La mistica del Natale… senza confondersi con (san) Francesco d’Assisi.

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Puntuale come il panettone arriva anche questo anno la solita sparata dell’assessore Tanti circa l’ossequio alla “tradizione” natalizia con particolare riguardo alla presenza del presepe nelle scuole. Sparata via comunicato ufficiale del Comune di Arezzo che contiene anche invito alle scuole che con il Comune nulla c’entrano: immagino la contentezza del provveditore.

Mi sa che quando arriva il solstizio d’inverno oltre al freddo arrivano le voci. E magari il riguardo del Natale può far venire in mente a chi le ode una qualche similitudine con Francesco d’Assisi, che nel 1223 realizzò a Greccio il primo  (sì, il 1º) presepe. La tradizione a cui il vicesindaco si riferisce vanta un po’ meno di 8 secoli,  non poco in senso assoluto, poco in senso relativo se la si confronta alla tradizione di festeggiare intorno al 25 dicembre una qualche ricorrenza: il “sol Invictus”  basa le sue radici nella paganità; non essendoci alcuna evidenza storica della data del Natale quei marpioni cristiani dei primi secoli preferirono rimanere nel solco di una esistente consuetudine e su quella costruirono il calendario delle celebrazioni annuali (ad esempio, 9 mesi prima ecco l’annunciazione).

L’unica data con una certa consistenza è la Pasqua che ben prima dell’arrivo di Cristo scandiva il calendario ebraico: festività che peraltro per noi cristiani dovrebbe avere ben altro valore che Natale con le sue incongruenze.

Forse è meglio definirla favoletta, troppi sarebbero i punti cruciali da dover spiegare ad una audience incapace -per età- di attribuirle il valore sottostante. Vorremmo veramente affidare alla scuola il compito di rispondere alla domanda se Giuseppe è veramente il papà di Gesù? Perché in alternativa bisognerebbe spiegare cosa significa padre putativo o legale? E magari definire correttamente il ruolo di Maria che altrimenti parrebbe madre surrogata. E spiegare a chi è figlio Gesù, infilandosi quell’ampio concetto per cui Dio è tutto e non può essere solo maschio o solo femmina, con le complesse implicazioni di questo caso specifico.

Favoletta che è parte della nostra tradizione, essendosi perso -se mai vi è stato- ogni riferimento alla figura di cui si celebra la nascita e all’importanza ed al significato della sua predicazione. E non occorre spiegare ai musulmani più di tanto, sarebbe sufficiente ricordare a quelle famiglie di leggere la 19° sura, una decina di versetti sulla nascita di Cristo (Isa per loro).

Francesco visualizzò col presepe i temi che erano nel cuore del popolo, ora vorremmo essere illuminati dal presepe casalingo per le profonde mancanze in cui ci dibattiamo. Una mistica al contrario insomma.

Quindi se deve servire alla consegna dei regali -decaduta la tradizione che individuava nel 6 gennaio il giorno dei doni- ed a marcare il territorio, una differenziazione rispetto alle altre culture dove la “debolezza” delle nostre convinzioni non deve attribuirsi alla forza delle altrui, è bene che quelle che lo precedono siano soltanto voci.

Purtroppo la presenza del comunicato rende questa cosa tangibile e terribilmente tragicomica ed evidenzia anche lo sconfinamento dell’amministrazione in un ambito che istituzionalmente deve essere laico.

Se penso che Francesco d’Assisi nel 1220, sentendosi ingombrante nell’ambito cristiano, si fece da parte andando a vivere la parte finale della sua vita in forma sempre più eremitica e lo paragono con l’amministrazione aretina dove essere ingombrante in termini politici permette di ottenere -a spregio dei santi- la illustre e ricca presidenza di una partecipata, mi aspetto che come lo straordinario umbro ricevette infine le stimate a taluni politici nostrani venga concessa la patente di santità.

1 COMMENT

  1. Caro Ruzzi, ho un apprezzamento per l’opera di questa amministrazione comunale quale lo si potrebbe avere per un cassonetto dei rifiuti sotto la finestra, ma non trovo il comunicato della Tanti né scandaloso né sbagliato nello spirito, anzi, lo preferisco a certe visioni ormai dittatatoriali che ci impongono di rinuncaire a nostri modi di vedere consolidati che prima che dalla ragione vengono dal profondo e dal cuore.
    Non capisco perché, se l’appello è diretto anche alle scuole non municipali, ciò dovrebbe costituire un’invasione di campo e il provveditore sentirsi scavalcato, non è che i bambini e le loro famiglie che utilizzano le scuole statali non siano anche loro aretini, e non ci sono certo “diktat”.
    Non si può affrontare il tema del Natale, che investe una dimensione di fede ma anche simbolica, con l’ottica razionalista con cui lo fai te, che non ne può cogliere la sostanza, non si rende conto che non è il Natale a uscirne ridicolizzato, ma essa stessa.
    Puoi abolire, con lo stesso spirito, anche il Babbo Natale e la Befana che tanto ha segnato la nostra infanzia dove c’erano cose ben più magiche dei videogiochi. Ma forse il Babbo Natale, quello che c’era, non esiste più se non come simbolo del consumismo e ora, tra l’entusiasmo quasi generale di chi non vuole apparire retrogrado, sento che è anche trasformato in una specie di angelo gay.
    Certo che il progresso, culturale e sociale, ha raggiunto vette impensabili, e sono ansioso di vedere le trasformazioni della Befana.

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