Mi pare che solo adesso, nel corso della mia vita, si sia ripresentato un evento storico che avevo già vissuto: la fuga degli occidentali da Kabul come la fuga degli americani da Saigon nel 1975. Ricordi e immagini che si sovrappongono, costringendo a domandarmi cos’altro mi capiterà di rivivere.
Le bugie ed i voltafaccia dei politici allora come adesso, opposte a azioni individuali di chi non ci sta a lasciare a destino infelice persone con cui ha condiviso anni e speranze, pronunciando promesse che si sono liquefatte come neve al sole.
Con la stessa idea farlocca di esportare la democrazia come fosse un qualunque bene per cui esista un mercato diffuso, ignorando completamente le dinamiche di un popolo in un territorio che già aveva dimostrato la capacità di respingere le convenzionali potenze mondiali: in Vietnam la Francia con l’ecatombe del ’54 aveva già messo in evidenza la debolezza delle politiche coloniali spinte da motivazioni economiche, prestigio internazionale e di geopolitica, in Afghanistan l’impero britannico e la Russia sovietica avevano già assaporato il sapore della disfatta.
Nel 1975 gli elicotteri statunitensi facevano la spola fra il centro di Saigon e la forza navale che stazionava a poche miglia di distanza, adesso elicotteri che radunano nell’enclave dell’aeroporto di Kabul personale e collaboratori con le loro famiglie. I talebani certo li lasceranno in pace se non escono da lì e questo non mi piace, perchè aumentano i cattivi presagi sul destino di tanti altri. Restano i singoli, che si oppongono all’abbandono di chi è stato al loro fianco, come non apprezzare l’atto di quell’equipaggio statunitense che ha stipato all’inverosimile il loro velivolo in partenza dall’aeroporto di Kabul: similitudine con il destino degli hmong ricordato anche da Clint Eastwood nel suo “gran Torino”.
Le scelte del popolo statunitense e dei suoi governanti non rientrano fra le cose di cui io posso sindacare, ma certo posso farlo per quello che riguarda le azioni intraprese dai governi italiani (di ogni colore) negli ultimi vent’anni: quali motivazioni che giustificano 9 miliardi di euro, decine di morti e centinaia di feriti tra il personale italiano? Il risultato è evidente: nessun risultato ottenuto, una totale debacle.
Posso solo sperare che altri eventi storici si ripresentino: il dissolvimento dell’Unione sovietica con la caduta del muro di Berlino come si replicheranno nel prossimo futuro? Ci vorrebbe.Verso oriente…
Riusciremo mai a separare il destino della nostra nazione dagli interessi poco limpidi delle elite e dei grandi conglomerati industriali statunitensi?
Le riflessioni sul dissolvimento dell’esercito afgano segnalano come in verità parte consistente della società afghana non accettasse il modello impostogli dall’Occidente, volendo trascurare quella separazione in etnie che i secoli avevano sedimentato, con numero davvero significativo di persone a preferire la vita in un sistema arretrato se non addirittura feudale. Ma numerose migliaia di persone hanno creduto alle promesse e alle illusioni che i canali televisivi hanno portato in casa loro e a queste bisogna pensare per evitare quanto già accaduto dall’alba dei tempi nel rapporto fra vincitori e vinti; chissà se gli statunitensi hanno imparato qualcosa nella lezione di 45 anni fa quando una folla fu lasciata in mano a vincitori intrisi di ideologia. Alcuni parlano di corridoi umanitari, ma occorre tenere ben presente che questa strategia prevede l’abbandono di case, proprietà, attività, parenti, defunti: non è soltanto cambiare vita, è cambiare se stessi. Verso luoghi nei quali si troverebbero a disagio perché parliamo di musulmani che magari vengono da territori gelidi, che non sanno cosa li aspetterebbe (noi che lo sappiamo dovremmo essere più onesti con noi stessi e loro). Che significherebbe comunque accettare che i talebani l’abbiano vinto a tutti i livelli. Inoltre dobbiamo riconoscere che questa scelta vedrebbe contraria buona parte dell’elettorato. Che potrebbe anche contestare come l’Italia intrattenga ossequiosi rapporti diplomatici e ghiotti rapporti d’affari con una nazione che si comporta esattamente come i talebani: mi riferisco alla Arabia Saudita, per conoscenza diretta, dove solo le donne di elevata condizione socioeconomica hanno diritto ad un vita di soddisfazione, mentre quella delle donne schiavo rimarrà infima.
I contraccolpi del comportamento degli Stati Uniti rischiano di essere fatali al loro prestigio: cosa faranno ad Hong Kong e a Pechino? In Corea o in Giappone? Il loro imperialismo si è tradotto in un fallimento imperituro, a me dispiace perché distinguo tra il governo federale ed il popolo americano: il secondo è assai meglio del prima.
Saranno giornate interessanti, e vedremo alla prova il nostro ministro degli esteri (quando torna dal mare).
A sottolineare la profonda scorrettezza dei talebani faccio notare come abbiano approfittato della trasferta in spiaggia a ferragosto di Di Maio x lanciare l attacco a Kabul. L’ assenza del ministro dalla Farnesina ha compromesso ogni possibilita’ di resistenza, ha consegnato i nostri connazionali alla mercé” dei mullah, ha impedito il coordinarsi della diplomazia internazionale e alla Meloni e Salvini di tempestivamente conoscere le ultime novità, cosa che avrebbe loro consentito di fattivamente proporre ( Salvini dal Papeete) all’ imbelle governo le necessarie e urgenti contromisure tipo il blocco navale contro i talebani.
E’ noto che il poro Duce soleva lasciare di notte la luce accesa nella sua stanza di Palazzo Venezia x dare l impressione che lavorasse x la patria h24.
Berlusconi invece ci faceva presente di dormire 3/4 ore x notte onde curare le sorti del Paese. Entrambi, si e’ poi scoperto, perlopiu’ erano invece a trombare. Non ci sono piu’ gli statisti di una volta.
Almeno c’ avessimo come ministro degli Esteri uno competente come Renzi. A quest’ ora si parlerebbe di ” nuovo rinascimento afghano” e non staremo tanto a romperci i coglioni, tutti al mare, che poi li’ ” non ce n’ e’ coviddi!”
Scusi, ma Lei è di “chiara fama”? Almeno non sarà anonimo, in caso lo fosse non esiste ed il fatto che scriva qui è frutto inconsulto di qualche seduta spiritica, evento oggetto di verifiche scientifiche. Buona giornata
No il Colonnello non è avvocato di chiara fama ma persona istruita addottorato e rispettata.
Sentite voi due sopra….io sono di chiara fame…sono anni che vado in giro con la stessa camicia e gli stessi pantaloni ( sulle mutande stendo un velo pietoso) qui dentro possono testimoniare autorevoli opinionisti.
Troppo forte Colonnello!….:D:D:D
(sannasega, questa è prosa sprecata per questi qua)
Ecco fatto, ho “conquistato” un Colonnello, l’aiuto Ingegnere di un Generale ed un Avvocato. Tutto con terza media, incultura radicata e disprezzo garantito nel vicinato, luoghi frequentati per forza maggiore, in forma “elettronica” e perfino dentro casa! L’anonimato è questione di sopravvivenza.
Smentisco però lo spreco di prosa, persisto nell’ubbia di sollevarmi dallo stato in cui verso e mi sono appuntato anche “clandestinità intellettuale”, mica poco, senza ironia quest’ultima. Saluti
Lettera di un marines al NYTimes (dal NYT di oggi 18 agosto) tradotta con google
… Gli afghani sono costretti a tornare a vivere sotto la tirannia religiosa, un’esistenza resa ancora più dolorosa dalla loro breve esperienza con la libertà. Ora vedono la luce dall’estremità di un tunnel buio. Le porte della scuola si chiuderanno per le ragazze e i ragazzi torneranno ai loro studi religiosi. Per loro, l’arco dell’universo morale si piegherà all’indietro e si spezzerà.
È la mia vecchia unità, Primo Battaglione, Ottavo Marines, che viene inviata per mettere in sicurezza l’aeroporto di Kabul. Sono geloso. Darei qualsiasi cosa per restituire in questo momento, per dare ciò che resta l’ultima misura piena. Ma questo è impossibile. Presto apprendo che c’è un’ambasciata di ripiego all’aeroporto, che la nostra posizione sta crollando, che le chiacchiere di settimane si sono trasformate in giorni e finalmente ore, 36 di esse , per evacuare gli americani che rimangono.
Mentre tutto questo si svolge, c’è molta fanfara sulle celebrità alla festa per il 60esimo compleanno di Barack Obama, una celebrazione tenuta come la guerra che ha ampliato durante la sua presidenza si conclude con l’infamia. Ma lui non è solo. Anche gli altri nostri comandanti in capo sono responsabili dell’accaduto. E non c’è festa per quelli di noi che soffrono ogni giorno chiedendosi come avremmo potuto dare le parti migliori della nostra vita a una tale bugia.
Il crollo è stato improvviso, la nostra uscita troppo mal pianificata per evacuare i vulnerabili afghani che hanno lavorato con noi. Siamo disperati che le nazioni alleate che sono scese in guerra con noi le accolgano per nostro conto. Qualche migliaio di qua, qualche migliaio di là. Guardo attraverso il porto di New York verso la Statua della Libertà e mi chiedo perché non stiamo alzando la nostra lampada per coloro che sono stati abbandonati da questa guerra. Il nostro nuovo Colosso è morto o risorgerà per ripagare il suo debito?
Nella mia mente vedo l’elicottero Huey in bilico sopra l’ambasciata americana a Saigon, ma state tranquilli, dicono, la fine dell’Afghanistan sarà diversa dal 1975. Tuttavia, i nostri padri e i nostri nonni hanno combattuto e perso questa battaglia prima e sanno meglio, anche se non l’abbiamo fatto. I nostri figli soffriranno lo stesso?
C’è più che abbastanza colpa per andare in giro. Dopotutto, senza quelli di noi che si sono offerti volontari, non ci sarebbe nessuno per combattere queste guerre. Desidero tanto comparire davanti al giovane che ero, schiaffeggiarlo e dirgli di prendere una strada diversa. “Morirai laggiù”, voglio dire. “Non nel corpo, ma nello spirito”. Ma se n’è andato, e passerò il resto della mia vita a fissare la sua ombra.
E infine, ci sono i miei concittadini americani – repubblicani, democratici e indipendenti allo stesso modo – che hanno votato ripetutamente per 20 anni affinché quei presidenti e membri del Congresso ci ingannassero e ci gestissero male per sconfiggerci. Questa vergogna nazionale è una macina al collo.
Improvvisamente, la realtà si mette a fuoco. È l’intera nazione dell’Afghanistan che è bloccata. Riesco a sentire la sua gente urlare. E sentirò il suo rantolo di morte tra non molto.
Qui a casa, lo skyline di Manhattan è limpido, la Freedom Tower luccica e la nostra nazione va avanti pesantemente. Questa tragedia americana è giunta al suo atto finale. Ora aspettiamo che cali il sipario.