Intervista a Giorgio Renzi. Idealista di una sinistra che non si arrende al populismo

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Giorgio, dalle tue posizioni pubbliche abbiamo notato che sei contrario in linea di principio, alla diminuzione del numero dei parlamentari. Perchè? 
Il problema è in discussione già dagli anni 70, almeno da quando sono state istituire le regioni. Proprio la suddivisione dei poteri tra Stato e Regioni, con la nuova rappresentanza democratica rappresentata dalle regioni stesse, potrebbe consigliare una possibile riduzione del numero dei parlamentari.
Ma tutto questo dovrebbe avvenire all’interno di una revisione organica e razionale dei poteri del parlamento, in rapporto a quello delle Regioni (vogliamo fare una riflessione anche sulle Regioni, sul loro numero,sul loro funzionamento, sui loro costi?).
Niente di tutto questo è stato fatto. Invece è iniziata una campagna contro la “casta”, facendo passare sempre più l’idea che tutto quello che riguarda la politica sia “casta” (in senso dispregiativo), un costo inutile. Insomma sta passando sotto sotto l’idea che il parlamento sia un costo inutile (giù l’uso della parola “taglio”, anziché diminuzione, esprime questa visione ideologica).

Quindi è un no prima di tutto culturale?

Esatto. Il mio no ha quindi prima di tutto una motivazione culturale. è contro la cultura, contro l’ideologia che sta sotto a queste decisioni e soprattutto alle modalità e alle motivazioni che ne stanno alla base. Che di fatto mettono in dubbio il concetto stesso di democrazia rappresentativa.
Non è un caso che in questi giorni si parla sempre più di commissari per tutte le necessità. Per tutti i lavori pubblici da realizzare e da sbloccare. Cosa significa questo se non che non crediamo alla efficienza e, quindi, alla utilità, della democrazia?. E che per fare le cose è necessario ricorrere ai commissari, agli uomini della provvidenza che risolvono tutto?. Scavalcando e sorpassando le istituzioni democratiche e le regole che si sono date?
Si dirà: la burocrazia blocca tutto. E’ vero, ma perché chi ne ha il potere non cambia le norme e le rende più efficienti? Invece negli ultimi tempi si è dato sempre più potere ai burocrati a scapito dei poteri della politica
Troppo facile fare norme rigide poi utilizzarle per nominare commissari autorizzati ad evaderle, a non rispettarle.
Cosa c’entra questo con la diminuzione dei parlamentari?
E’ l’espressione della stessa cultura, fondamentalmente antidemocratica, che non comincia da oggi , ma è la conclusione di un processo iniziato già negli anni 90.
Ma ora la situazione si è fatta veramente pericolosa. Non si parla più di riforme istituzionali, ma si va in piazza contro la casta (ci vanno quelli che ora sono la casta e ci vanno in auto blu, quelle che dovevano essere vendute e diminuite!), si dice che bisogna risparmiare ( il famoso taglio fa risparmiare meno di un euro a testa per abitante all’anno).
Ma se il problema erano le spese, non bastava diminuire gli stipendi?
Si. Si faceva in un attimo, senza riforme costituzionali, senza costoso referendum, senza riduzione della rappresentanza territoriale
Si è fatto, demagogicamente, il “taglio” dei parlamentari senza nemmeno preoccuparci di rivedere le modalità della rappresentanza democratica, senza definire una adeguata legge elettorale, senza definire i nuovi collegi elettorali. Se si procede così ci saranno intere regioni senza rappresentanza. In barba alla democrazia, alla partecipazione, al rapporto tra territorio e istituzioni.

Una  casta ristretta?

Precisamente. Non ci si rende conto che così avremo davvero una casta ristretta e onnipotente, sempre meno autonoma e libera, non più controllata dal “popolo” (oggi continuamente richiamato da chi vorrebbe aggirarlo), sempre più gestita e diretta da pochi capi. Quindi avremmo parlamentari sempre meno autonomi, sempre più obbligati ad ubbidire. Non a casi si propone l’abolizione di quella parte della Costituzione che stabilisce che “Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato» Questa sì che sarà una casta inutile, prona ai propri capi.
Sarà questa la nuova democrazia, o meglio, democratura?
E’ questo il modello a cui vogliamo rifarci? (Purtin, Erdogan e democrature varie?)
Stiamo andando verso quella che già nel ‘500 Etienne de La Boetie chiamava “servitù volontaria”?
Io non ci sto
Sarò un inguaribile idealista, un utopista. Ma come scriveva Emily Dickinson ”Abdicare al credere rende misero il vivere:/ è pur meglio un fuoco fatuo /che la totale assenza della luce”

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