“A bocce ferme”, almeno momentaneamente, forse possiamo sviluppare alcune riflessioni sulla lettera della preside fiorentina Annalisa Savino. Be’, anzitutto, è doveroso affermare che ella, ancorché la sua scuola non fosse stata coinvolta dagli episodi di violenza, i quali invece hanno riguardato il liceo Michelangelo, aveva il diritto di esprimere il proprio pensiero ai “suoi” studenti. Se ha ritenuto opportuno farlo, certamente aveva le sue buone ragioni, dacché i presidi generalmente conoscono il “clima educativo” che si respira nelle aule. Il fatto che il ministro Valditara abbia ipotizzato un qualche provvedimento disciplinare per la circolare da lei scritta rappresenta una “scivolata”, che certamente poteva evitare. Fra l’altro è stata senz’altro controproducente per la sua parte politica.
Ciò posto, osserviamo che la circolare è ben “confezionata”, scritta con uno stile efficace, improntato dalle retoriche tradizionali di matrice sindacale, con tanto di citazione gramsciana. Tuttavia, non appena formulata la condanna della violenza “agita” davanti all’entrata del “Miche”, la collega avrebbe dovuto fermarsi, mentre invece si è inerpicata “pericolosamente” sul versante della natura fascista dell’aggressione. Il passaggio dalla condanna della violenza al tema del fascismo, che sarebbe “nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti”, è stato inopportuno e anzi, in senso educativo, decisamente sbagliato. Il nesso tra violenza e fascismo, che pur si pone storicamente, non esclude che altri legami di segno diverso siano possibili con la violenza, come è documentato. Sempre in senso storico. A prescindere dalla dinamica degli eventi, tutt’altro che chiara, la sola segnalazione del fascismo, seppur involontariamente, lascia intendere che violenze di altro “colore” siano trascurabili o addirittura giustificabili. In conclusione, se la preside si fosse limitata alla condanna della violenza tout court, si sarebbe attestata su una posizione inespugnabile, ma connotare la violenza in una sola direzione, storica e politica, ha rappresentato un grave errore comunicativo.
Poi, si prosegue con un monito ai ragazzi: “Siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni”. Ma davvero oggi siamo in questa situazione?
Quindi, nella chiusa della circolare, c’è il rimando a “cento anni fa”, cioè, più o meno, ai tempi che precedono la funesta marcia su Roma e a quelli immediatamente successivi, quando ad esempio Mussolini dichiara che avrebbe potuto fare del Parlamento un bivacco di manipoli… È questa la realtà che stiamo vivendo? I fascisti scorrazzano mettendo a ferro e fuoco le sedi dei sindacati e dei partiti antifascisti? Bastonano, somministrano olio di ricino e uccidono?
Si obietterà che un tale avvertimento è comunque utile, perché, se non manteniamo alta la guardia, ciò potrebbe accadere. Ma ciò vale sempre e non particolarmente in questo periodo, nel quale fortunatamente si vive sotto l’ombrello di una democrazia matura. È evidente che se un’affermazione vale sempre, a prescindere dai contesti, di per sé valga niente.
Purtroppo nelle scuole la violenza esiste. Ne è prova il tafferuglio davanti al “Miche”, ma non sempre la violenza è di ispirazione fascista. Essa viene attuata anche nell’occupazione delle scuole, spesso condotte da minoranze di contestatori in disaccordo e apertamente disapprovati dalla maggioranza degli alunni. Talvolta, in quelle occasioni, sono aggrediti coloro che si oppongono alle occupazioni stesse. Più spesso, fortunatamente, si hanno solo danni alle suppellettili degli edifici scolastici e ai laboratori, danni che tuttavia le scuole poi ripagano per l’impossibilità di identificare i vandali. Infine, ci sono anche violenze che non riguardano la politica: quelle che derivano dall’intolleranza verso la diversità, dalle prevaricazioni dei bulli, dalle baby gang, dalla discriminazione sessuale.
Forse la politica non è una dimensione così importante, certamente non è quella più importante per i giovani di oggi, che sono diversi da quelli degli anni Settanta del secolo scorso. Sempre più spesso essi si sentono soli e si animano di una socialità artefatta, mediata dagli smartphone. Una parte rilevante di loro, purtroppo, abbandona la scuola e quelli che continuano la frequenza talvolta provano disinteresse o estraneità verso le attività scolastiche. Gli psicologi, dopo la pandemia, ci hanno raccontato le gravi condizioni di disagio vissute da molti giovani, l’infelicità e la depressione cui è seguito un incremento dei tentativi di suicidio.
Invece di parlare di questi problemi, abbiamo finito per discutere di fascismo e comunismo, che sono categorie esplicative adatte agli adulti, ma poco sensate per la stragrande maggioranza degli adolescenti. Intendiamoci, quelle categorie esistono effettivamente nella mente di alcuni di loro, ma rappresentavano fino ad oggi visioni minoritarie, tant’è che, a mia memoria, non ho presente uno scontro come quello del “Miche” negli ultimi venti anni. Alcuni obietteranno che proprio una tale rarità ne misura la valenza di pericolo, ma forse è proprio l’uso di quelle categorie a favorirne l’inveramento nei comportamenti dei giovani, esattamente come quelle profezie che si autorealizzano. Del resto, se è in atto lo squadrismo, cos’altro possiamo fare se non la Resistenza? Ma è proprio questo il messaggio che vogliamo inviare ai giovani?