Un piccolo sampietrino e una lastra di ottone per ricordare chi, durante il periodo nazifascista, fu deportato nei campi di concentramento senza fare ritorno: è il progetto ‘Pietre d’inciampo’ promosso dalla Comunità ebraica di Firenze.
La posa della prima pietra, in totale saranno 50, è in programma per il gennaio 2020 in occasione delle celebrazioni per il giorno della Memoria.
Saranno posizionate sul marciapiede di fronte alle abitazioni dei deportati e riporteranno i dati personali delle vittime. Nate a metà degli anni ’90, ad oggi si contano oltre 60mila pietre d’inciampo in molti Paesi europei e città italiane.
“Da anni – ha detto Daniela Misul, presidente della comunità ebraica di Firenze – stavamo studiando come intervenire anche a Firenze per questo importante riconoscimento, finalmente ce l’abbiamo fatta e per noi è una grande soddisfazione”.
“Le pietre d’inciampo sono una testimonianza chiara e netta, ci sono nomi di uomini, donne e bambini deportati e morti ad Auschwitz”.
Sessantaquattro sono invece gli aretini di religione ebraica che non hanno fatto piu’ ritorno dai campi di sterminio. Erano italiani, cittadini e aretini come noi. Morti nel nome di una ideologia folle.
Nel primo convoglio, che partì da Roma il 18 ottobre 1943 c’erano, stipati come animali, almeno 1035 uomini, donne e bambini. Dopo la selezione iniziale fecero il loro ingresso nel campo solo 149 uomin e 47 donne. Tutti gli altri furono subito passati alle camere a gas. Dal campo, alla fine, tornarono solo in sedici.
Il 9 novembre 1943 un altro convoglio, con 400 persone, partì da Firenze: entrarono nel campo 13 uomini e 94 donne, ma nessuno ne uscì vivo. E fino al 1944 furono altri quattordici i convogli partiti. Impiegarono 5 giorni, chiusi nei carri merci nell’inverno del ’44, per arrivare a compiere il loro destino.
Non è giunto il momento di ricordarli?
“Le pietre di inciampo” sono un segale importante, visibile in città, dove le persone quando si fermano possono ricordare il passato, affinché il futuro possa essere migliore.