Enzo Cammilletti: una vita in prestito

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di Alessandro Artini

Nei corridoi del liceo, durante l’intervallo mattutino, Enzo solcava la marea di alunni a grandi falcate, alto, magro, con il registro sotto il braccio destro, offeso da una malattia infantile, mentre con il sinistro si apriva varchi tra le ondate di ragazzi con i panini in mano. L’intervallo allo Scientifico era così: uno sciame di alunni, che si riversava fuori delle aule. In classe restavano solo i pochi che dovevano ripassare la lezione prima dell’ora successiva, quella dell’interrogazione o del compito in classe. I ragazzi, comunque, almeno quelli meno presi dal brulichio frenetico, gli cedevano il passo, perché Enzo era un docente conosciuto da tutti, rispettato e amato.

Era tornato ad Arezzo, con Lucia, dopo alcuni anni di insegnamento nel dipartimento di Italianistica dell’università di Heidelberg. Parlava correntemente tedesco, quello che in Germania definiscono come Hochdeutsch, cioè il tedesco formale, privo di influenze dialettali, colto ed elevato. In casa, lui e Lucia guardavano la televisione in tedesco ed è capitato anche a me di farlo, brevemente, con loro. Succedeva che perdessi le parole ed Enzo mi ripeteva le frasi.

Quando capitava di parlare di letteratura o di filosofia, egli spesso ricorreva a quella lingua per spiegare i concetti, particolarmente quelli più raffinati. Alcune parole tedesche, frutto della composizione di altre parole, consentono una polisemia più vasta e arricchente.

Insieme parlavamo soprattutto di scuola, ma non solo. Ci conoscevamo anche sul piano delle nostre vicende umane e ho sempre ascoltato le sue riflessioni, apparentemente gettate lì, come suggerimenti affatto ovvii, in realtà sempre profonde.

Enzo aveva una formidabile capacità di focalizzare i problemi e intravedere in essi soluzioni. La potenza penetrante del suo sguardo lo avrebbe potuto esporre, in un contesto di pratica del lavoro intellettuale, anche a invidie o rivalità, ma egli sapeva equilibrare la celerità delle sue sinapsi con atteggiamenti composti e rispettosi verso gli altri. Inoltre, nei puzzle delle varie situazioni umane, egli riusciva a vedere i versanti più stranianti e particolari. Da lì scaturiva la sua ironia, creativa e deflagrante, al contempo. Le persone hanno riso molto, con lui. Di cuore.

La sua, dunque, era un’ironia socievole, talvolta liberatoria nei momenti professionali difficili, ma poteva anche diventare un’arma affilata quando aveva a che fare con i supponenti e gli arroganti.

Oggi si parla di una scuola che dovrebbe rivedere la funzione dei voti, come avviene in Finlandia, ad esempio, dove non si hanno bocciature. Da noi, invece, molti sono convinti che occorra una scuola più dura… come se in Italia il tasso di abbandoni scolastici degli alunni non fosse già elevatissimo! Be’, comunque stiano le cose, Enzo la sua personale rivoluzione l’aveva già fatta. Sapeva che l’autorevolezza di un insegnante non deriva dal roteare la durlindana dei voti, ma dalla capacità di coinvolgimento degli alunni. Lui li sapeva interessare e li affascinava, perché è dall’attrazione, cioè dall’Eros, che nasce l’apprendimento.

Questo era il suo stile, coerente con la vita di uomo intelligente e colto. Del resto, avrebbe detto Nietzsche, “La prima cosa che è necessaria è la vita: lo stile deve vivere”. “Der Stil soll leben”: questo avrebbe potuto cogliere Enzo, con la sua mente bilingue. Se non fosse una parola desueta e se non temessi di apparire retorico, parlerei di “saggezza”, almeno in senso antico…

Comunque, Enzo Cammilletti non c’è più. Penso che il modo migliore di parlarne, tuttavia, non sia quello della scomparsa, ma della restituzione. Lo schiavo romano Epitteto, uno dei maestri più apprezzati dello Stoicismo, riteneva che la vita fosse un evento, come una festa. È affar nostro giudicare se essa sia stata piacevole e divertente o se lamentarsi per il tempo troppo breve. Comunque stiano le cose, la vita è un dono, che deve tornare indietro. Ciò vale anche per la vita dei nostri cari. Quindi – suggeriva Epitteto – “Non dite mai di una cosa o di una persona che l’avete perduta, ma semplicemente che essa è stata restituita”. Tutto ciò che abbiamo e che amiamo è solamente preso in prestito.

Enzo Cammilletti sarà ricordato venerdì 14 aprile, alle ore 17.30, presso il Liceo Scientifico “F. Redi”. Sono invitati tutti coloro che l’hanno conosciuto, docenti, personale della scuola ed ex alunni. Chiunque voglia esternare un ricordo di Enzo potrà farlo e ciò sarà gradito.

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