Cristiano Rossi: l’agricoltura al centro, verso un nuovo modello di sviluppo

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L’agricoltura al centro, verso un nuovo modello di sviluppo

Cristiano Rossi, candidato nel collegio uninominale di Arezzo alla Camera dei Deputati per Unione Popolare con De Magistris porta all’attenzione della campagna elettorale il tema dell’agricoltura sostenibile.

Il sostegno all’agricoltura è una delle priorità per Unione Popolare e, se è fondamentale per l’intero Paese (si è visto bene in questo periodo di pandemia, di guerra e di crisi generalizzata), ancora di più deve essere al centro delle nostre riflessioni e del nostro impegno, vivendo in territori naturalmente e da sempre legati all’economia e alla tradizione agricola e, prima ancora, contadina.

Nei dintorni di Arezzo, in Valdichiana, in Valdarno, in Casentino, nella Valtiberina, sono importanti e numerose le produzioni ortofrutticole, vitivinicole, olivicole, anche del tabacco o legate alle tantissime e pregevoli attivitá agrituristiche, con non trascurabili ritorni economici, di indotto, di posti di lavoro. Non poche, tuttavia, in questi casi sono anche le criticità legate ai metodi di produzione e alle condizioni del lavoro, in grado di oscurare i traguardi pure raggiunti nel settore.

D’altra parte, agricoltura ed economia agricola significano anche, soprattutto per noi, idea e rispetto di un territorio, delle sue prospettive di sviluppo, storia e cultura dei luoghi e delle persone che li abitano (e li hanno abitati), tutela dell’ambiente, contrasto ai cambiamenti climatici ma anche sicurezza economica, lotta alla povertà, allo spopolamento, sostegno alle vulnerabilità. 

Prima ancora, volendo, significano immaginare un modo di vivere (e, quindi, di produrre, di fare economia e comunità, di gestire le risorse) che sia concreto, realistico, ma fondato sulla dignitá e sulla salute delle persone, sul loro diritto alla felicità, e, quindi, che si ponga in armonia con la natura. 

In questa prospettiva, non poche (anche se ancora non abbastanza) sono, per fortuna, anche le persone e le realtá esemplari, dal punto di vista dell’impegno e della ricerca di un equilibrio tra produzione, sostenibilità, qualità, cura del territorio, nonostante le grandissime difficoltà che ne minacciano quotidianamente la sopravvivenza e impediscono, soprattutto ai più giovani, l’avvio di nuove attività agricole (dovute alla mancanza di sbocchi diretti alla vendita, all’assoluto dominio della grande distribuzione – con i conseguenti prezzi irrisori dei prodotti agricoli e la concorrenza al ribasso, anche nelle condizioni di lavoro – gli insostenibili costi degli strumenti e delle macchine di lavoro, i mal orientati incentivi economici, l’isolamento). 

Tali difficoltà, del resto, sono ora aggravate proprio dai cambiamenti climatici (oltre che dal costo dell’energia) e, in particolare, dalla scarsità di una risorsa essenziale come l’acqua.

Servirebbero – come riporta il programma di Unione Popolare – tantissime azioni, a livello europeo, nazionale, locale.

Una riforma agroecologica della Politica Agricola Comune (PAC), tagliando i sussidi agli allevamenti intensivi e sostenendo le aziende agricole che producono con metodi ecologici e a tutela della biodiversità; l’aggiornamento e l’attuazione immediata, anche solo a livello locale, del Piano di Azione Nazionale per l’uso dei prodotti fitosanitari, vietando quelli tossici; la creazione di un fondo pubblico a sostegno delle aziende che si convertono al biologico (primo passo – allo stato nemmeno sufficiente, se si considerano l’impatto dei trasporti, della filiera, dell’intensività della produzione – per un’agricoltura sostenibile) e che promuovono pratiche agricole sostenibili; la rinaturazione dei fiumi, la riforestazione, l’implementazione delle aree protette. 

Solo per dirne alcune, che giá ci imporrebbero, comunque, una visione di lungo periodo, non sganciata dagli altri necessari cambiamenti di sistema (nei servizi pubblici, rispetto ai beni comuni, nelle politiche industriali) e non schiacciata sulle emergenze, oramai strutturali.

Servirebbe, prima di tutto – tornando ai nostri territori – un ascolto (organico, costante, magari all’interno di un Consiglio del Cibo di Arezzo, riprendendo l’esperienza di altri territori) di coloro che, nonostante tutto, tentano di portare avanti progetti agricoli basati sulla sostenibilità a tutto tondo e sul legame più sincero con la terra. 

Avendo bene in mente la complessità del sistema agroalimentare (e del fabbisogno a cui cerca, con grande impatto per tutti, di rispondere) ma avendo anche uno sguardo onesto e privilegiato sullo stato di salute agroecologico, chiedono di non rimandare alcune sfide, che facciamo nostre e su cui impegniamo il dibattito politico: abbandonare le coltivazioni intensive e avviare una diversificazione delle coltivazioni, così da ridurre anche la dipendenza da fattori esterni (fonti di energia, fertilizzanti, eventi climatici avversi); valorizzare, quindi, le peculiarità territoriali e privilegiare l’approvvigionamento dei prodotti agricoli sulla base di criteri e filiere di prossimitá; ripensare e pianificare le fonti di approvvigionamento d’acqua e la loro distribuzione (anche attraverso nuovi bacini idrici e impianti pensati con criteri di circolarità); perseguire, soprattutto a livello locale, vere politiche di zero consumo di suolo, facilitando il recupero e l’utilizzazione di terreni abbandonati o incolti.    

Volendo allargare lo sguardo, reclamano, in fondo, come reclamiamo anche noi, una profonda autocritica anche del settore agricolo, che possa assumere il suo naturale ruolo di protagonista verso il (necessario) radicale cambiamento dell’attuale e insostenibile modello sociale e di sviluppo.

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