Le persone ricoverate nei posti letto dedicati oggi sono complessivamente 122 (2 in più rispetto a ieri, più 1,7%), 30 in terapia intensiva (1 in meno rispetto a ieri, meno 3,2%)

In Toscana sono 244.219 i casi di positività al Coronavirus, 33 in più rispetto a ieri (tutti confermati con tampone molecolare). I nuovi casi sono lo 0,01% in più rispetto al totale del giorno precedente. I guariti crescono dello 0,1% e raggiungono quota 235.242 (96,3% dei casi totali). Oggi sono stati eseguiti 3.454 tamponi molecolari e 1.067 tamponi antigenici rapidi, di questi lo 0,7% è risultato positivo. Sono invece 1.847 i soggetti testati oggi (con tampone antigenico e/o molecolare, escludendo i tamponi di controllo), di cui l’1,8% è risultato positivo. Gli attualmente positivi sono oggi 2.115, -11,3% rispetto a ieri. I ricoverati sono 122 (2 in più rispetto a ieri), di cui 30 in terapia intensiva (1 in meno). Si registra 1 nuovo decesso: una donna di 90 anni.
Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste della Protezione Civile Nazionale – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.
L’età media dei 33 nuovi positivi odierni è di 34 anni circa (27% ha meno di 20 anni, 30% tra 20 e 39 anni, 34% tra 40 e 59 anni, 6% tra 60 e 79 anni, 3% ha 80 anni o più).
Di seguito i casi di positività sul territorio con la variazione rispetto a ieri (tutti confermati con tampone molecolare). Sono 67.438 i casi complessivi ad oggi a Firenze (8 in più rispetto a ieri), 22.596 a Prato, 23.020 a Pistoia (11 in più), 13.315 a Massa, 24.668 a Lucca (5 in più), 29.230 a Pisa (1 in più), 17.505 a Livorno (4 in più), 22.868 ad Arezzo (2 in più), 13.870 a Siena (1 in più), 9.154 a Grosseto (1 in più). Sono 555 i casi positivi notificati in Toscana, ma residenti in altre regioni.
Sono 19 i casi riscontrati oggi nell’Asl Centro, 10 nella Nord Ovest, 4 nella Sud est.
La Toscana si trova al 12° posto in Italia come numerosità di casi (comprensivi di residenti e non residenti), con circa 6.657 casi per 100.000 abitanti (media italiana circa 7.186 per 100.000, dato di ieri). Le province di notifica con il tasso più alto sono Prato con 8.825 casi per 100.000 abitanti, Pistoia con 7.916, Pisa con 7.019, la più bassa Grosseto con 4.189.
Complessivamente, 1.993 persone sono in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (272 in meno rispetto a ieri, meno 12%).
Sono 9.590 (215 in meno rispetto a ieri, meno 2,2%) le persone, anch’esse isolate, in sorveglianza attiva perché hanno avuto contatti con persone contagiate (Asl Centro 5.032, Nord Ovest 3.938, Sud Est 620).
Le persone ricoverate nei posti letto dedicati oggi sono complessivamente 122 (2 in più rispetto a ieri, più 1,7%), 30 in terapia intensiva (1 in meno rispetto a ieri, meno 3,2%).
Le persone complessivamente guarite sono 235.242 (302 in più rispetto a ieri, più 0,1%): 0 persone clinicamente guarite (stabili rispetto a ieri), divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione e 235.242 (302 in più rispetto a ieri, più 0,1%) dichiarate guarite a tutti gli effetti, le cosiddette guarigioni virali, con tampone negativo.
Relativamente alla provincia di residenza, la persona deceduta è a Firenze.
Sono 6.862 i deceduti dall’inizio dell’epidemia cosi ripartiti: 2.214 a Firenze, 597 a Prato, 628 a Pistoia, 526 a Massa Carrara, 666 a Lucca, 702 a Pisa, 416 a Livorno, 504 ad Arezzo, 333 a Siena, 185 a Grosseto, 91 persone sono decedute sul suolo toscano ma erano residenti fuori regione.
Il tasso grezzo di mortalità toscano (numero di deceduti/popolazione residente) per Covid-19 è di 187,1 per 100.000 residenti contro il 215,1 per 100.000 della media italiana (12° regione). Per quanto riguarda le province, il tasso di mortalità più alto si riscontra a Massa Carrara (277,1 per 100.000), Prato (233,2 per 100.000) e Firenze (224,5 per 100.000), il più basso a Grosseto (84,7 per 100.000).
A proposito dei terremoti: considerando le varie penose traversie legate alle “ricostruzioni” non avrei da eccepire niente qualora si lasciassero tirare le fila dall’Esercito in quel campo. E’ un’emergenza anche quella mi sembra.
Sulle deviazioni ideologiche non sono d’accordo: si può affermare che quando erano ubbidienti fino alla morte (lo stato maggiore era poco propenso a questo sacrificio per la verità, tendeva a delegarlo) al Mussolini (era stato di diritto anche quello?) questo aspetto assumeva, nonostante cosa ne pensassero i soldati , un significato anche “ideologico”; come in altri casi. Generali e Colonnelli che si sono trastullati in logge e loggette, tra fumisterie nere, tra velleità golpiste e ordigni vari passati tra piazze e treni qualche motivo di diffidenza l’hanno fornito. Lo stesso Figliuolo, per molto meno chiaramente, quando parla dell’ RNA di un virus e della sua mutazione potrà essere oggetto di qualche considerazione critica senza che si debba tirare in ballo una qualche deviazione.
Sono forse neutrali i militari in Turchia, in Russia, in Colombia, Venezuela, nella NATO? Per non parlare di Cina, Siria, ecc.
Lo Stato di per sé non è affatto neutrale, compreso quello di diritto. Le cose che accadono possono essere colte con una certa esattezza ma le interpretazioni spesso variano e le “deviazioni” ideologiche diventano, in non pochi casi, patrimonio di bagni penali e bastonatori. Le opinioni e gli interessi divergono, in pratica, su quale deviazione in questo campo vada sanzionata. E’ ora di togliere, a mio avviso, la patina di discredito attorno al termine ideologia: chi ne è del tutto privo? Non si deve scambiare ideologia e dogmatismo, questo è altro tema; nel mondo attuale l’aria è satura di ideologia forse più che in passato. In Egitto si trova ancora a disposizione un “ideologico”, qui non ne siamo sicuri ma per la polizia dei militari locali la deviazione è certa.
Per tacere sulle strumentalizzazioni: si spendono attraverso i media immagini e discorsi su ristoratori sfiniti dalla crisi sfilanti in piazza, si enfatizza la rappresentazione dello Stato “nemico” tramite forze poliziesche troppo aggressive, poi interviene Salvini con i “suoi” (proprio così si espresse) poliziotti e siamo a posto. Successivamente la stessa sorte tocca ai dipendenti FedEx, nella stessa sede, e la notizia è derubricata alla sezione “tafferugli”.
Di innocente non c’è niente: la decisione, se confermata, di concedere una certa libertà a subappalti e a licenziamenti rappresenta una chiara scelta su chi debba “dare” e chi debba “ricevere”. Una risposta non ideologizzata è del tutto inadeguata di fronte ad una questione per niente “neutrale”.
Mi auguro che le cose procedano al meglio (ammesso procedano) nell’annosa questione che la infastidisce comprensibilmente.
Buon pomeriggio
Ovviamente io sto parlando dell’esercito italiano, certo non di quello greco, argentino o delle varie armate rosse e del loro fraterno abbraccio. Mussolini era lo stato di diritto. Su questo ci sono pochi dubbi. Nominato dal re, negli anni ’30 poteva contare su un consenso vastissimo mentre l’antifascismo era cosa di nicchia. Questo è un giudizio storico e non etico ovviamente. Le mele marce sono fastidiose, ma vanno nella pattumiera della storia e non inficiano un raccolto!
Però Il consenso vastissimo degli anni ’30 come si calcola? Questo aspetto mi sfugge. Dopo qualche anno di cura a base di randellate a gruppi di 7/8 contro 1/2, perlopiù tollerate dai carabinieri reali, cosa ci si poteva aspettare? La nicchia non poteva che rimanere tale tra galere, nosocomi e rifugi all’estero (tralasciando i cimiteri). I ludi cartacei erano superati in qualsiasi forma. Poi nell’Italia di allora l’influenza della politica era in generale attenuata a fronte delle condizioni reali di vita in un mondo prevalentemente agrario, con infrastrutture deboli, comunicazioni lente, analfabetismo di massa, parrocchie come unici riferimenti solidi nello sterminato mondo periferico. Il fascismo fu una scelta precisa indotta dagli interessi di classi prevalenti sul piano economico e sociale, non in base a numeri di teste e voti: questo si può chiamare comunque stato di diritto, è vero, ma di tipo monarchico. Se il re avesse deciso di cacciare le vagonate di disadattati alle porte di Roma, ed arrestare gli impavidi appollaiati tra Perugia e Milano, l’ esercito avrebbe risolto l’affare in 48 ore. Invece i “liberali”, tutto sommato, non vedevano male la soluzione, quindi…..se va bene a loro. Poi cambiarono opinione, come spesso accade.
Ma intanto nella pattumiera erano finiti i marci insieme a milioni di altri che con quelli non avevano niente da condividere, si ciarlò perfino di tutelare la “razza” (nel delirio si allontanò pure Fermi in direzione USA dove gli furono consegnate le chiavi di Los Alamos, certamente una fortuna nella disgrazia) . Il primo passo con cui si afferma un diritto corrisponde ad un atto di forza, poi la tradizione copre l’origine e si tessono raffinate tele “di diritto” impregnate di ragione. E’ per questo che l’aspetto etico è relativo e, oggi come non mai, volatile. Se poi, di nuovo, prevale un’altra forza capace di raggiungere la massa critica indispensabile al salto qualitativo le cose cambiano. Non c’è da impuntarsi sulla questione dello stato di diritto insomma.
Lo so bene. Il consenso, largo e certo riconosciuto dagli storici, si ottenne soprattutto attraverso la propaganda: per la prima volta il capo del governo si mostrava in pubblico per farsi apprezzare e acclamare, in modo che la gente si sentisse, allo stesso tempo, coinvolta e “guidata”, non sottomessa; la cultura fascista, con la sua concezione dell’importanza militare o del ruolo della donna, veniva istillata fin dalla scuola elementare; la radio e il cinema si stavano sviluppando e diffondendo proprio in quel periodo, e Mussolini li utilizzava per veri e propri spot propagandistici, soprattutto attraverso il cinegiornale, in cui, prima dell’inizio dei film, venivano proiettate le immagini di contadini che lavoravano la terra (in occasione della battaglia del grano) o che si impegnavano nei giganteschi lavori pubblici nell’Agro Pontino, in nome del regime fascista. Inoltre, grande importanza aveva l’esaltazione del nazionalismo, attraverso il quale si vedeva un riscatto dalla vittoria mutilata.
Un consenso artificioso senza dubbio. Ma oggi è così diverso? Che facciamo? Su questo sentiero rischiamo (per l’oggi) di mettere in discussione il suffragio universale
Certi commenti sono assai divertenti. Da una parte le inconsolabili vedove di Conte, con il loro capo Travaglio, dall’altra coloro che sono affascinati dalle divise. Le prime che cercano con ogni mezzo di convincersi e convincerci che ‘sto Figliuolo sia un incapace e Arcuri un genio, dall’altra, a parti rovesciate, che il primo sia il salvatore della patria e il secondo un mascalzone.
Premesso che credo che l’esercito italiano sia il primo custode della sicurezza nazionale, della costituzione e della libertà, non mi scandalizza affatto che chi è chiamato in funzione della divisa tenga la divisa. Quando c’è un terremoto o una qualsiasi catastrofe, nessuno chiede ai militari di togliersela, anzi la loro presenza è motivo di speranza e rincuora chi soffre. Quella che abbiamo vissuto non è da meno di una catastrofe e l’esercito rappresenta, non meno di altre istituzioni, lo stato.
Mi dispiace che la Murgia non abbia colto questo aspetto nella critica a uomini che nel nostro paese non hanno mai rappresentato un pericolo per lo stato di diritto vigente in quel momento, ubbidienti fino alla morte al re, al duce, alla repubblica. Non ho mai conosciuto nessuno che sepolto dalle macerie, abbia gridato ai militari che scavano: “Toglietevi la divisa o non esco da qui”.
E’ nel DNA di una certa sinistra l’antimilitarismo, ma non in senso pacifista (magari) ma solo come ultimo vero ostacolo al compimento della rivoluzione. Tanto da rendere i militari malvisti da una area, per fortuna sempre più ristretta, del popolo italiano.
Abbiamo chiamato l’esercito ad aiutare il paese in questa tragedia e abbiamo fatto benissimo. E’ dotato di mezzi propri (aerei, aereoporti, mezzi di trasporto, ospedali, medici e infermieri) e di proprie catene di comando, che possono rappresentare un aiuto essenziale in un momento così. Non abbiamo cooptato soltanto un generale per farne uno strumento della protezione civile, ma l’intero esercito da lui rappresentato. Intuisco che sia questo il vero motivo per cui continua a presentarsi in divisa: si sente in dovere di rappresentare una forza dello stato e non semplicemente un singolo prestato ad un servizio.
Sappiamo benissimo che non è merito suo se l’Europa ci sta consegnando vaccini come da tabelle preordinate già da gennaio. Ma è merito suo se le regioni e i loro presidenti, su cui sta esercitando ogni genere di pressione, sono costretti a lavorare giorno e notte per distribuire il vaccino alla popolazione. La nostra dopo un avvio inconcludente e dispersivo, ha dovuto accellerare fino allo spasimo per tornare ad un livello accettabile.
Io a Figliuolo non saprei quale critiche porgli, almeno per adesso, se non quelle frutto di inutili deviazioni ideologiche.