Candidature: molti i rospi da ingollare!

0

di Alessandro Artini

L’insoddisfazione per l’elenco dei candidati delle varie liste elettorali è del tutto evidente.

Per parlarne in modo oggettivo, è necessario tener presente che la riduzione dei parlamentari (legge costituzionale n. 1/2020), fortemente voluta dal M5S (ma approvata con il consenso di quasi tutti gli altri partiti) ha reso le liste incapienti per i politici di mestiere, che si aspettavano più o meno realisticamente di essere ricandidati.

La riduzione è stata cospicua, perché ha portato il numero dei deputati da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200. È evidente come un tale “taglio” abbia comportato la critica malevola dei parlamentari esclusi, che si attendevano la rielezione, secondo la regola invalsa che, una volta entrati in Parlamento, ben difficilmente se ne esce. Questa sorta di “legge della riconferma”, garantita da una sorta di diritto di prelazione dei posti in lista, in fondo aveva rappresentato una regola di continuità, applicata dai tempi della Prima Repubblica. Due mandati non sono mai stati negati a nessuno! Oggi vige solamente un principio: qualsiasi cambiamento politico non deve interdire il vitalizio, cioè la pensione, che scatta al 65° anno di età dopo aver svolto il ruolo di parlamentare per non meno di 4 anni, 6 mesi e un giorno. Ovviamente l’esclusione, per gli interessati, avrebbe gravato come una sanguinosa offesa sull’intera “comunità” (oggi va di moda questa definizione…) dei loro sostenitori e soprattutto finirà per incombere sul destino della politica nazionale, indebitamente privata delle loro ineffabili competenze. Al netto del ridicolo di quelle dichiarazioni, occorre riconoscere che alcuni di loro si meritavano effettivamente di essere candidati. Per contro, possiamo affermare che una parte degli aspiranti onorevoli in lista si è meritata la candidatura. Il problema, dunque, è quello dei candidati mediocri che sono stati nuovamente riproposti nelle liste e cioè, più in generale, della selezione del personale politico.

La meritocrazia non è mai decollata nel nostro paese, né nel mondo economico, dove si è sempre mantenuta (così osserva Roger Abravanel) una sorta di trasmissione imprenditoriale di impronta familistica, né in quello della pubblica amministrazione, dove sempre più spesso l’ingresso avviene tramite sanatorie (come nella scuola). Quindi è ben difficile immaginare una selezione meritocratica in politica, dove gli appigli oggettivi delle carriere professionali scompaiono del tutto a favore di giudizi affatto opinabili, quali sono quelli politici. È evidente come la dimensione fondamentale sia quella del consenso, cioè del giudizio altrui, che tuttavia dovrebbe essere misurato in termini democratici.

Eppure, sempre citando Abravanel, in alcuni paesi insospettabili, come la Cina, ad esempio, che certamente non è una nazione democratica, la classe politica cinese viene selezionata in termini meritocratici. I quadri elevati del partito, infatti, sottostanno a un cursus studiorum (e honorum) del tutto ragguardevole. Da noi, purtroppo, le cose non vanno così. La scelta dei candidati è sostanzialmente affidata alle segreterie che, se illuminate, optano per nomi di valore, ma, se non lo sono, fanno scelte conseguenti cioè più attente alla fedeltà o all’amicizia.

Torniamo ai candidati. Nonostante la presenza di alcuni politici competenti e moralmente integri, forse meno rari di quanto si creda, la media di coloro che hanno dominato le ultime legislature è stata mediocre. In altri termini, la politica è stata mediocre. Spesso meschina, perché intenta a perseguire interessi di parte. Non so se il numero dei parlamentari attualmente vigente sia quello giusto, ma certamente non è il numero a fare la qualità. La Cuzzocrea, una delle giovani star televisive del giornalismo, considera che la riduzione dei parlamentari abbia nuociuto soprattutto ai candidati provenienti dalla società civile. In altri termini, ritiene che il novero dei posti sia stato integralmente occupato da politici di mestiere. Forse è vero, ma nulla potrebbe garantire che, con un numero maggiore di posti, una parte di essi sarebbe messa a disposizione di gente esterna agli apparati. Nei partiti, ormai da tempo, vige “la legge ferrea delle oligarchie”, enunciata da Robert Michels, secondo la quale tutti i partiti, non appena affermati, cambiano la forma che, da aperta e democratica, diventa oligarchica. Ciò nascerebbe da un’esigenza di specializzazione, che la politica inevitabilmente implica e che comporta la costituzione di un’élite.

Anche i partiti personali che, secondo Mauro Calise, avevano originariamente rivitalizzato la pesante struttura burocratica dei partiti, infine si sono ulteriormente allontanati dalla popolazione. Ne è prova il forte tasso di astensione che si registra nelle varie consultazioni elettorali. Credo che proprio da questa situazione nasca il forte livello di insoddisfazione, che si registra nei social, per la scelta dei candidati. Se questo riguarda i partiti tradizionali, la situazione pare coinvolgere anche i nuovi partiti, come Azione, che hanno compiuto scelte sostanzialmente verticistiche, sbagliate o giuste che siano. Lo statuto di Azione prevede che le liste siano approvate dagli organi dirigenti, ma non prevede nulla circa i processi decisionali, che precedono una tale approvazione. “Scelta” dei candidati e “approvazione” degli stessi finiscono per coincidere.

Ciò posto, la vera posta in gioco delle prossime elezioni è relativa all’astensionismo. I parlamentari eletti, dopo le votazioni, mostreranno l’aria meditabonda del Pensatore di Rodin, per dimenticarsi della questione il giorno dopo. Ma in un contesto politico dove si scorgono “nuvole all’orizzonte”, la mancanza di consenso di una parte della società sempre più estesa comporterà inevitabilmente forti tensioni sociali. Per questo la questione della democrazia interna ai partiti è fondamentale, alla stregua dei rincari delle bollette, perché solo con il consenso potremo affrontare efficacemente le difficoltà che a breve incontreremo. Ho la sensazione che questa volta non sarà così facile rimuovere il tema dell’astensionismo.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here