Dopo la manifestazione antifascista di sabato 4 marzo, a Firenze, si è scatenato un dibattito politico pieno di fervore. Considerata la partecipazione di Elly Schlein, di Giuseppe Conte e di Maurizio Landini, alcune delle questioni su cui ruota sono le seguenti.
In prima istanza, ci si chiede se la manifestazione, che ha offerto l’occasione per la prima uscita pubblica della giovane segretaria del PD, segni l’avvio di un nuovo corso di alleanza tra il partito di quest’ultima e il M5S; poi ci si interroga su quelli che saranno i temi della possibile alleanza programmatica: oltre all’antifascismo, ci sarà quello del reddito di cittadinanza? Sarà riformato? Come? Sicuramente un altro punto di convergenza sarà quello dell’immigrazione clandestina. Come dovrà essere organizzata l’accoglienza? Saranno introdotte delle quote?
Ci si interroga, poi, se la guerra in Ucraina e la posizione contro l’invio di armi di Giuseppe Conte segneranno un punto di rottura tra il PD e il M5S; infine ci si pone la questione, nel nuovo quadro politico, del ruolo che potrebbe avere il sindacato guidato da Landini.
Su questi temi sono intervenuti tutti i big della politica, alcuni della maggioranza, come Tremonti, che, in un quadro più generale, contesta soprattutto il fatto che il sindacato affronti temi così esplicitamente politici, invece di dedicarsi alla protezione dei più deboli; altri, dallo schieramento di opposizione, come Prodi, festeggiano il nuovo corso, ma raccomandano al Pd di elaborare un programma, prima di parlare di alleanze. La rassegna degli interventi potrebbe essere più lunga, ma mi limito a questi due politici “storici” per non allungare troppo il discorso.
Machiavelli, nei “Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio”, sosteneva che tutte le comunità, per evitare la decadenza, devono essere in grado di tornare alle proprie origini, “ridursi verso i loro principi”. Mi pare che la sinistra si stia muovendo in questa direzione e la manifestazione di Firenze, all’insegna dell’antifascismo, ne sia la prova. Infatti, cosa c’è di più originario dell’antifascismo per i partiti di sinistra? Esso, dunque, rappresenta una buona base per la rifondazione, dopo le sconfitte elettorali ripetute.
Tuttavia – lo si ricava sempre dal pensiero di Machiavelli – nessuna base originaria può essere riproposta se essa non si presta ad essere attualizzata. Quindi, è bene cercare di capire se l’antifascismo sia in grado di muovere gli animi delle persone, per le quali non basta certamente l’eco di ciò che è stato un secolo fa. Se compariamo la situazione attuale con quella di un secolo fa, verrebbe da dire che fortunatamente non corriamo quei rischi e che non vi siano sistematiche scorribande fasciste, né che il Parlamento possa essere assimilato a “un bivacco di manipoli”. Dunque, se è vero che la tradizione sia il cuore della politica, essa dovrebbe essere riproposta in maniera sempre nuova. Si attaglia la vocazione antifascista alla società italiana del XXI secolo?
Anche se ciò fosse, occorrerebbe comunque fare attenzione, per la sinistra, perché gli eventuali eccessi innovativi in qualche misura lederebbero l’autorità della tradizione stessa. Ma, aldilà di tutte le riflessioni, la manifestazione è stata bella e partecipata e rappresenta un buon segnale per la volontà di recupero della sinistra.
Dunque, questi sono alcuni dei problemi che si pongono a seguito della manifestazione antifascista, tenutasi a Firenze, sabato scorso. Però, a questo punto, una domanda, per così dire, sorge spontanea: “Cosa c’entra la scuola con tutto questo?”. Non era per la scuola che la manifestazione è stata promossa? Gli alunni, i professori e i dirigenti che erano presenti, aldilà delle loro soggettive intenzioni, partecipavano al rilancio della scuola pubblica o a quello della sinistra? Decisamente c’è qualcosa che non ho capito.