Con la nomina a procuratore generale di Ancona si e’ chiusa l’era del pm Roberto Rossi ad Arezzo.
Il magistrato, 63 anni nato ad Assisi ma aretino di adozione, per 25 lunghi anni ha tenuto in mano le redini della procura aretina condizionando, nel bene e nel male, la vita della città e dei suoi cittadini. Sono tante le inchieste di cui l’ex procuratore si e’ occupato nel corso di cinque lustri trascorsi al posto di comando della procura, alcune giunte alla ribalta della cronaca nazionale, altre invece finite nel dimenticatoio. Tra quelle ad aver fatto parlare di piu’ c’e’ senza dubbio lo scandalo Banca Etruria, la grande banca aretina ridotta in cenere insieme ai risparmi di numerosi correntisti. Altre invece, partite in maniera roboante, sono ben presto cadute nel nulla. Come quella sulla Chimet, l’importante azienda aretina di smaltimento rifiuti. Altre inchieste sono rimaste dimenticate in un cassetto per lungo tempo, come la vicenda Ciet, nonostante gli arresti eccellenti e i fiumi d’inchiostro riversati sulle pagine di cronaca dell’epoca.
Per ultimo, il processo in corso su Coingas con nomi illustri sul banco degli imputati tra i quali il sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli, l’ex presidente di ESTRA, Francesco Macri’, l’assessore al bilancio Alberto Merelli e vari personaggi di secondo piano. Ma c’e’ un’inchiesta che piu’ di ogni altra ha marchiato, o forse e’ meglio dire macchiato, la carriera di Rossi. Si tratta della vicenda Eutelia, l’azienda di telecomunicazioni finita nel mirino del magistrato a meta’ degli anni duemila. Da qualche tempo su Eutelia pare essere sceso il silenzio, nonostante le tante parole scritte all’epoca dai giornali locali e nazionali. Un’inchiesta ritenuta forse scomoda e sparita dai curriculum del pm Rossi, deus ex machina dell’inchiesta – fu lui a chiederne lo stato di insolvenza – e da quelli dei commissari giudiziari Daniela Saitta, Francesca Pace e Gianluca Vidal. Su questi ultimi e’ in corso un procedimento penale dopo che il gip Lombardo del tribunale di Arezzo, qualche mese fa, ha respinto la richiesta di archiviazione della procura. Le accuse mosse ai commissari, in particolare a Daniela Saitta alla quale Rossi chiedeva di “correggere” e integrare il testo della richiesta di insolvenza mesi prima che la stessa fosse presentata in tribunale, sono molto gravi tanto da indurre ad iscrivere i fatti contestati nel registro notizie di reato e aprire un’inchiesta penale.
Al motto “non si muove foglia che Rossi non voglia” il potente magistrato, amico di Luca Palamara e insieme a lui per anni nella giunta dell’associazione nazionale magistrati, e’ salito piu’ volte agli oneri delle cronache nazionali. Non solo per le inchieste di cui si e’ occupato con piu’ o meno successo, ma anche per alcuni episodi che lo hanno coinvolto in vicende personali poco chiare e delle quali si e’ piu’ volte interessato anche il consiglio superiore della magistratura. Numerosi i procedimenti disciplinari che lo hanno riguardato tanto da far scrivere a Fabrizio Boschi, giornalista de Il Giornale, in uno dei suoi tanti articoli dedicati al chiacchierato magistrato: “Rossi chi? Quello che ha fatto il viottolo al Csm?”
Di Rossi e delle sue condotte si e’ dovuto occupare anche il parlamento. Nel 2017, la commissione di inchiesta sul crack di Banca Etruria lo chiamo’ in causa per giustificare il ritardo nell’azionare un procedimento penale contro gli amministratori della banca, nonostante le ripetute contestazioni ufficiali di Banca d’Italia rimaste pero’ lettera morta. Due anni dopo, proprio il lassismo dimostrato nell’avviare un’inchiesta penale sul default della banca degli aretini che tanto dolore provoco’ a migliaia di ignari correntisti e anche un suicidio, gli costo’ una sonora bocciatura da parte del Csm. In quell’occasione i membri del consiglio superiore della magistratura lo accusarono di aver perso il requisito dell’imparzialita’ rimuovendolo d’emblée dal ruolo apicale della procura aretina. Successivamente una sentenza al photo finish del Consiglio di Stato lo reintegro’ al suo posto anche se i giudici del Tar avevano precedentemente confermato la decisione del Csm.
Una carriera lunga quella dell’ex procuratore Rossi, costellata da successi ma anche da brutti inciampi raccontati sui giornali nazionali, ma non su quelli locali che invece hanno pervicacemente censurato qualsiasi notizia indesiderata sul suo conto. Un silenzio assordante, lungo venticinque anni, anche su vicende personali, mai del tutto chiarite.
Tra quelle di cui si e’ piu’ scritto e delle quali ha pure dovuto rispondere in un’aula di giustizia, c’e’ l’aver usufruito di appartamenti o meglio “garconniere”, come scrisse Stefano Zurlo, per incontri amorosi con avvocatesse e gentili pulzelle. Il giornalista de Il Giornale riferi’ di festini a luci rosse consumati in un appartamento nelle campagne di Monte San Savino che avevano molto inquietato i condomini tanto da chiedere espressamente l’allontanamento del potente magistrato riconosciuto dalle fotografie pubblicate sul giornale, per vicende dai “particolari irriferibili”. Che il pm Rossi avrebbe preso parte a festini a luci rosse lo ha riferito anche il giornalista Antonino Monteleone, la Iena che si e’ occupata della morte di David Rossi. Nella ricostruzione del mistero che avvolge la morte del funzionario del Monte dei Paschi di Siena, Monteleone parla di festini consumati proprio nelle campagne aretine e senesi dove, a suo dire, sarebbe stato visto il magistrato.
Le condotte di Rossi, non sempre trasparenti, alcuni anni fa furono attenzionate addirittura dalla squadra mobile della questura di Arezzo. Una serie di comportamenti alquanto compromettenti, messi nero su bianco dal dirigente dell’epoca, Isadora Brozzi, in una relazione inoltrata alla procura di Genova che sfociarono, nel 2017, nella condanna per truffa aggravata del braccio destro di Rossi, il poliziotto Antonio Incitti e della compagna Marta Massai. Entrambi furono accusati di essersi fatti dare 50mila euro da un imprenditore aretino dicendo che sarebbero serviti all’allora sostituto procuratore Roberto Rossi… Lo stesso Incitti che provvedeva al pagamento, in contanti, delle spese per gli appartamenti messi a disposizione del capo. A Incitti, in particolare, venne contestato di aver ricevuto 50mila euro in contanti proprio nell’ufficio di Rossi dalle mani della compagna che poco prima li aveva ricevuti da un imprenditore aretino per “aggiustare” delle pendenze. Un episodio mai del tutto chiarito su cui ci sarebbero delle testimonianze che riferiscono particolari ben dettagliati e facilmente riscontrabili. Su questo incredibile episodio un nostro lettore ci ha recapitato un file audio che circolava in rete fino a poco tempo fa e fatto sparire forse da una manina interessata al suo insabbiamento. Dopo aver riflettuto sull’opportunita’ di pubblicarlo abbiamo ritenuto giusto portare a conoscenza dei lettori una testimonianza priva della patina che per tanti anni ha protetto un magistrato che invece avrebbe tanto da spiegare, soprattutto in un’aula di giustizia. L’audio e’ reale, non e’ un fake, ed e’ a disposizione dell’autorita’ inquirente. Su Rossi numerosi gli articoli pubblicati dal sito online “Toghe Sporche”
Non trovo parole per esprimere il il disgusto per un sistema cosi’ malato che permette a questo genere di persone, non solo di mantenere il posto ma anche di fare carriera.
La corruzione c’e’ sempre stata ma quando veniva fuori le istituzioni cacciavano subito i responsabili.
Adesso no, la corruzione e’ evidente, pubblicamente visibile ed i corrotti rimangono fermamente al suo posto perche’ altri, piu’ corrotti di loro, si rifiutano di cacciarli anzi li proteggono contro ogni morale e legge.
Spartiscono proventi della corruzione e fanno festini compromettenti per ricattarsi l’uno con l’altro.
Forse l’unico modo e’ andarsene in un altro paese e lasciarli a scannarsi fra loro.
Allora:
1) se ci sono spacciatori ad ogni angolo;
2) se le forze dell’ordine fanno solo un teatrino annuale con un cane vecchio e l’elicottero che gira intorno;
3) se la Procura coordina tutte le indagini e fa cacciare chi prova a fare qualcosa;
4) se il Capo Procuratore era un corrotto;
5) se gli spacciatori pagano il “pizzo” per la protezione;
6) Se GDF,Polizia,Carabinieri,Vigili Urbani sono tutti impegnati a multare le persone perbene ma non si muovono quando un cittadino li chiami perche’ sotto casa c’e spaccio ad ogni ora;
allora sappiamo chi ringraziare per i fiumi di droga che avvelenano i nostri figli ogni giorno ed il degrado incessante.
Le prove? Sono sotto gli occhi di tutti….
Speriamo solo che chi viene dopo il Rossi, abbiamo un po’ coscienza.
L’Italia e’ il paese piu’ corrotto d’Europa, semplicemente perche’ coloro che dovrebbero amministrare la Giustizia sono in prima fila a prendere denari e favori. Rossi e’ un esempio sotto la luce del sole che riesce ancora a non farsi buttare nella discarica perche’ ai festini con lui c’erano anche altri magistrati e si ricattano l’uno con l’altro. Grazie per l’articolo fuori dal coro di lecca-posteriore.
Questo articolo merita un plauso, una lezione di Giornalismo alle testate locali e nazionali.
Bravi!