Federica Mauro. A riveder le stelle

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di Alessandro Artini

Federica Mauro è una ragazza di 17 anni che frequenta l’ITIS “Galileo Galilei” di Arezzo. Soffre di una malattia genetica che ha colpito la sua sfera cognitiva, ma che non ha influito sulle potenzialità di sviluppo della sua personalità. Quest’ultima è una dimensione che connota le persone in quanto tali, ancorché disabili, a testimonianza del fatto che, sebbene nella tempesta della malattia (o di altre disgrazie), è possibile attraccare sempre al porto sicuro e inviolabile della nostra essenza umana. Ovviamente la famiglia e la scuola devono mantenere dritta la barra, perché, anche se non possono opporsi al destino, perseguire l’orientamento verso un tale approdo rappresenta il più potente aiuto che possa essere offerto a una persona in difficoltà. Federica, pur nella sfortuna, ha avuto il beneficio di una famiglia calda e partecipe: un padre ricercatore e una madre sensibile all’arte e con una forte attitudine alla pittura. Anche la scuola ha fatto la sua parte e le ha consentito, fra l’altro, di partecipare a un corso di cucina. Cucinare le piace e vuole diventare cuoca. Ma nel frattempo, con una certa costanza, si dedica al disegno. Non ha la mano di Giotto e i suoi segni di matita non sono impeccabili, però questa storia del settimo centenario della morte di Dante, il poeta di noi italiani, l’ha toccata. Non so perché, forse viviamo un tempo difficile (come quello di Dante) e il pensiero di avere un progenitore di grandezza sublime rigenera le nostre forze. Nello sperdimento dei nostri giorni, come in quello dei secoli passati, il fatto che qualcuno abbia trovato tempo per cantare, in terzine incatenate di endecasillabi, la vita, pur nella dimensione ultraterrena, riesce a dare senso anche a ciò che ne sembra assolutamente privo. Forse, più semplicemente, lei ha sentito lo sguardo di speranza di chi torna “a riveder le stelle”, avendo attraversato l’oscurità nel cammino. Fatto è che Federica ha dipinto un cielo stellato e nel sottofondo il profilo stilizzato del poeta. Un disegno semplice, ma suggestivo, con delle stelle splendenti che ricordano quelle di Van Gogh. Poiché la vita è fatta di miracoli minori, a un certo momento, esso è finito a Londra, presso la Dante Society, che ne ha fatto il brand del settimo centenario. Non solo, ma gli accademici della Crusca lo hanno adottato nella prima di copertina di un volume collettaneo che girerà per il mondo, per ricordare le fondamenta della civiltà occidentale, gettate anche da Dante, unitamente alla storia di quell’essenza umana che ci accomuna con altri popoli. Speriamo che ciò avvenga prima che qualche università americana espella pure il Trecento italiano  dalle materie di studio, ritenendo che la storia di un uomo e quella di una città come Firenze non siano consone ai valori politicamente corretti del senso comune.

Nel frattempo Federica, che vuole fare la cuoca, ha compreso la questione dell’essenza umana, che non è pura metafisica, ma una semplice questione di tatto. Toccamento del pennello, intriso di colore, sulla carta e toccamento delle corde profonde, che le terzine di un uomo di settecento anni fa hanno fatto risuonare. L’anima di Federica ha sorvolato sul fatto che la mano disegnatrice non era quella accademica e ha pure trascurato l’altro fatto, quello degli impedimenti causati dalla malattia. L’anima si è lasciata andare e la personalità di Federica ha fatto il resto. L’arte non si cura di quelle “banali” avversità e come sempre, quando tocca il cuore, sa volare alto.

Federica, l’aspirante cuoca, ha pure dedicato alcuni tipi di pizza al poeta, che – ne sono sicuro – avrebbe apprezzato, perché i pellegrinaggi di un esule guelfo bianco non devono essere stati confortevoli, neppure sul piano dei pasti. (Nell’attuale mostra presso la Fraternita dei Laici, sui libri contabili, c’è anche il prestito di dodici fiorini che un nostro concittadino aveva concesso al fratello di Dante. Erano un sostegno per il poeta?). Se mai consiglierei Federica di non salare troppo, perché – come lei sa – in Toscana il pane è sciapo e Dante lo gradirebbe così (“quanto sa di sale lo pane altrui”).

Le consiglierei anche, tra una pizza e l’altra, di continuare a dipingere, perché – sono certo anche di questo – la Biblioteca della Città di Arezzo vorrebbe, tra qualche mese, presentare una sua mostra.

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