Il piano regolatore e la “non idea” di città

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Il Piano Regolatore di Arezzo è stato adottato ed è consultabile al momento nell’Albo Pretorio on line.

Ma non è il piano di Arezzo l’argomento, per il semplice motivo che lo conosco poco e quel poco per sentito dire. Partecipai al primo dei quattro incontri che i redattori del piano fecero con cittadini e stakeholders, come si dice, cioè quelli che hanno interessi, e lì si capì che ci sarebbe stato poco da discutere.

Perché? Perché il progettista stesso disse che le norme regionali fissavano paletti ben precisi e molto restrittivi e le procedure per derogare dai quei paletti avrebbero comportato una dilatazione dei tempi. Insomma, volevano andare sul sicuro.

Quindi il grande assente da questo piano sarebbe stato il leggendario “Progetto di città”. Ma cosa è il progetto di città, chiamato anche “Idea di città” e perché leggendario? Può essere molte cose ma in genere è un’idea guida che gli urbanisti cercano di individuare per riuscire a dare un filo logico e unità al piano. In realtà, talora esistono due Idee di città: una dei progettisti e una della politica. Se si incontrano bene, altrimenti….e in genere non si incontrano. Per fare esempi concreti:

  1. Piano Gregotti-Cagnardi, anni 80/90, giunte Ducci e poi Vannucci. Uno studio di spessore internazionale in quel momento. L’idea dei progettisti era quella di operare per grandi piani-progetto, prevalentemente in area pubblica: stazione ferroviaria legata al Pionta e all’ex manicomio fino a Pescaiola, certamente il più grande e il più importante, insediamento (privato) sulla collina di Ceciliano, ecc. Cassata subito la seconda, menomata la prima. Vinse però il progetto della politica: Pantano e Marchionna. L’eredità fisica di quel piano, che pure nella sua fase preparatoria fu molto interessante e partecipato dal punto di vista culturale e del dibattito che ne seguì furono: per il pubblico il polo scolastico di via Erbosa e la palestra, per il privato le mansarde non abitabili ma abitate, con un tipo edilizio che definirò sinteticamente e affettuosamente “buffo”: molte case dei Puffi, così capiscono tutti.
  2. Piano Calthorpe-Mugnai, rimi anni 2000, giunta Lucherini, poi Fanfani per le osservazioni. Anche qui un urbanista americano di grande fama negli USA in quanto leader di una movimento chiamato New Urbanism che propugna una città di tipo europeo tradizionale, dove le strade hanno ai lati le cortine di case con varietà di funzioni,  come nei nostri centri storici, e dove viene favorita la pedonalità e i servizi di trasporto pubblici. Con approccio pragmatico, non si mise a fare indagini per afferrare l’essenza di Arezzo e trovare l’ìdea di città, fece qualche giro in elicottero, viaggiò in auto scattando foto, capì molto bene la struttura di urbana di Arezzo, unica città, oltre a quelle marinare, ad avere un davanti e un dietro, e quasi subito ne trasse le conclusioni e venne a raccontarle ai tecnici: la parte nord doveva essere salvaguardata (come nel piano Gregotti), la ferrovia del Casentino sarebbe dovuta diventare la metropolitana di superficie, asse portante dello sviluppo della nuova Arezzo. Una città così diffusa nelle frazioni (piano del 1967) non permette infatti efficienti servizi pubblici, quindi occorre costruire lungo la ferrovia dove esistono ampie zone libere entro la tangenziale e poi Ceciliano basso e quindi   Un’idea di città strana quella dello sviluppo verso il Casentino piuttosto che verso la più naturale Val di Chiana, però una proposta forte, a forre contenuto ecologico (altro che no consumo di suolo), supportata dalla valorizzazione di una infrastruttura esistente. Però accadde che Calthorpe lasciò, i motivi li sa solo chi poteva decidere, il passaggio dal Piano strutturale al Regolamento urbanistico (oggi chiamato Piano operativo, non vi risparmio queste precisazioni decisive) fu una tragedia che determinò lo strano caso che non solo si perdette l’Idea del progettista, ma non si affermò nemmeno quella della politica. O meglio, nel piano non si affermò, ma nelle varianti si affermò eccome la politica. Non voglio giustificare storie giudiziarie e troppi scempi, ma di sicuro la complessità e la sostanziale  impossibilità di fare qualcosa con le aree del piano, hanno fornito un alibi, per quanto tenue, alle innumerevoli varianti.

Anche con Calthorpe il dibattito, per quanto breve, ci fu e ci portò a trattare un argomento per molti nuovo, quello della città tradizionale, della mobilità pubblica, della città policentrica.

Ma veniamo adesso al nuovo Piano Regolatore (somma di Piano strutturale e Piano operativo).

Vista la premessa iniziale, cioè la mancanza di Idea di città, vediamo quale è stato il risultato. No, un momento, una idea in realtà ci fu, anzi due e, anche se possono sembrare piccole potrebbero essere una piccola rivoluzione.

– Destinazioni d’uso libere (salvo alcune attività specifiche ovviamente). A Milano le adottò la giunta Moratti  e le approvò la giunta Pisapia.

– Nelle norme non avrebbero specificato tutto ciò che si poteva fare ma si sarebbe potuto fare tutto meno quello espressamente proibito.

Se poi hanno avuto qualche altra idea io non lo so, ma non mi risulta.

Stamani vado a guardare per scaricare le Norme e cominciare a studiarle e mi appare questa roba qui:

Non mi meraviglio più di niente ma le domande mi vengono: ha senso tutto questo? questa massa di roba contribuisce a realizzare una città migliore? perché i comuni toscani sono costretti a rinnovare periodicamente i piani per legge regionale e non secondo necessità?
Questa non è una critica specifica al piano che non conosco ma ad una cultura pseudo-scientifica (che ignora la lettura dei reali processi di crescita e modificazione della città e del territorio) cristallizzata in leggi e regolamenti regionali.

Inseguire un’Idea di città è probabilmente possibile anche oggi e nonostante la corsa a ostacoli, ma a costo di conferenze di copianificazione (già il nome non è rassicurante), di scontri con i tecnici della Regione, di contatti con assessore e politici regionali. Una fatica per tutti dall’esito non garantito. Più semplice il piano farselo fare dalla Regione: limiti urbani ridotti al minimo, consumo di suolo zero, zone agricole incontaminate e senza presidio umano. Ma la legge dello Stato, quindi la Regione, deve indicare i principi “etici” del piano o deve stabilire le procedure di approvazione affinchè vi sia trasparenza, partecipazione, garanzie per i cittadini, le aziende, gli operatori?

Tutti liberali in questo paese, ma la legge regionale toscana è una legge etica perché indirizza verso scelte che in realtà appartengono al mondo della cultura urbanistica, dell’università,  della società, del dibattito degli amministratori dei comune che rinnova il piano con i propri cittadini. Il territorio agricolo deve essere congelato alla fotografia attuale, ma a che titolo lo decidono cinque funzionari della Regione piuttosto che il sindaco, la giunta, il consiglio comunale espressione dei cittadini che sono i veri attori del piano?

Gli stessi funzionari che hanno scritto molti regolamenti attuativi il cui risultato è quello stupido quanto inutile elenco di elaborati che mi sono trovato davanti stamani e che si troveranno per cinque anni davanti tutti coloro che vorranno effettuare una modificazione del proprio immobile.

Pietro Pagliardini

3 COMMENTS

  1. Fare gare per realizzare piani urbanistici
    o ancorpiu opere architettoniche od ingegneristicamente complesse
    È semplicemente umiliante per
    un’arte a cui in parte appartengo.
    Brunelleschi oggi non avrebbe mai potuto costruire la cupola di Santa Maria del Fiore

    Così come in tempi più recenti in cui lavoravo a Firenze
    Per farsi notare
    I Verdi (non del calcio storico) FiorentinI allora in gramde auge in regione e comune
    Imposero al Ricci di tagliare di 20 mt la torre del palazzo di giustizia perché disturbava lo sky line di Firenze

    La considerazione della forma come opera d’arte era zero in quella gente

    In Toscana a forza di
    normare
    Tutto ed il più di tutto si finisce che l’arte dell”architetto o ingegnere sarà presto un’arte minore che chiunque potrà esercitare con l’aiuto di una intelligenza artificiale o qualche programma.

    Io da sempre
    E su questo blog mi sono preso un bel po” di concio
    sono dalla parte del
    Mio collega Calatrava
    perché si crei in Chiana qualcosa che possa essere ricordato nei secoli

    Quello che non costa niente non vale la pena neanche di leggerlo
    Tanto un articolo in cui ci sia scritto

    “Che tutto quello che puo’ essere progettato occorre che sia BELLO”
    non c’è scritto

    Spero che per il bene di questa città e della Chiana in cui si affaccia
    Al più presto di instauri
    Un Comitato di Salute Pubblica
    Come auspico da tempo

    per ritornare ai tempi in cui gli architetti si sceglievano per fama e non ai saldi.

    Mi piacerebbe sapere
    per curiosita’
    quali nomi sono stati scartati alla gara per la redazione del PU ed i ribassi

    • ‘nfatti qual’è il problema con tutto il tritello che è stato dal dopoguerra l’urbanistica e l’edilizia italiana?..i verdi…l’ambientalisti…le solite palle deliranti che fanno il paro con gli inni con lo scolapasta in testa ai “comitati di salute pubblica”..
      Non lo sapevo (ammesso sia vero) che i verdi avevano fatto tagliare la torre del palazzo di giustizia a Firenze di 20 m.
      A me quel palazzo non piace affatto…lo trovo abbastanza tetro, consono all’idea dei luoghi di giustizia come luoghi di austera severità..e non c’è cazzi…quando si para davanti non suscita certo emozione, ammirazione, piacevolezza…una delle rare se non uniche occasioni di fare un grandissimo edificio moderno a Firenze malamente sprecata…nel suo piccolo in confronto la combinazione aretina “vela” “ex Garbasso”,innovativa e conservativa, pur con le sue disfunzionalità e tenendo presente che è di progettazione posteriore, è un’operazione di gran lunga più felice dal punto di vista estetico…. se posso immaginare il Palazzo di Giustizia di Firenze ancora peggio di quel che è posso appunto immaginarlo con altri 20 m. di torre, che invece Menchetti manderebbero in sollucchero lei perché gli evocherebbero un inceneritore.
      Ma non voglio mandare a puttane il thread…e mi soffermo su una cosa: è vero che non si può lavorare bene se non si è dignitosamente pagati. In Italia troppo spesso neanche se si veniva strapagati perché scelti in quanto appartenenti a qualche combriccola o si lavorava in funzione non dell’iinteresse pubblico ma dell’uso che i partiti degli affari facevano dell’interesse pubblico. Il massimo ribasso non sembra una soluzione neanche a me, nemmeno se il professioni sta che lavora a 1€ lo fa come investimento per farsi un nome e incrementare la sua professionalità. Se poi si abbina a priori al massimo ribasso creativo e ideativo la frittata è fatta. Si potrebbe però anche dire, per parafrasare il “tutti liberali in Italia” dell’articolo, che siamo arrivati a questo punto non solo per trovare soluzioni (inadeguate) alla corruzione, ma ancor più in ossequio alle “liberalizzazioni” che hanno abolito qualsiasi tariffa minima. Ora anche qui, dopo anni e anni di spasso per banche, assicurazioni, P.A. e tutti i grosssi committenti, si cerca di rimediare con le normative sull'”equo compenso”, ancora nel caos. Lo dico un po’ per celia, chi vuol esser liberale sia, ma non lo faccia a corrente alternata, diventando socialista e dirigista quando poi deve presentare la parcella.

  2. Dopo il brillante tratteggio dei passati PRG, il finale con l’elenco tavole del nuovo PS PO è eclatante dal punto di vista dell’articolo scritto da Pietro ma disarmante per quello che significa. Oggi col sistema delle gare “anticorruzione” i professionisti, ridotti alla fame, per vincere delle gare fanno dei ribassi esagerati. Uno dei progettisti incaricati dal comune per questo nuovo PS PO ha vinto lo stesso tipo di gara per il comune di Catanzaro al prezzo di € 1,00 (euro uno virgola zero zero) e si è scatenata una polemica, a suon di ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato, che io conosco bene per la mia attività romana in Inarcassa. La cosa che sembra strana è che a prezzi così bassi si produca così tanta roba. In realtà, invece, si è ormai stabilizzata una regola, nei lavori pubblici e anche in quelli per altri enti come banche o grandi società: “più consistente è il ribasso per vincere la gara e più quintalate di documenti si producono nel progetto” e il motivo è facilmente intuibile …

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