Venerdì 23 aprile il primo episodio: interviene la Polizia di Stato. Il ragazzo alla fine è placato grazie all’ausilio del personale del 118, intervenuto con un’ambulanza. Il Tribunale dei Minori di Firenze ne ordina il trasferimento all’interno di una struttura fiorentina.
Sabato 24 aprile la replica, il giovane si oppone disperatamente al trasferimento. Nuovo intervento di forze dell’ordine e 118. Il giovane danneggia la struttura ed è necessario l’intervento dei Carabinieri per contenerlo.
Il ragazzo viene portato via, ma le intemperanze, secondo forze dell’ordine e gestori, si sarebbero mantenute sempre nel perimetro dell’istituto, senza il coivolgimento di altre persone.
Fratelli d’Italia Arezzo. Il consigliere Viscovo prende posizione: articoli minimizzatori dei fatti di Ponte Buriano.
La vicesindaco Lucia Tanti rincara la dose
“Ringrazio il consigliere Renato Viscovo per la sua interrogazione sui fatti che hanno interessato la frazione di Ponte Buriano. Le risse avvenute il 23 aprile all’interno di una comunità socio educativa, non sono tollerabili. Arezzo è una città civile che accoglie e che crede nella restituzione alla comunità di chi ha avuto momenti di difficoltà, ma tutto questo deve essere conciliato con la sicurezza e la tranquillità dei cittadini. Proprio per tenere insieme questi due valori, ho convocato coloro i quali si occupano di questa comunità per valutare insieme azioni e misure. Ciò che è sicuro è che non siamo disponibili ad assistere a fatti simili rispetto a quelli avvenuti”
Non conosco l’ubicazione precisa di questa struttura, se si trova in contatto ravvicinato con le abitazioni dei residenti la responsabilità è di chi ha scelto la collocazione.
Tuttavia, se risse, schiamazzi, lamenti, grida e quant’altro non sono tollerabili all’ interno di una comunità socio educativa orientata a favorire, per l’appunto, socialità ed educazione a giovani con handicap psichiatrici , cosa c’entra l’accoglienza? Momenti di difficoltà??
Per quanto a mia conoscenza le case famiglia sono strutture perlopiù deputate al sostegno delle persone con quelle patologie che rendono inidoneo il soggetto alla vita di comunità ordinaria, per cercare di superare questo handicap si ricorre a terapie non erogabili altrove, perché l’ospedalizzazione è troppo, mentre la pratica domiciliare è impossibile e non c’è cognizione della necessità di una cura (altrimenti il soggetto è in grado di farcela da solo e la situazione è molto meno impegnativa in rapporto all’altra). Cosa c’è di più ovvio del manifestarsi di alcuni sintomi tipici della patologia in questione all’interno della struttura dedicata a chi ne soffre? non sono compatibili con la tranquillità pubblica e devono presentarsi a debita distanza dalla comunità dei “sani”. Altrimenti è come chiedere al paraplegico che se ne può stare tranquillamente tra noi, ma camminando con i suoi piedi.
E poi chiedere solo tranquillità e sicurezza….ma sembrano cose da poco in un mondo che impone l’opposto della tranquillità promuovendo la destabilizzazione di ogni sicurezza? Ci sono ormai prezzi, non da saldo di fine stagione, per quelle cose lì. E non è detto che basti. Così in centro come in periferia e campagna.
Certe prese di posizione fanno venire la nausea