Fa piacere sapere che due giornalisti (una filippina e l’altro russo) sono stati insigniti del Premio Nobel per la pace perché si sono adoperati per la libera informazione in ambiti in cui di libero c’è solo quel che fa comodo al manovratore. Fa piacere per il segnale che dà un fatto del genere e perché chi rischia la vita per la verità in questo modo non si sente solo.
Contemporaneamente non possiamo non pensare a quanto accade in casa nostra, dove l’informazione libera quasi non esiste più. Non esiste più non tanto perché la impedisca il potere politico, ma perché le lobbyes e le organizzazioni economiche proprietarie delle varie testate giornalistiche pretendono un giornalismo accondiscendente. Così è più o meno sempre stato, ma non come in questo basso periodo. Un tempo nascevano testate indipendenti, come accadde per esempio per Repubblica o Il Manifesto, o ancora per il Giornale di Montanelli. Oggi questi e altri mezzi di informazione sono in mano a potentati che non tollerano libertà di azione, di opinione; questo anche perché puntano a nicchie di lettori che si aspettano posizioni e messaggi precisi, senza i quali non acquistano, non leggono, non guardano. Ormai nessuna testata, nemmeno le più grandi, riesce a vivere dei propri proventi, anche se integrati dal contributo statale. Così ogni giornalista sa che sta lavorando come ufficio stampa di una lobby, un’organizzazione, un potentato qualsiasi quasi mai strettamente politico. Abbiamo perso quegli spazi liberi che avevamo fino a un decennio fa e oggi ogni fonte di informazione è drogata, manipolata, e mira all’interesse del padrone, a qualsiasi costo.
Forse l’unica fonte veramente libera a carattere nazionale è rimasto “Il Manifesto”, quotidiano certo interessante, ma fortemente orientata politicamente, il che gli fa privilegiare notizie e punti di vista conseguenti. A modo suo finisce quindi per essere un’altra testata drogata, poco attendibile.
Dobbiamo preoccuparci dello stato dell’informazione in Italia, dove ormai le testate, come i movimenti politici, seguono i desiderata dei cittadini “clienti”, anziché informarli liberamente. Tutto ciò produce una deriva preoccupante, un avvitamento verso il basso al quale dovremmo porre rimedio se non fossimo, come cittadini, ormai privi di qualsiasi potere e possibilità di iniziativa. Oggi non sarebbe possibile fondare una testata autonoma che potesse vivere di vita propria senza appoggiarsi a un gruppo di potere. L’esempio del Fatto Quotidiano è davvero poco rilevante ed esageratamente orientato, anche quello, sulle pur vaghe e mutevoli posizioni del movimento 5 Stelle.
L’informazione libera è per noi alle spalle e la democrazia arretra. Forse non possiamo farci niente, ma esserne consapevoli se non altro aiuta.
Sono felice dell’assegnazione di questo Nobel. Per un giorno( poi magari tutto continuerà come prima o peggio di prima) chi vuole potrà sapere che esistono ancora nel mondo certi tipi di giornalisti. Mi commuove che venga portato alla ribalta il direttore del giornale dove scriveva Anna Politkovskaja ( e tanti altre giornaliste/i “sterminati”).
I personaggi come Anna Politkovskaja hanno la statura dei martiri religiosi di una volta, un coraggio immenso. Basta andare a riguardare una sua foto per vedere la incredibile bellezza della persona, una bellezza che emana dall’anima e che atterrisce quella di qualsiasi “miss”. Eppure a stento ci si ricorda di lei e le ultime generazioni, non per colpa loro, neanche sanno che è esistita. Questo è perlopiù il destino di certi personaggi, anche se può accadere il miracolo che un giorno, per l’assegnazione di un Nobel spesso assegnato a cianfo, si riscopra che sono esistiti e esistono ancora. Un pensiero anche a Daphne Caruana Galizia, e alla circostanza che il martirio delle giornaliste è ancora più drammatico e inquietante. Perché in certi contesti iper violenti la donna è oggettivamente più fragile e indifesa, proprio per un la sua essenza fisica, che può renderle ancor più difficile proprio la pratica del lavoro quotidiano. Eppure alla debolezza fisica sembra corrispondere un giganteggiare di energie sprirituali.
Bellissime le parole del premiato Dmitry Muratov, il quale ha ricordato, oltre alle colleghe e ai colleghi assassinati, Alexej Navalny, altro personaggio “incredibile” di cui si dovrebbe sempre parlare e di cui invece già non parla più nessuno.
Sorge spontanea una domanda “luciferina”: ma per cosa queste persone sacrificano così la loro vita, quando dopo poco sono dimenticati pressoché da tutti?
Lo spiegava ( o meglio, lo ha spiegato Oriana Fallaci riferendone il pensiero) Alexandros Panagulis, un altro martire: in fondo non lo si fa per entità astratte quali il popolo, la democrazia, la patria…niente può essere più illusorio che aspettarsi riconoscenza…o che le cose cambino veramente….lo si fa perché non si può vivere la propria vita altrimenti.
Infine, un accenno ai complimenti che il portavoce di Putin ha fatto al neo premio Nobel “che lotta per le sue idee”. Anche questo è un aspetto “fiabesco” della realtà, di cui bisognerebbe cogliere la portata. Infatti non si può non cogliere non tanto l’ipocrisia, quanto la sottile arroganza del potere. E’ la dichiarazione di chi gioca al gatto col topo, e richiama alla mente quel gran gattone di Stalin che giocava con certi personaggi già predestinati all’eliminazione. Se non lo si fa, è solo perché il contesto generale può ben tollerare un’eccezione buona a dimostrare che in fondo non esiste una dittatura.