Correva l’anno 1995 quando Umberto Eco pronunciò per la prima volta la trattazione sul fascismo da cui poi fu estratto uno dei suoi Cinque Scritti Morali (edizioni Bompiani, 1999)
Nella sua riflessione Umberto Eco unisce profondità intellettuale e testimonianza diretta dato che aveva vissuto la liberazione in prima persona e aveva scoperto, dopo, la rinascita delle libertà soppresse, del pluralismo delle posizioni. La differenza lo portò a comprendere quali erano stati gli effetti del fascismo in Italia.
Fu anche in grado di capire che il fascismo non è facilmente identificabile come lo fu il nazismo. Mentre il nazismo aveva una filosofia e un’ideologia netta e ben precisa (spiegata nel Mein Kampf di Hitler), quella fascista è un’ideologia debole basata sulla retorica, ed è in grado di assumere volti diversi, spesso non facilmente identificabili. Per questo, secondo Eco, occorre restare vigili di fronte alla nascita di tendenze che possano inglobare in itinere lo sviluppo di concetti e pratiche fasciste. Un rischio al quale non solo il nostro paese, ma qualsiasi luogo del mondo è costantemente esposto.
Quelle che seguono sono le 14 caratteristiche di quello che Umberto Eco chiama “Ur-fascismo”, o “Fascismo Eterno”, ossia quell’entità capace di trasformarsi e camuffarsi a seconda delle esigenze sociali.
- Culto della tradizione
I fascismi si fondano sull’idea romantica che la verità autentica sia stata rivelata all’alba dei tempi, e che sia dovere sociale riscoprirla. Un concetto che deve essere in grado di conciliare ideologie anche contraddittorie tra loro, per fini pratici. Di conseguenza, non può esserci avanzamento del sapere: la verità è stata già annunciata una volta per tutte, non ha bisogno di essere spiegata o affrontata con senso critico, ma bisogna solo continuare a interpretare il suo messaggio.
- Rifiuto del modernismo
Sebbene i fascismi possano comunque essere espliciti sostenitori della tecnologia, alla base c’è spesso una negazione del mondo moderno. Spesso viene camuffato come condanna del capitalismo in quanto unica fonte del disagio sociale, ma nella sostanza l’idea è di combattere lo spirito progressista e i prodotti della ragione, alla quale si contrappone una reazione più rabbiosa e istintiva. Il fascismo, da questo punto di vista, è una forma di irrazionalismo.
- Culto dell’azione fine a se stessa
“L’azione è bella di per sé, e dunque deve essere attuata prima di e senza una qualunque riflessione. Pensare è una forma di evirazione.” L’attacco alla cultura è una costante dei fascismi, insieme alla battaglia verso le argomentazioni intellettuali contrarie alle ideologie portate avanti dal fascismo. Bisogna agire, cambiare, e se appaiono posizioni critiche il primo dovere è tacciarle di complicità al nemico.
- Il disaccordo è tradimento
Il fascismo non può accettare la critica. Uno spirito critico capace di operare distinzioni è un segno di modernità e porta a un avanzamento delle conoscenze. Per il fascismo, questo si configura come un tradimento verso le vere priorità della società attuale. Agire è la vera priorità, ogni altra cosa è un semplice rallentamento.
- La paura del diverso
I fascismi crescono sfruttando la naturale paura dell’indole umana per ciò che è diverso. Il primo appello di ogni movimento fascista o proto-fascista è contro “gli intrusi”. Essi generano entropia, rubano risorse, introducono degenerazioni economiche, sociali o morali e dunque parte dell’azione è quella di arginarne gli effetti.
- Leva sulla frustrazione sociale o individuale
La base di consenso dei fascismi è nella fascia sociale più larga del paese, e la strategia comunicativa è quella che fa leva sul loro disagio, canalizzandone la rabbia. Quando lo strato sociale più grosso è la fascia media, l’argomento più semplice è la paura della pressione sociale proveniente dalle fasce più basse, che spingono per conquistare risorse a quelle superiori. Se invece la fascia sociale più numerosa è quella povera, il nemico comune diventa la ragnatela di fattori che impediscono una corretta redistribuzione della ricchezza.
- Ossessione del complotto
Nell’ottica di rafforzare un’identità comune e generare compattezza nel consenso, si ricorre spesso all’orgoglio nazionale e al fatto stesso di essere tutti nati nello stesso paese, concentrandosi ove possibile nell’identificazione univoca del nemico. L’ossessione del complotto per mano dei nemici è dunque alla base della psicologia fascista: i sostenitori devono sentirsi assediati e in costante pericolo. Il pericolo può venire dall’esterno (sotto forma di complotto internazionale) o dall’interno (per mano delle fasce che magari si possono considerare comunque esterne, come possono essere gli ebrei o i neri).
- Il nemico ostenta la sua forza, ma sconfiggerlo è possibile
All’interno della strategia fascista di ricerca e consolidamento del consenso, il nemico identificato come causa del disagio delle fasce sociali consensuali è disegnato come un soggetto che ostenta costantemente la ricchezza e la forza che egli ruba a “noi”. Questo alimenta la rabbia e la sensazione di essere vittime dell’assedio, possibilmente con la consapevolezza che i nemici siano in grado di aiutarsi tra loro per i loro obiettivi. Allo stesso tempo, però, è fondamentale che i seguaci del fascismo siano convinti che il nemico possa essere sconfitto. Si alterna dunque una retorica che punta l’attenzione sulle loro ostentazioni di forza ma ne decanta allo stesso tempo la debolezza strutturale. Per questo motivo, i fascisti sono destinati a perdere le loro guerre, per la loro errata valutazione della forza del nemico.
- La vita va dedicata alla lotta
Essere militanti è una necessità per tutte le fasce dove risiede il consenso, perché sconfiggere il nemico richiede l’aiuto di tutti. Da questo punto di vista, qualsiasi posizione conciliatrice o pacifista diventa collusione col nemico: il pacifismo è cattivo perché la vita è una guerra permanente (concetto intuito già da Orwell in 1984). Nell’ottica di creare coerenza col resto della psicologia fascista, tuttavia, è possibile sconfiggere il nemico, tramite una sorta di battaglia finale che porterà alla vittoria dei princìpi dell’ideologia locale. Da lì sarà dunque necessario trovare un nuovo fronte di battaglia, perché l’eventualità di “un’età di pace” rende strutturalmente non necessario il ricorso all’ideologia di quel fascismo.
- La forza e i privilegi sono del popolo
Il concetto di esistenza di una cerchia ristretta, di un’élite, è alla base di qualsiasi ideologia reazionaria. Il fascismo la riformula col concetto di “élite popolare”: i cittadini che supportano quella forma di fascismo sono i cittadini migliori, fanno parte del popolo migliore, e sono invitati a partecipare attivamente alla vita politica. Dal momento che la forza deve essere esercitata contro il nemico subalterno, la retorica fascista alimenta il disprezzo dei subalterni, secondo una struttura gerarchica. Il nemico viene dunque umiliato, e la condizione (anche simulata) di predominio sul nemico diventa disprezzo delle loro posizioni e delle loro condizioni.
- Culto dell’eroismo
Ciascuno è educato per diventare un’eroe, un salvatore della patria. Nell’ideologia fascista, l’eroismo è la norma. Normalmente, ciò si accompagna a un culto parallelo per la morte: la morte va affrontata con dignità, serve a raggiungere una felicità successiva, e chiunque dovrebbe aspirare ad essa. L’eroe fascista è impaziente di morire. Ma, come suggerisce Umberto Eco, “nella sua impazienza, gli riesce più di frequente di far morire gli altri.”
- Machismo e senso della guerra
La volontà di potenza dei fascismi sono spesso trasferiti su terreni alternativi. La sfera sessuale è la prima ad essere conquistata, e questo machismo si traduce in condanna e intolleranza verso abitudini sessuali non conformiste, dalla castità all’omosessualità. Per estensione, tale volontà di potenza si sposta facilmente anche in terreno bellico, propugnando la voglia di entrare in guerra con gli altri, allo scopo di provare la propria forza.
- Populismo qualitativo
Nell’ideologia fascista, il governo è espressione del popolo, e il popolo è un’entità astratta al quale ogni individualità deve piegarsi. Viene meno dunque il principio di democrazia dove ogni singolo cittadino può dare impatto in termini democraticamente quantitativi (per maggioranza): è il popolo l’unico legittimato ad esprimere la volontà comune. Dal momento che non esiste gruppo di esseri umani con un’unica volontà comune, il leader pretende di esserne il loro unico interprete, e i cittadini vengono chiamati a giocare di tanto il tanto il ruolo del popolo. Nelle previsioni di Umberto Eco effettuate nel 1995, il populismo che si prospetta è basato sulla tv e su Internet, e la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini viene presentata e accettata come la voce del popolo. Di conseguenza, il primo dovere del fascismo è opporsi ai “putridi parlamentari”. Ogni qual volta un politico getta dubbi sulla legittimità del parlamento (frutto della democrazia rappresentativa) perché non rappresenta più la “voce del popolo”, possiamo sentire l’odore del fascismo.
- Uso di una neolingua
Prendendo in prestito il concetto teorizzato ancora una volta da Orwell in 1984, i fascismi parlano un linguaggio specifico, coniato in maniera dedicata basandosi su un lessico povero e una sintassi scarsa. Le forme di neolingua possono essere diverse ed è importante saperle identificare, “anche quando prendono la forma innocente di un popolare talk-show.”
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Nell’ottica di fare in modo che tali caratteristiche vengano tenute presente ogni volta che una nazione scorga il bisogno di identificare e combattere l’emergere dei fascismi, Umberto Eco concluse la trattazione sul tema con queste parole:
“Dobbiamo stare attenti che il senso di parole come libertà e dittatura non si dimentichi ancora. L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: “Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!” Ahimé, la vita non è così facile. L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme. Ogni giorno, in ogni parte del mondo.”
E’ grazie al 25 Aprile che si possono esprimere liberamente le vostre idee, peccato pero’ che si possono esprimere solo quelle,
Scusa perchè? Qualcuno ti ha dato un bel bicchiere di olio di ricino? Mmmm bonooo! Siamo qui ad accapigliarsi liberamente, e liberamente possiamo scrivere tutte le nostre scemenze senza che nessuno ci dica qualcosa. https://uploads.disquscdn.com/images/ec2f85da0e0bdb5cfbd9021b425e0e2eeb0ee515264d03cdf1070999e2795182.jpg
Paolo caro, strologare come ogni tanto di capita ti estranea dalla realtà odierna. Stai in un partitino a tradizione democristiana chiamato Chiù Europa in cui è iscritto don Camillo e qualche Peppone eurocratico, mentre Giovannino Guareschi sta altrove, e insieme non riuscireste a superare la soglia di sbarramento per entrare nell’assemblea condominiale di un caseggiato alla periferia di Brescello.
Pacenzia. Vorrà dire che non mi sentirò parte di un gregge numeroso.
Si deve pur far qualcosa per le idee in cui si crede, altrimenti che si vive a fare? Per farsi trasportare dalla corrente? Rispetto le idee degli altri, anche se sbagliate, ma non rinuncio alle mie perchè il vento soffia in senso contrario…
…e pacenzia se sei te il portatore di idee avversarie, il problema è se il vento che fischia nel senso giusto ti trasportasse via..te sei migliore delle tue stesse idee.
Oddio non l’avevo visto, mi ci vien che ridere a risponderti, l’olio di ricino, che patetica cazzata, come se l’olio di ricino non si fosse trasformato in parole pesanti come pietre fomentatrici di una cultura dell’odio, basta cosi’, non ho piu’ voglia di ridere.
Sine ira et studio. Paolo caro, sine ira et studio e onore a quanti morirono in nome dei propri ideali, da una parte e dall’altra (quella della Repubblica Sociale Italiana), uniti – per dirla con Azeglio Ciampi – da un sentimento comune: la convinzione di servire la Patria, l’onore della propria Nazione.
Verità storica e autentico rispetto per i caduti, sine ira et studio: sgomberando il campo dalla retorica d’occasione e da cimenti elettoralistici (com’è avvenuto ieri), da qui bisogno partire per LIBERARE L’ITALIA dalle strumentalizzazioni che la stanno segnando da più di un settantennio, se davvero si vuole consegnare alla nostra STORIA NAZIONALE il 25 Aprile, smettendo una buona volta di utilizzare questo anniversario per ritorcerlo contro gli avversari di turno e come bandiera di parte.
Paolo caro, non è una data (il 7 giugno piuttosto del 25 aprile) a poter dare legittimità al nostro sistema costituzionale, se poi questa data è sistematicamente usata per finalità politiche divisive che mai si sono palesate quanto quest’anno, in occasione delle celebrazioni di ieri.
la dittatura di francisco franco provocò circa 500.000 morti nella guerra civile spagnola, non capisco perché in spagna non viene celebrata nessuna liberazione dalla dittatura franchista e perché i reali di spagna, che appoggiarono il dittatore, sono ancora al loro posto.
in più leggo che il simbolo della guardia civil spagnola e’ ancora il fascio che hanno sia sulla divisa sia sul cofano e sulle portiere delle auto.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Guardia_Civil
https://coospeuropa.wordpress.com/2014/01/16/guardia-civil-nuova-divisa-per-la-polizia-spagnola/
https://it.depositphotos.com/71403569/stock-photo-guardia-civil-car.html
addirittura fuori dalle caserme della guardia civil vige ancora il motto franchista “todo por la patria”. chi ci capisce qualcosa e’ bravo, sembra che in spagna la guerra civile non ci sia mai stata.
https://www.amigosdelamili.com/cuarteles/guardia-civil/fotos/pegatina-circulo-guardia-civil-todo-por-la-patria
https://www.alamy.it/caserma-della-guardia-civil-polizia-spagnola-abbandonati-nella-valle-di-canfranc-nei-pirenei-vicino-a-jaca-fotoeduardo-manzana-image185278322.html
anche il germania non si celebra più nel giorno 8 maggio la liberazione dal nazismo, e’ diventato un giorno di normale lavoro non festivo mentre celebrano il 3 ottobre per il crollo dell’urss con conseguente ritrovo di unità dei popoli della germania est e ovest.
Il 3 ottobre 1990 non è il crollo dell’URSS ma il giorno della riunificazione tedesca, tanto che i negoziati tra i due Stati culminarono in un Trattato di Unificazione, mentre i negoziati tra le due Germanie e le quattro potenze occupanti: Francia, Regno Unito, Stati Uniti d’America e Unione Sovietica, produssero il cosiddetto Trattato due più quattro, che garantiva la piena indipendenza a uno stato tedesco riunificato. Gorbaciov firmò come segretario generale dell’URSS che si dissolse invece il 26 dicembre 1991.
La Germania non ha mai festeggiato l’8 maggio e non aveva nessun desiderio di festeggiare, perchè solo con la riunificazione si può considerare concluso il purgatorio politico a cui era stata sottoposta. Non si festeggia una resa incondizionata, in un paese che ha avuto 7 milioni di morti e ne ha provocati altri 30 milioni al giro per il mondo. Come neppure in Italia si festeggia l’8 settembre, giorno della resa agli angloamericani. Si festeggia invece il giorno in cui finisce sia l’occupazione nazista, che il governo zerbino della repubblica sociale e si torna a parlare di libertà e democrazia. Non mi pare la stessa cosa!
Non riusciranno mai a sdoganare un regime criminale spacciandolo come bello e positivo. E’ stato lo sfacelo sociale e umano di una nazione. Prodromico alla visione novecentesca del terrore. Io non sono mai stato comunista (anzi anticomunista viscerale), mi considero liberale (al cui partito mi sono iscritto a soli 15 anni per passare da adulto coi radicali) e nel mio pantheon c’è posto per Piero Gobetti (massacrato) i Fratelli Rosselli (massacrati) ma anche per coloro che assaggiarono il confino e le patrie galere, come Ernesto Rossi e Ferruccio Parri o antifascisti come Luigi Einaudi e Piero Calamandrei. Atlantista e liberista, mai putiniano (lasciando agli immaturi il mito del superuomo del KGB) se fossi nato 50 anni prima, sarei entrato nelle brigate Giustizia e Libertà.
io non voglio sdoganare proprio niente, ho solo scritto che in spagna non festeggiano la liberazione dal fascismo di francisco franco, in germania non festeggiano la liberazione dal nazismo di hitler mentre in italia festeggiamo la liberazione dal nazi/fascismo.
non dico che loro fanno bene e noi facciamo male, e’ solo una constatazione.
La Spagna, anche quella repubblicana, è grata a Franco per non averla trascinata nel baratro della guerra mondiale. Lo scaltro dittatore spagnolo, inviso dagli alleati nazifascisti per l’ingratitudine verso il loro sostegno durante la guerra civile, passò così indenne il dopoguerra lasciando germogliare pacificamente la democrazia a pari passo con l’approssimarsi degli ultimi istanti di vita.
Al contrario, il nostro dittatore si dimostrò incapace a imbrigliare la propria creatura politica (ormai in mano a invasati figli della sua stessa retorica della prima ora) e si lasciò trascinare dagli eventi fino a gettare il Paese in un impegno bellico che egli stesso nell’animo riteneva oneroso per le esigue capacità nostrane (“armiamoci e partite!”). Quindi, l’assoggettamento del fvlgido e virile rregime fassìsta al figliato nazista fu ben anteriore all’8 settembre…
Mi limito a non elencare altre tra le tante incoerenze espresse nel ventennio nero ricordando in fine che esso si appoggiava sulla maggioranza che se ne serviva (da qui il motto popolare dell’acronimo del partito: Per Necessità Familiare), e che per tale motivo ha sopportato privazioni illiberali finchè il bilancio fra vantaggi e oneri per la gggente, con la miseria dilagante, le privazioni dell’autarchia e una guerra mai così sanguinosa nei confronti dei civili battente in casa, risultò chiaro anche a chi non capì fin dall’inizio che era decisamente negativo.
Per ultimo, in Germania ed Austria, tutti i parenti di Hitler hanno cambiato cognome di loro sponte e nessuno si è sognato di cavalcare i fantasmi del loro avo pur di sedere in qualche scranno parlamentare e vivere di rendita. Sarà la vergogna?
quindi i bombardamenti effettuati da franco sulle città spagnole, le rappresaglie, i rastrellamenti, le pene capitali e i 500.000 morti causati dalla guerra civile non valgono niente?
Il confronto non funziona, e te lo spiego in poche parole.
In Spagna la guerra civile (1936-39) è stata l’occasione per far esplodere tutti i conflitti latenti nella penisola: i cattolici contro i socialisti, quest’ultimi erano anche contro la monarchia che a sua volta era invisa dai separatisti delle varie regioni autonome. Franco, uscendone vincitore sul campo al prezzo che hai ricordato, è stato per questo il baluardo dell’unità della Spagna per come la conosciamo oggi. I quarant’anni a seguire della sua gestione sono serviti a sedare ogni altra alzata di testa con l’implicito consenso atlantista che non poteva chiedere di meglio come deriva regionale verso le sinistre che stavano creando problemi in altre zone d’Europa. Per questo, l’attuale monarchia si guarda bene dall’infiammare gli animi ricordando una data di una unità che di fatto fu imposta dall’alto.
In Italia, il regime (1922-1943) partì bene incassando un incarico governativo col solo gesto di menare le mani, fu da manuale nell’insinuarsi in ogni attività quotidiana dell’italiano medio, fece il suo tragico errore nell’asservirsi totalmente all’alleato tedesco, sia seguendolo in guerra che lasciando che la penisola venisse di fatto presa in gestione diretta da Berlino una volta che i tedeschi capirono che il sistema-fascismo stava perdendo pezzi. Da quel momento, tutte le opposizioni civili, laiche, liberali, socialiste, comuniste, repubblicane, monarchiche, perfino militari non potevano fare altro che fare fronte comune verso chi di fatto si era comportato da anti-italiano, ironia della sorte! In questo caso l’unità della nazione è stata ricostruita dal basso, e con una battaglia che il fascismo, a differenza del franchismo, ha perso sul campo. Da qui il senso di una data, 25 aprile, di insubordinazione popolare all’invasore/dittatore.
Si ma a noi… degli spagnoli? Anche Pinochet è vissuto felice e beato. E con ciò? Digli agli spagnoli che resuscitino Franco. Se eran tanto felici bisognerà provare a accontentarli! Se invece sei te che hai nostalgia dell’uomo forte col cazzo duro, potresti andare a vivere in Corea del Nord o in Arabia Saudita. Prooova!
la mia e’ solo una constatazione. ci sono popoli che reagiscono alla fine di una dittatura in un modo e altri in un altro, su questo penso che sia d’accordo con me. poi facciano quello che gli pare, io festeggio solo i compleanni quindi le cosa non mi riguarda manco di striscio.
Paolo caro, il tuo ( tuo e della ristrettissima cerchia di officianti il 25 Aprile) è un antifascismo che per fortuna di tutti noi non è più radicato in ciò che costituisce la pietra miliare, o (se vuoi) di paragone, dell’idealmente legittimo e dell’idealmente illegittimo in seno al nostro Paese, ma direi anche in Europa e in seno ad altri parti del mondo.
A prescindere dalla tua abituale solfa sull’ignoranza dilagante nelle masse obnubilate da capipopolo tipo Salvini, la causa a monte della caduta dell’antifascismo onnipresente come livella di valori, risiede nel fatto che esso è degenerato nella negazione stessa di tutto ciò che oggi, a distanza di 74 anni dalla sconfitta militare dei fascismi, rappresenta la necessità forte dal punto di vista dell’esistenza della nostra società e della vita in comune.
Quanto alla “cazzata” che mi attribuisci, in merito alla riforma renziana battuta in sede di referendum, permettimi…il capo dello stato in persona chiede di non riscrivere la storia…pertanto ti segnalo che quella “cazzata” non è mia, ma un giudizio espresso a chiare lettere da tuoi compagni di antifascismo.
Ma la costituzione non è un totem inviolabile. Si può correggere o riformare secondo le regole di una democrazia stabilite nella stessa carta. Credo però che da qui ai prossimi 20 anni nessuno riuscirà piu’ a farlo. Non è riuscito a Silvio, non è riuscito a Renzi, non riuscirà a nessun altro. E tutto sommato so anche contento.
Per il resto non sarei così tanto sicuro che siamo 4 gatti.
Ho avuto un nonno fascista, che aveva pure combattuto in Libia, e che fu epurato dopo la guerra. Ho avuto un nonno socialista preso a schiaffi dal federale in piazza.
Ho avuto un padre, degasperiano di ferro, membro attivo del comitato nazionale di liberazione, rastrellato dai tedeschi per far da scudo umano alla ritirata. Aveva anche perso il lavoro perché aveva rifiutato di iscriversi al PNF proprio mentre Amintore firmava le leggi raziali. Eppure lo ha sempre rispettato.
Ho avuto una madre presa a cannonate dai tedeschi mentre pedalava in bicicletta, perché l’avevano scambiata per una staffetta partigiana. Ho avuto due genitori che si son sposati sotto le bombe, su di un letto appoggiato sui mattoni e il vestito messo insieme da una coperta militare. Eppure mio padre non si fece alcun problema ad andare a vivere sotto lo stesso tetto col suocero ex fascista. Anzi lo difese e lo sostenne nei momenti piu’ bui della sua vita.
A coloro che a destra si sentono in dovere di fare i revisionisti, per difendere un avanzo di galera che ha costituito uno stato fantoccio (Salò), illegale ed eversivo, solo per far da scendiletto ai nazisti, sempre prono ed ubbidiente ai loro voleri, dico che nella destra e nei valori della destra, non ci hanno capito un cazzo!
Oggi non si festeggia la vittoria di nessuno. Si festeggia la nascita di uno stato democratico.
Evviva l’Italia, unita, libera e repubblicana.
E a coloro che vi dicono che questa è dittatura, e possono farlo proprio perché vivono in una grande democrazia, invitateli ad andare a vivere in Corea del Nord. Così imparano subito cosa significa la parola dittatura. E che ci restino!
Paolo caro, la tua genealogia racconta una guerra civile ma come giustamente scrivete voi, nel post di Liberaperta che descrive la cerimonia ad Indicatore (e comunque vi faccio plauso di avere scelto la tomba di un soldato coloniale venuto a farsi ammazzare in Italia per l’Inghilterra, non certo in nome dell’antifascismo essendo il suo popolo vittima di un colonialismo peggiore del peggiore stampo fascista), oggi celebrate un’invasione straniera vittoriosa mentre…serve rammentare…la nascita della Repubblica ricorre il 2 giugno. Cazzo, non confondere le date!
A te dico con affetto la stessa cosa che sento di dire ad altri come te ma con un’antipatia che non è odio: questa ricorrenza da sempre divisiva morirà perché le mancano le basi spontanee di appoggio. È da vedere quando avverrà, ma morirà. Quindi godetevi questo teatrino finché potete.Ovviamente questo non cambia nulla sullo stato di fatto, ossia sull’intoccabilità della “festa” in sé. Una data inutile che non ci permette di superare fascismo e antifascismo e ricominciare dalla cosa più importante: l’Italia.
Ciò che anche oggi avete commemorato teatralmente fu una sconfitta militare, contrariamente al futuro anniversario di una nuova Italia e di una nuova Europa che, auspico, possa rinascere grazie ad ideali pacifici e non guerrafondai.
PS: non ho alcuna simpatia per la Corea, nè del Nord nè del Sud. Mi piace il Giappone.
La sconfitta militare non è quella del 25 aprile, quando un esercito abusivo appoggiato da uno di occupazione e per giunta sanguinario che avevano occupato illegalmente l’Italia del Nord scapparono, ma casomai quella dell’8 settembre, quando l’Italia unica e vera, aimè rappresentata da un cialtrone (su questo concordo col Bianconi) come Vittorio Emanuele II si arrese. Il 25 aprile (poi manco, visto che questa è una data simbolica e corrisponde ad uno sciopero) è solo il giorno in cui le truppe di occupazione naziste levarono le tende e si gettarono le basi della futura democrazia. La rabbia popolare fece atti barbarici. Ma fu la reazione all’odio ormai dilagante. Comunque mi ripeto: il giorno in cui l’Europa deciderà di festeggiare il 7 maggio, festa vera della pace ritrovata, sarei favorevole ad abolire il 25 aprile. In un intervista della cineteca RAI, ho sentito il figlio di Rommel, all’epoca sindaco di Stoccarda, dichiarare che la sconfitta della Germania, è stata per i tedeschi la piu’ grande fortuna ed un pericolo scampato! Aveva ragione…
1) State preparando un 25 Aprile elettorale e personalmente non me ne fregherebbe niente se non aveste l’ipocrisia di chiamare festa della liberazione la sarabanda elettoralistica di domani, rivolta più al prossimo 26 maggio che al giorno di 74 anni fa. Con la speranza che almeno stavolta non abbia a ripetersi la tremenda scena degli scorsi anni quando i partigiani hanno cacciato via gli ebrei. E’ accaduto anche questo, non ad Arezzo, ma è avvenuto durante il 25 Aprile…comunque sia:
2)Quando andrete a mettervi sugli attenti dinanzi alle tombe dei soldati occupanti, morti durante l’invasione della madre patria, nostra e non loro, almeno in quel momento abbiate un minimo di doveroso rispetto per il sangue versato, da ambo le parti in realtà.
3) Quando sarete solennemente riuniti ai piedi del monumento alla resistenza, almeno in quel momento abbiate la decenza di ricordarvi che l’ultima volta che anche secondo qualcuno di voi è stato condotto un attacco contro la Costituzione nata dalla guerra civile, questo attacco è stato condotto dal PD, non da quelli che voi indicate per essere gli odierni fascisti.
Ma smetti di scrivere cazzate… “”l’attacco alla costituzione” è avvenuto secondo i dettami e le regole della costituzione, mica con un golpe, e si è concluso con il referendum costituzionale.
Se devo essere sincero: meno male che gli italiani hanno bocciato la riforma, perchè affidare quella riforma oggi a Salvini sarebbe stata una sciagura nazionale. Segno che gli italiani hanno capito che devono vivere in un sistema lumacoso e pieno di orpelli, perchè non sono ancora pronti ad una democrazia snella e matura. Incombono sempre i furbacchioni che cavalcano paure, agitano spauracchi, complotti del cazzo, usando la retorica vuota e ampolossa per confondere un popolo di bifolchi.
Tutti i commenti che leggo rappresentano il vuoto culturale in cui è precipitata l’Italia, l’abisso del nulla di cui ormai vi siete fatti servi sciocchi e utili dioti. Non avete un solo argomento, per quanto misero, che abbia un minimo fondamento storico, economico, politico e sociale. A forza di raccontare scemenze, ormai vi siete autoconvinti di dire profonde verità. Trascinerete il paese nell’abisso. Spero quel giorno di essere già morto! Non vi basterà la vita per chiedere perdono dei vostri peccati.
In quanto ai soldati occupanti (che però si tolsero dai coglioni alla svelta): dopo che qualcuno proclamò… “CHE UN ORA SOLENNE E’ SCOCCATA NEI CIELI DELLA PATRIA…” e dichiarò guerra al mondo, occupando Francia, Jugoslavia, Grecia, Nord Africa e Russia e partecipando ai bombardamenti sull’Inghilterra, lasciando 150.000 ragazzi a morire congelati nella sacca del Don (mentre il fedele alleato se la dava a gambe) pensi che in Italia gli alleati siano sbarcati con l’idea di fare un accordo commerciale?
La popolazione li accolse festosa come liberatori, perchè si era rotta le palle di una manica di cialtroni.
L’unico vero problema del dopoguerra è che non fui mai fatta Norimberga anche qui. Se la botola della forca si fosse aperta sotto i piedi dei criminali, invece di averli lasciati a comandare i gangli vitali dello stato, sarebbe stato meglio per tutti!
Vittorio Foa a Giorgio Pisanò, senatore dell’MSI: “Quando avete vinto voi, io sono finito in galera. Quando abbiamo vinto noi, tu sei finito in Senato. Questa è la differenza tra dittatura e democrazia.”
Ebbravo Eco, chissa’ come mai non ha detto mai nulla dell’evoluzione della sinistra da baluardo dei poveri a baluardo dell’alta finanza, anzi per la verita’ non l’ha detto nessuno.,
Belle parole dissacrate dal modello di società di cui siete portatori strumentalizzando la guerra civile conclusasi nel giorno che domani festeggiate.
In questi anni in cui avete onorato il 25 Aprile, anche in virtù delle belle parole di Eco, avete costruito il modello di società espresso dall’odierno capitalismo finanziario globale che ha sradicato la democrazia attiva e partecipata e si è fatto sovrano anche rispetto ai governi legittimi del Paese, liberato 74 anni or sono da un giogo per essere messo nel giogo del vostro modello di società in cui impera il più forte, con buona pace dei valori di giustizia e di equità e in cui, se fosse per voi, lo Stato è emarginato e tutto confluisce nel mercato in cui ogni cosa viene mercificata, compreso il lavoro, arrivato a forme assolutamente insostenibili negli anni dell’antifascismo strumentalizzato dal pensiero unico dominante di cui siete gli alfieri.
Il declino della qualità della vita a cui stiamo assistendo non è colpa dei fascismi ma è colpa del dominio incontrastato del pensiero neoliberista e mercantilista che domani molti di voi andranno a festeggiare, onorando un modello di società, espresso anche dalla vostra Europa, in cui domina un autoritarismo senza precedenti e una recessione senza fine, a danno della sicurezza, della libertà dei popoli e della dignità umana.
Punto 2. Anche il duce odiava i capitalisti, ma ci andava a braccetto volentieri e fece sposare la figliola ad eminente rappresentante.
Paolo, la retorica antifascista gode di argomentazioni più ficcanti delle compromissioni pubbliche e private del capo del fascismo con il capitalismo della sua epoca…che peraltro non era esattamente il capitalismo dei giorni nostri. E, comunque, non siamo messi come siamo messi a causa dell’alleanza del regime di una volta con il capitale, ma siamo messi male a causa del dominio incontrastato di un sistema economico deviato spalleggiato anche dalla retorica antifascista.
…che fece una brutta fine, però.