo adotto in maniera impropria (sicuramente extrascientifica) a proposito delle opinioni: non conta avere il 99% di pareri favorevoli al vaccino, ma conta esaminare attentamente i pareri contrari. Quello di Montagnier non può essere trascurato.

Ciò posto, la questione che più mi tocca, in veste di sociologo, è quella della faglia sociale che si viene creando rispetto al green pass e ai vaccini. Chissà cosa pensa, in questi giorni, il grande filosofo tedesco Jürgen Habermas, teorico di un’etica del discorso pubblico, finalizzata a trovare intese. Buona parte della sua opera è volta a indagare quali siano le condizioni necessarie a garantire situazioni dialogiche ideali, cui l’agire comunicativo dei cittadini possa ispirarsi. Si tratta, in altri termini, di mantenere e/o di costruire una società dialogante, autenticando, per così dire, il sistema democratico.

Non possiamo ignorare come il green pass ingeneri difficoltà di natura cognitiva e pratica, poiché si tratta di capirne il senso, in un contesto emergenziale, che ha prodotto una iperregolazione della nostra vita e ha innescato il continuo rimando a procedure informatiche, con le quali una parte della cittadinanza non ha dimestichezza alcuna. Abbandonare coloro che non comprendono o nutrono dubbi significa disconoscerli come soggetto degno di rappresentanza politica e, conseguentemente, favorirne la radicalizzazione.

Non è questione di buonismo, ma di apprezzare oppure no il valore della coesione sociale.

11 COMMENTS

  1. Il confronto con chi ragionevolmente dubita dell’opportunità di vaccinarsi può e deve tranquillamente proseguire….. in DAD (dialogo a distanza).

  2. Continuo a non capire il perché insistere sull’argomento vaccinazioni nei confronti di chi e’ contrario.
    A noi che siamo vaccinati non ci arrecano nessun danno, siamo casomai noi che, visto che non siamo immuni dal contrarre il virus, possiamo arrecare danno a loro se glie lo trasmettiamo e non creano nessun problema agli ospedali perché sono rimasti un numero tale da non rappresentare un rischio per la saturazione delle strutture ospedaliere.
    Lasciamoli in pace e che Dio glie la mandi buona!

    • E’ bene insistere perché se vacciniamo il 90% della popolazione mondiale potrebbe essere possibile che il virus sparisca, come ne sono spariti altri. Ad esempio, ora i dati sui contagi stanno scendendo in tutta Europa. Se continuano a farlo per sempre, il virus se ne va. Non è detto che ci si riesca, ma vale la pena tentare.

      Anche se non ci si riesce, è comunque bene che i contagi stiano bassi anche per minimizzare il numero di vaccinati che lo pigliano.

  3. Le pregevoli argomentazioni di Artini e gli altrettanto pregevoli commenti di Casalini e di Martelli non contengono un elemento spesso trascurato, che è il buon senso.
    Tutti sappiamo che è meglio vaccinarsi, lo sanno anche i no vax, ma a quanto pare a loro piace andare in piazza a protestare.
    A questo punto c’è poco da fare: andare oltre il green pass e passare all’ obbligo vaccinale.
    Proprio per buonsenso.

  4. Esistono scienziati che dicono cose sbagliate, a volte così evidentemente sbagliate che se ne accorge chiunque abbia una preparazione scientifica. Ce ne sono anche fra i premi Nobel: sono pochissimi, diciamo 1 su 100, ma quell’uno purtroppo gode di molto risalto, perché la rete privilegia chi dice cose sbagliate. Gli altri 99 dicono solo cose sensate e quindi la rete non se li fila. E’ bene che capiamo questo processo sociale perché è assolutamente fondamentale per descrivere il mondo in cui viviamo. La rete ama le storie dello scienziato controcorrente, e quindi diffonde soprattutto quelle.

    A volte si dicono cose sbagliate a causa dell’età, a volte solo per avere una ribalta. Per fare un esempio che conosco bene perché riguarda il mio campo, la medaglia Fields inglese Michael Atyiah è stato un grandissimo matematico, ma dopo gli 80 anni ha iniziato a fare seminari assolutamente deliranti in cui diceva di aver dimostrato tutto anche se non era vero.

    Montagnier dice stupidaggini da tempo, da quando ad esempio si è messo a sostenere l’efficacia dell’omeopatia. Consiglio letture più affidabili, ce ne sono.

    Per quanto riguarda il merito, è un anno e mezzo che guardo i dati e posso dire con assoluta certezza che dobbiamo vaccinarci tutti, e non esiste nessuna altra soluzione ragionevole al problema Covid disponibile al momento.

    Chiedere che il vaccino sul covid venga impiegato solo dopo più tempo (quanto? 5 anni? 10? 20?) è semplicemente da pazzi. La letalità del covid è dell’1% — stima al ribasso, potrebbe essere 2%. Senza vaccino, ci saranno nel mondo 70 milioni di morti. Se invece la letalità è del 2%, saranno 140 milioni. Morti che verranno spalmati sui prossimi due anni con continui lockdown, perché come abbiamo visto se non vogliamo che collassi il sistema sanitario siamo obbligati a chiudere ad ogni risalita. L’unica alternativa al vaccino è questo scenario qui per i prossimi due anni. Non c’è nessun altro scenario possibile al momento. Questo fatto è abbastanza semplice da capire, e chiunque abbia un minimo di preparazione scientifica dovrebbe arrivarci. Se non ci arriva, o è perché non ha guardato i dati, o perché se ne disinteressa completamente.

    Quale sarebbe quindi la motivazione per scegliere uno scenario così drammatico (cioè aspettare nonsisaquanto invece di vaccinare)? Che non sappiamo se il vaccino ci farà male fra 10 anni. Motivazione che mi sembra completamente insensata. Abbiamo vaccini da un secolo, e non mi risulta che sia mai accaduto. Quello che accade, invece, è che una malattia ti possa arrecare danni permanenti, che possa ritornare. Questo invece è accaduto, con alcuni virus o batteri. Il “ritorno” può accadere con molta più probabilità con il covid che con il vaccino. Quindi non ha senso preferire il primo al secondo, né pensando ad oggi, né pensando a fra 10 anni.

    Vorrei anche aggiungere che il Green Pass è sempre esistito. Si chiama libretto vaccinale, e quando mandi il figlio a mensa giustamente viene richiesto senza drammi (una volta sola, il primo giorno).

  5. Condivido in toto il desiderio di riconciliare le posizioni.
    Montagnier è stato un grande scienziato. Ma ha preso imbarcate da paura!
    5 anni fa accreditò lo studio sulle relazioni tra vaccini e autismo. Salvo poi scoprire che lo studio era farlocco, i co-firmatari ritirarono la firma, la rivista ne prese le distanze perchè l’autore, si scoprì dopo, era solo interessato a vendere il suo di vaccino! Qualcuno azzardò che Montagnier cercasse di coprire la sua grande promessa mancata di una decina di anni prima: il vaccino contro l’AIDS che non riuscì mai a realizzare.
    Oggi ha quasi 90 anni. E’ lucido? E’ ancora in grado di comprendere la portata delle sue parole? Certo se così non fosse, nessun potrebbe fargliene una colpa. Concentrarsi sulle cure alternative? Certo che è fondamentale. Noi possiamo farlo. Gli anticorpi estratti dai guariti possono far guarire gli ammalati. C’è solo un problema: attualmente la terapia costa mille dollari a paziente. Ma nel mondo ci sono 4 miliardi di persone che non possono e non potranno mai accedere a queste cure. Li lasciamo crepare? Vogliamo lasciare che il virus continui a circolare e a modificarsi indisturbato nel 70% dell’umanità? E speriamo “che io me la cavo”? Ho amici cari che lavorano sul campo, virologhi che sanno esattamente quali rischi corriamo. Mi hanno spiegato nel dettaglio anche i rischi connessi al vaccino. Quegli stessi rischi a cui fa riferimento Montagnier, che ne avrà letto nelle riviste mediche specializzate, avendo lasciato i suoi laboratori molti anni fa. I vaccini a vettore MRNA sono in fase sperimentale dal 1975. Ma solo nel primo decennio di questo secolo hanno visto una accellerazione, grazie anche alle nuove frontiere del DNA. Se ne conosce i pericoli e i limiti, se ne valuta i rischi. Non li hanno inventati l’anno passato. L’hanno passato ci hanno solo messo dentro il pilota. Si. C’è un rischio. Attualmente una persona su 700mila muore. D’altra parte uno su 340mila muore per l’aspirina, uno su 600mila per l’anestesia del dentista. Uno su 30 muore di covid accertato.
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