di Alessandro Artini
Sono storie ordinarie di follia, quelle che accadono oggi nelle scuole. Avviene, infatti, che, seguendo le graduatorie, si scelgano insegnanti che con la scuola hanno poco a che fare, gente che faceva un mestiere diverso e che aveva presentato, più o meno casualmente, domanda per ricoprire un incarico di supplenza. Turisti per caso. Così ecco l’avvocato, che di questi tempi, con il calo dei clienti, non se la passa bene o l’ingegnere, che svolge un’attività professionale, ma sa che nella scuola mancano i docenti di discipline scientifiche. In fondo, nessuno chiede loro di dimostrare che sappiano insegnare. Ciò che conta, particolarmente alle superiori, è che conoscano la matematica o la fisica. Se poi padroneggiano le tecniche didattiche, sanno coinvolgere i ragazzi in una lezione o dispongono delle doti empatiche per spiegare e dialogare, poco interessa.
Ci sono le graduatorie. Ormai da decenni, tutto ruota su di esse che hanno assunto una veste totemica e non c’è insegnante che non le tenga costantemente d’occhio… Oggi, per assegnare le supplenze, a un certo momento, esse vengono “incrociate”, in maniera tale che possano ricevere l’incarico anche coloro che, pur non facendo parte della graduatoria specifica di una determinata materia, avrebbero comunque il titolo per insegnarla. Così accade, ad esempio, che gli insegnanti tecnico-pratici, non necessariamente laureati, possano essere nominati docenti di sostegno. Così alcuni diplomati di scuola superiore in indirizzi professionalizzanti o tecnici, inseriti in graduatorie per discipline affini alla loro formazione, finiscono per dedicarsi a ragazzi con handicap molto gravi e difficili da affrontare in prospettiva didattica. In altri termini, un candidato alle supplenze, che ha un diploma agrotecnico o di geometra o di perito nautico oppure ancora la qualifica di liutaio, nelle scuole in cui si hanno insegnamenti coerenti con quei diplomi, può diventare docente di sostegno. Ovviamente molte di queste persone, fino a ieri, facevano altro. Alcuni lavoravano in azienda o in fabbrica, oppure svolgevano altre attività. Una parte di queste persone – lo dico rispettosamente, perché la vita talvolta è difficile – sbarcava il lunario. Ma com’è possibile che adesso essi ricoprano anche il ruolo di docenti di sostegno?
Una volta ho incontrato una commercialista che, piombata a scuola grazie a una di quelle domande seriali (le cosiddette Mad, ovvero “Messe a Disposizione”), che alcune agenzie, a pagamento, indirizzano a tutte le scuole del Regno, mi domandò se doveva anche interrogare e mettere il voto ai ragazzi… In seguito, mi chiese come si fa a diventare insegnanti. Ho risposto che sarebbe stato auspicabile, prima di entrare in classe, che si praticasse un periodo di apprendistato, magari con un insegnante esperto e che poi si affrontassero i concorsi abilitanti, ma lei osservò con sufficienza che aveva già superato il concorso per diventare commercialista, molto serio e impegnativo, e che quello per diventare insegnante le appariva come un’inutile formalità. Ovviamente è stato del tutto inutile argomentare che il lavoro del commercialista fosse diverso da quello d’insegnante, che occorressero capacità specifiche per stare in cattedra… La serietà del lavoro di commercialista, secondo lei, superava di gran lunga quella d’insegnante. Quindi, a che scopo sottoporre una commercialista ai concorsi scolastici?
Anche se le graduatorie sono state recentemente informatizzate (in parte), esse sono una macchina obsoleta, inadatta ad assegnare le supplenze. Fino a qualche anno fa, esse venivano gestite dai provveditorati, che nonostante abbiano dismesso la più parte delle loro funzioni, se le sono tenute ben strette. Essi hanno mantenuto saldi in mano alcuni poteri burocratici, la perdita dei quali avrebbe posto in gioco il ruolo amministrativo dei dirigenti di quegli uffici. La gestione delle graduatorie è un compito complesso e sofisticato, regolato da leggi, leggine, ordinanze e circolari spesso divergenti o confliggenti. Esse sono anche un terreno di competenza dei sindacati, che spesso si avvalgono di avvocati specializzati, i quali danno vita a un vasto e proficuo contenzioso. Sarebbe opportuno attribuire alle scuole autonome la scelta dei supplenti, superando la logica delle graduatorie, ma ben difficilmente ciò potrà accadere: quello delle supplenze è un osso che non può essere mollato.
Recentemente, all’uscita da scuola, mi è capitato di parlare con un genitore pachistano. Ho scoperto che è profondamente arrabbiato con gli insegnanti, che in classe non sanno farsi rispettare. Sarebbe stato facile consigliarlo di tornarsene a casa, quindi ho ascoltato le sue ragioni. In Pakistan, gli insegnanti sono un’autorità indiscussa e nessuno si sognerebbe di metterli in discussione… Poi, mentre guardava la lunga fila di auto di genitori in attesa di ritirare i figli, che interrompeva il traffico, perentoriamente ha sentenziato che, da lui, una cosa del genere non sarebbe mai accaduta. La gente si sarebbe ribellata. Chissà cosa penserebbe quel pachistano se conoscesse il meccanismo italiano delle supplenze…
Eppure una evoluzione nella scuola italiana c’è stata: prima a considerare meno di zero i supplenti erano gli studenti, adesso sono gli stessi dirigenti scolastici.