di Alessandro Artini
È difficile definire la categoria dei no vax, così come lo è quella dei favorevoli, cioè dei sì vax Questi ultimi sono numerosissimi, se ad esempio consideriamo i vaccinati, ma anche gli altri, per quanto fortemente minoritari, ammontano a qualche milione di persone. Per questo non è facile trovare categorie generali che li comprendano.
Circa un secolo fa, gli antropologi (dapprima gli americani con Kardiner, più recentemente i francesi con Dufrenne) ricercavano la “personalità di base” degli individui, finalizzata a cogliere quegli aspetti che sono comuni a tutti i membri di una stessa società. Quella corrente di pensiero è venuta meno e, con essa, anche la terminologia usata, ma la scia di quegli studi è tutt’oggi visibile e, nella società attuale, con l’accumulo di dati acquisiti dai social e dai motori di ricerca, la definizione delle identità individuali e collettive ha raggiunto una notevole precisione. Oggi un qualsiasi pubblico viene suddiviso in gruppi, talvolta piccoli, e si tratteggiano le identità dei singoli per fini di natura commerciale, politica, ecc. Addirittura vi sono delle tecniche, ad esempio quella di Cambridge Analytica, nota come “Psychographic targeting”, che consente di definire i tratti del carattere delle persone, se introversi oppure estroversi, se paurosi oppure no, ecc. Ma, anche se qualcuno tentasse di applicarle, non vi riuscirebbe con i no vax, anzitutto per la loro ritrosia od ostilità. Proverò, quindi, a sviluppare alcune riflessioni sulla base della mia esperienza, scusandomi anticipatamente per le generalizzazioni indebite.
In primo luogo, escluderei che il rifiuto del vaccino abbia a che fare con la mancanza di cultura. Alcuni amici no vax hanno un’alta formazione scientifica; uno, in particolare, sarebbe stato un ottimo ricercatore. Mi risulta che in quello schieramento si annoverino anche medici e professionisti affermati. Certamente la scarsa cultura (particolarmente scientifica) induce molte persone a rifiutare il vaccino, ma questo non è un dato estensibile all’intero universo no vax.
Poiché la diversità culturale generalmente attesta anche una diversità tra posizioni di appartenenza sociale, aggiungerei che essi (almeno quelli che conosco) non si caratterizzano neppure per aspetti che abbiano a che fare in maniera inequivoca con una stessa base socio-economica. Il loro gruppo, anche da quel punto di vista, è abbastanza eterogeneo.
Forse è sul piano psicologico, che vi sono delle possibili convergenze tra di loro. I miei conoscenti sono perlopiù persone sole. Essi vivono abbastanza ritirati nelle loro abitazioni, con scarse frequentazioni sociali. Si tratta di persone che, in certi casi, si occupano dei genitori anziani, oppure sono esse stesse madri (più raramente padri) che si dedicano ai figli. In sintesi, sono persone che hanno una vita sociale ridotta, perlopiù senza relazioni stabili con un partner.
Un dato psicologico che mi pare di poter registrare è la paura verso il vaccino. Alcuni, fra di loro, non seguono la medicina tradizionale e adottano preferibilmente cure omeopatiche oppure a base di prodotti naturali. La paura verso la medicina tradizionale e l’adozione di modi di cura “alternativi” rappresentano un connubio di elementi, che, almeno logicamente, può produrre il rifiuto verso i vaccini. Tra questi due elementi, tuttavia, credo che prevalga la paura, che non sempre, agli occhi di chi la vive, può essere esternata, per una forma di pudore.
Ulteriore elemento comune che, secondo me, caratterizza i no vax è quello di nutrire una forte diffidenza verso la scienza in generale. Non importa che si tratti di persone laureate, perché il dato sui loro corsi di studi è ininfluente. Anzi, il fatto di aver compiuto degli studi elevati sembra giustificarli nella loro posizione di diniego. Beh, a questo riguardo, come non pensare che i disastri tecnologici (per esempio quelli nucleari) o quelli ambientali non abbiano influito su una tale scelta? La sfiducia viene poi ideologizzata sotto una coltre di valori che attribuiscono alla tecnologia, figlia della scienza stessa, una sorta di volontà malvagia di dominio sull’umano.
Infine mi pare di poter cogliere è dato dal rapporto ambivalente con i social. Da un lato, i no vax (sempre quelli di cui ho esperienza) non li gradiscono e sono anche abbastanza diffidenti verso di essi, ma li usano come strumenti di conferma della propria identità. Non si fidano delle tecnologie informatiche, ma i messaggi che le app comunicano sono importanti, perché rafforzano le loro scelte oppositive.
Su questo punto, vorrei chiudere le mie riflessioni annotando che, se è vero che Internet garantisce un forte pluralismo, inteso come numero e varietà delle fonti di informazione, è altrettanto vero che esso finisce, poi, per inviare alle persone solo messaggi coerenti con il loro modo di pensare. Da questo punto di vista, la rete non è quel presidio di democrazia che usualmente viene considerato. Le persone, infatti, finiscono per trovarsi in alcune “bolle” d’informazione che polarizzano le loro stesse idee. Sono “Echo chambers”, che le portano a interagire solo con chi la pensa nello stesso modo. Per questo si producono forme d’integralismo, anziché di confronto democratico. Ma questo è ancora un altro problema…