di Alessandro Artini
Lirio Abbate è sicuramente un giornalista di razza. Un siciliano coraggioso, il cui nome non a caso è stato inserito da Reporters sans frontières tra i “100 eroi dell’informazione nel mondo”, che ha condotto un’indagine giornalistica approfondita e documentata. E rischiosa.
In “Faccia da mostro”, questo è il titolo del suo ultimo libro, ci racconta, infatti, la storia di un ex poliziotto, Giovanni Pantaleone Aiello, il cui volto è stato deformato orrendamente da una brutta ferita. La sua presenza tra i mafiosi viene registrata in occasione di alcuni importanti delitti e anche del primo tentativo di uccidere Falcone, presso la spiaggia dell’Addaura. Si parla di lui anche in occasione dell’uccisione di Ninni Cassarà e poi di un bambino, Claudio Domino, il quale aveva avuto il solo torto di aver visto ciò che non doveva. Le sue tracce, secondo i pentiti, sono presenti anche nella strage di Capaci e in quella successiva di via D’Amelio, oltre che negli omicidi di alcuni agenti di polizia: Roberto Antiochia, Natale Mondo, Nino Agostino (ucciso insieme alla moglie, Ida Castelluccio).
Vincenzo Agostino, padre dell’agente Nino, che dalla morte del figlio non si taglia più la barba, in attesa che giustizia sia fatta, lo riconosce tra coloro che aspettavano il figlio qualche giorno prima dell’omicidio e chiedevano informazioni sul suo conto. Vincenzo descrive l’alterazione del volto di uno di quegli individui, a cavallo di una moto, e lo chiama Faccia da mostro, che diventerà il nome di Aiello nelle cronache dei giornali. Vincenzo, la cui barba adesso è incanutita, riconosce poi, in un “confronto all’americana”, Faccia da mostro, che da quel momento diventa oggetto d’attenzione dei media. Aiello, improvvisamente, si trova esposto sotto i riflettori dell’opinione pubblica e finalmente si sente braccato dai suoi ex compagni, i poliziotti, quelli veri. Tuttavia, prima che le vicende abbiano l’atteso compimento che potrebbe portare alla rasatura dell’anziano Vincenzo Agostino, egli muore improvvisamente nel 2017 a 71 anni, in Calabria, nella sua Montauro. La morte pare strana, considerato il suo stato di buona salute, ma l’autopsia certifica che essa pare dovuta a eventi naturali. Poi, il corpo viene cremato per scelta della famiglia e altre indagini non sono, né saranno possibili…
Faccia da mostro, dalla descrizione che ne fanno gli amici e alcuni colleghi, pare essere un tranquillo pensionato, dedito al mare e alla pesca, ma in realtà, secondo i pentiti, egli è un uomo terribile, un assassino di cui gli stessi mafiosi hanno rispetto per l’alto prestigio criminale, un uomo che sa maneggiare bene le armi e gli esplosivi e che probabilmente è appartenuto ai servizi segreti deviati. Sempre secondo i racconti dei pentiti, egli generalmente si accompagna con una donna, anche lei addestrata militarmente e altrettanto temibile. Il libro si chiude proprio sul profilo di quest’ultima, cui le indagini di polizia e quelle dei giornalisti potrebbero adesso fare luce.
Abbate è un ottimo scrittore, che alterna la descrizione di eventi efferati e crudeli, come la morte del bambino Claudio Domino, atti a far crollare miseramente il mito del mafioso “uomo giusto”, capace di fare giustizia dove l’ingiustizia dilaga, con pagine commoventi di vita familiare di magnifici poliziotti, integri, intelligenti e animati dalla fede nella Giustizia. Uomini, questi ultimi, cui noi dobbiamo molto, seppur inconsapevolmente, perché è grazie al loro sacrificio che si mantenuto il sodalizio civico di noi italiani. Sono loro che ci permettono di continuare a “credere” nello Stato. Così, mentre Abbate ci spiega, con pagine che hanno quasi un carattere ostensivo, la decostruzione dell’agiografia mafiosa, la cui consistenza si rivela per ciò che è, ovvero una fragile e spregevole costruzione ideologica, ci fa vivere altresì in maniera struggente e dolente le cronache familiari di quel giovane e coraggioso poliziotto, Ninni Cassarà, amico di Falcone, che aveva preso troppo sul serio la lotta alla mafia. Nel libro c’è anche una fotografia che lo ritrae riverso sulle scale della propria abitazione, attraversato da un colpo mortale, quasi casuale, dopo che lo aveva risparmiato la pioggia di piombo dei kalashnikov di diciotto sicari. Fra di essi, forse, Faccia di mostro. Pare un film, se non fosse per la distruzione terrifica eccessivamente realistica. Di lato al corpo, privo di vita, si vede la moglie Laura, vanamente corsa per le scale a soccorrerlo, seduta abbandonata su uno scalino, apparentemente non del tutto cosciente, persa nella contemplazione della potenza infernale della devastazione occorsa. Incapace di credere ai propri occhi. Una novella Maria, accanto al Cristo deposto dalla croce.
Abbate ci conduce poi nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere, un carcere cinque stelle, con tanto di menu à la carte per uomini che hanno tradito la divisa che indossavano e, infine, a Palermo, in vicolo Pipitone, fortilizio decadente della famiglia Galatolo, dove si compiono e si progettano omicidi e dove i mafiosi, anche quelli che saranno dei futuri pentiti, si incontrano con dei traditori in divisa, mentre altri poliziotti osservano e indagano, muovendosi dalla parte giusta, quella delle istituzioni.
Poi Abbate ci fa vivere i valori, i sogni, le speranze, la felicità e infine il senso di abbandono e la paura che hanno provato quei giovani uomini, insieme alle loro famiglie, prima che la mafia li uccidesse.
“Faccia da mostro” è un libro che non ci attraversa come il vento, ma anzi lascia tracce nella nostra interiorità, che ne viene incisa con un disegno toccante e riflessivo.
Lo presenteremo giovedì 17, alle ore 18.30, presso il Chiostro della Biblioteca della nostra città.