Il giornalismo si pratica diversamente. Andando avanti di questo passo chi scrive da giornalista non avrà più alcuna credibilità (ci siamo già molto vicini).
I titoli, ma spesso anche i contenuti, di molti dei nostri quotidiani (cartacei e non) sono scorretti, tendenziosi quando non falsi; il tutto per compiacere i propri lettori e/o il proprio editore e il referente politico di turno.
Il giornalismo vero non esiste quasi più.
La prima regola deontologica sarebbe quella di riportare i fatti per come si svolgono (facciamo dei corsi di aggiornamento dove ce lo ripetono spesso, almeno a chi partecipa e non fa solo finta…), invece ormai è saltato tutto. Si insegue la notizia a tutti i costi, anche perché il cartaceo attraversa un periodo di crisi nera (forse irreversibile) tale da destabilizzare il sistema dell’informazione.
Uno dei modi con i quali si cerca di accalappiare la simpatia del lettore è quello di “titolare” senza vergogna in direzione del sentire del fruttivendolo (con tutto il rispetto per i fruttivendoli).
Faccio un esempio semplice quanto chiaro (anche se non andrò a cercare i titoli indifendibili di certi numeri di Libero o La Verità (!!): nella sezione dedicata all’economia del Quotidiano Nazionale di domenica scorsa il primo titolo suonava così:
“Novembre nero – il fisco si prende 55 miliardi”
Ora sappiamo tutti che a novembre si pagano le tasse (chi lo fa, naturalmente) e che non è cosa piacevole per via dell’esborso cui quasi mai ci prepariamo per tempo. La notizia non sta quindi nel novembre, ma nel resto del titolo. Il mese è nero perché il fisco “si prende” le tasse. Ma il fisco non si prende niente; fa soltanto il proprio dovere e se non lo fa del tutto è solo perché forse potrebbe incassare di più e non riesce a farlo. Altro sarebbe porre il problema del metodo di riscossione, qualche volta un po’ aggressivo, ma sono i numeri sull’evasione a cagionare certi eccessi massimalisti.
Insomma, un titolo così fa pensare a un fisco nemico, quasi ladro. Fa pendant con l’affermazione del fu Berlusconi quando diceva che evadere è giustificabile (lui poteva dirlo, ma un quotidiano serio no…).
C’è un lato educativo nel lavoro del giornalista, come in quello dell’insegnante. C’è una responsabilità che chi scrive si assume nei confronti del lettore, spesso meno informato di lui. Approfittarsi di questo è deontologicamente sbagliato e moralmente riprovevole.