Gianni Boncompagni è stato raggirato negli ultimi anni di vita dall’amico e consulente in banca Valerio Finelli, che avrebbe sottratto dai suoi conti 174mila euro. L’uomo, 40 anni, funzionario di una filiale della Deutsche Bank (che è parte lesa nel processo) è accusato dal pm Luigi Fede di appropriazione indebita di beni altrui, aggravata dalle ingenti cifre e dai mezzi fraudolenti. Finelli risponde infatti dello stesso reato a danno anche di altre due donne, le sorelle Maria Rosaria e Maria Letizia Luzi, alle quali avrebbe sottratto poco meno di ottocentomila euro totali. Le manovre illecite si sarebbero realizzate tra il 2014 e il 2016. Boncompagni è morto nel 2017 a 85 anni. Le indagini della polizia hanno ricostruito quattro operazioni sospette compiute da Finelli sul conto del celeberrimo autore di radio e tv, aperto presso la filiale di via Orti della Farnesina.
«Siamo sicuri di poter dimostrare che si tratta di una ricostruzione non rispondente alla realtà — dice l’avvocato Massimo Romano, che difende Finelli assieme al collega Generoso Bloise — Il nostro assistito ha inoltre portato all’attenzione del giudice la prova della avvenuta restituzione delle somme». L’udienza di ieri, la prima del processo davanti al giudice monocratico, era funzionale ad integrare le aggravanti nell’accusa originaria. A rappresentare Boncompagni c’era una delle figlie e il dibattimento è stato rinviato ad aprile.
Come si legge nel capo d’imputazione, «con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto (Finelli, ndr) si impossessava del complessivo importo di 174mila euro effettuando le seguenti operazioni»: si tratta di 5 assegni per importi che vanno dai 14 mila ai 90 mila euro, emessi a beneficio di tre diversi soggetti «abusando della procedura interna della banca denominata “sundry items”». Nel caso delle altre due presunte vittime, Finelli avrebbe falsificato le loro firme.