La destra che vuole arruolare anche Manzoni

1
Il primo corso che ho frequentato all’Università di Firenze è stato quello di Storia della filosofia antica, tenuto dal prof. Francesco Adorno. Ricordo che quando ci spiegava Platone ci diceva: in Platone c’è già tutto, ma poi ognuno prende il pezzo che gli interessa e gli fa dire quello che vuole (in realtà lui usava una espressione più piccante: Platone è come una puttana. Ognuno ci va a letto e gli fa fare il figlio che vuole)
Ho ripensato a questo mentre leggevo i commenti e gli interventi sui 150 anni dalla morte di Manzoni.
Manzoni è sicuramente uno dei nostri più grandi poeti e soprattutto narratori. I promessi Sposi sono a giusto titolo considerati un romanzo fondativo della cultura nazionale. Io credo che la giusta interpretazione sia quella data dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. Ma non possono sfuggire i tentativi della destra di governo di far entrare anche Manzoni nel pantheon degli intellettuali di riferimento della destra. Prima lo hanno tentato addirittura con Dante. Ora ci provano con Manzoni, dandone una lettura falsata e antistorica.
Ho sentito che la ministra Roccella ci ha tenuto a ribadire che Manzoni è un difensore della famiglia (sicuramente avrà aggiunto “tradizionale”): La ministra voleva riprendersi dalle contestazioni al Salone del Libro di Torino (sia chiaro, io sono per fare parlare tutti!). Poverina, non ha capito (o ha finto di non capire) che le hanno fatto un gran piacere .Tanto non avrà mica bisogno del Salone del libro per parlare. Stanno occupando la RAI e la maggior parte dei mezzi di informazione.
Comunque arruolare Manzoni tra i difensori della Famiglia ( anzi della triade “Dio Patria famiglia”) seconda la concezione della neodestra, (che più che neo ci sembra vetero), non solo è un’operazione strumentale ma anche culturalmente disonesta e meschina, oltre che da ignoranti della storia.
Manzoni è uomo dell’800: inserirlo in un dibattito attuale sulla concezione della famiglia, tra uteri in affitto, LGBT, famiglie omo ecc., è fuori della realtà storica.
Manzoni è sicuramente un grande e fervente cattolico, ma non sicuramente un integralista. Anzi è da tutti gli storici e critici letterari classificato trai cattolici liberali, insomma tra quelli che non amavano confondere il credo religioso con le scelte politiche. Sicuramente è tra coloro che non si disperarono per la breccia di Porta Pia e la fine del potere temporale dei Papi. Aveva chiara la distinzione tra fede e politica. E comunque lui aveva chiara una cosa, che forse avrebbe potuto, e dovuto, unire religione e politica, chiesa e stato: stare dalla parte degli umili, degli oppressi. Perché tali sono i protagonisti del romanzo, Renzo e Lucia, perseguitati da prepotentelli come don Rodrigo, in combutta con i don Abbondio, gli Azzeccagabugli, i Podestà…insomma quelli che avrebbero dovuto difendere Renzo e Lucia dalle prepotenze dei signorotti intoccabili e autorizzati a tutte le nefandezze impunemente. La chiesa di Manzoni è quella rappresentata dai padre Cristoforo, non dai don Abbondio.
Un’operazione “culturale” come quella che tenta di fare la nuova/vecchia destra, in particolare l’ineffabile Roccella e quel genio del Ministro Lollobrigida (“ignorante” per autodefinizione) tenta di far dimenticare decenni di evoluzione politico-culturale. Non è un caso se oggi non c’è più la Democrazia cristiana. E’ almeno dagli anni 70 che i cattolici italiani non si sentono più obbligati a riconoscersi in un partito. Ricordo il forte ingresso dei cattolici indipendenti nel PCI di E. Berlinguer ed i cattolici per il no al referendum per abolire la legge sul divorzio. Quel periodo fu un svolta epocale. Ed oggi mi sembra ovvio che l’essere cattolici non si può identificare con un partito e nemmeno con una coalizione. Ogni credente stabilisce le sue coerenze e sceglie liberamente (finché ci sarà concesso), e legittimamente come schierarsi nella battaglia politica. Dovrebbe essere un concetto ormai chiaro, ma evidentemente la destra al governo è alla ricerca di una koyné culturale e pensa di trovarla nella religione (anche questa scelta non è né nuova né originale), magari, chissà, ipotizzando nuovi patti lateranensi.
Ma il battage mediatico su questo tema, compreso il tentativo di arruolare Manzoni ci dice anche altro. Non solo religione e politica, ma anche Manzoni come fondatore della cultura nazionale, quindi dell ‘identità ( della razza” italiana aggiungerebbe Lollobrigida, contro la sostituzione etnica)
Manzoni scrive I Promessi Sposi nel mezzo delle lotte del Risorgimento, per l’Italia unita, tra moti mazziniani e carbonari. Certo che lavora a costruire una cultura, una lingua nazionale, come base della sperata nuova Italia unita. Ma prendere questa sua posizione al di fuori della storia e farla diventare una battaglia odierna per un nazionalismo identitario significa tradire il suo pensiero, distorcerlo a fini meschinamente politici, riducendone lo spessore ed il ruolo avuto nella letteratura e nella cultura dell’Italia dell’800.
E visto che queste idee vengono continuamente diffuse nei social (facebook, twitter, instagram ecc.) oltre che dalla neostampa di regime, sarà bene ricordare cosa diceva Manzoni nel cap.XIII dei Promessi Sposi a proposito di tumulti popolari:
Nei tumulti popolari c’è sempre un certo numero di uomini che, o per un riscaldamento di passione, o per una persuasione fanatica, o per un disegno scellerato, o per un maledetto gusto del soqquadro, fanno di tutto per spingere le cose al peggio; propongono o promuovono i più spietati consigli, soffian nel fuoco ogni volta che principia a illanguidire: non è mai troppo per costoro; non vorrebbero che il tumulto avesse né fine né misura (…..).un po’ riscaldati, un po’ furbi, un po’ inclinati a una certa giustizia, come l’intendon loro, un po’ vogliosi di vederne qualcheduna grossa, pronti alla ferocia e alla misericordia, a detestare e ad adorare, secondo che si presenti l’occasione di provar con pienezza l’uno o l’altro sentimento; avidi ogni momento di sapere, di credere qualche cosa grossa, bisognosi di gridare, d’applaudire a qualcheduno, o d’urlargli dietro.(…) Viva e moia, son le parole che mandan fuori più volentieri; e chi è riuscito a persuaderli che un tale non meriti d’essere squartato, non ha bisogno di spender più parole per convincerli che sia degno d’esser portato in trionfo: attori, spettatori, strumenti, ostacoli, secondo il vento; pronti anche a stare zitti, quando non sentan più grida da ripetere, a finirla, quando manchino gl’istigatori, a sbandarsi, quando molte voci concordi e non contraddette abbiano detto: andiamo; e a tornarsene a casa, domandandosi l’uno con l’altro: cos’è stato? “
Oggi probabilmente i “tumulti popolari sono sostituiti dai social. Ma l’effetto è lo stesso. Potremmo dire che Manzoni, preveggente, aveva già individuato i rischi dei nuovi strumenti di comunicazione.
C’è solo da sperare che ogni tanto qualcuno alzi gli occhi dal PC o dallo smartphone e si domandi: cosa è stato?
E magari ogni tanto qualcuno ripensi a cosa diceva Francesco Adorno di Platone
Giorgio Renzi (Luca Tafi)

1 COMMENT

  1. Manzoni ha compiuto un’operazione arditissima: far entrare l’Illuminismo nella cultura cattolica. La sua visione della guerra sembra presa direttamente da Voltaire. L’analisi dei moti popolari è un capolavoro di sociologia, nasce dalla critica liberale – non da quella conservatrice – alla Rivoluzione Francese, e sottintende il concetto fondamentale di “società civile”. La questione del prezzo del pane discende direttamente da Adam Smith. L’analisi critica del ruolo degli intellettuali risente di tutto il dibattito del XVIII secoli.
    Il moderatismo cattolico, e generazioni di professoresse d’italiano, ci hanno dato un Manzoni al profumo di sacrestia, state buoni, pregate tanto e scopate poco, la Provvidenza aiuta tutti, e se non vi aiuta, pazienza. Col risultato di farlo odiare da tutti gli studenti delle scuole del Regno e della Repubblica.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here