Becco Giallo, il Sindaco di Arezzo e il Lyssavirus

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Cari amici, sono Becco Giallo, noto per essersi occupato, lustri orsono, di urbanistica locale, con la pattuglia acrobatica formata da personaggi quali Gufo Reale, Passero Solitario, Gazza Ladra, Cinciallegra, Sparviero Incazzato. Dopo il gravissimo fatto del povero gatto che ha morso la padrona e poi è morto, ho ricevuto la visita di un altro volatile desideroso di far parte dello stormo. Il suo nome chiarisce il collegamento col gatto e col povero cane ingabbiato dal Sindaco per sei mesi. Un volatile “sui generis”, muso da topo e occhi espressivi, incline a comportamenti strani e alternativi. Dorme a testa in giù e si orienta col radar meglio di un “caccia” militare. Mi ha scritto una lettera perché la invii a Informarezzo, che a suo tempo diffuse le idee Becco Giallastre sull’urbanistica fanfaniana.

Ecco la lettera:

«Cari Aretini, mi chiamo “Pipistrello Virale” (per voi aretini Gnuttelo Virale) e sono ad Arezzo per un viaggio di studio. Scrivo per smorzare il mio senso di colpa per la fine del povero gatto aretino e per il gabbio semestrale inflitto al cane. Un pericoloso virus ha infettato il gatto. Il sindaco, nonostante non sia dimostrata la trasmissibilità per l’uomo, considerato che il virus ha però colpito, con inaudita frequenza, ben due volte, la prima tra Mar Nero e Mar Caspio  venti anni fa e la seconda sul gatto aretino, ha prontamente emesso un’ ordinanza sui cani. Il povero cane, che per motivi di “ privacy” chiamerò “Fido l’Innominato”, è scappato di casa impaurito per i fuochi di San Donato e, portato al canile, è incappato nell’ordinanza del Sindaco. Ma perchè mi sento in colpa? Perchè il mio nonno, pipistrello del “Caucaso”, dopo aver infettato venti anni fa il felino del caspio, lasció in testamento il lyssavirus al mio babbo il quale, a sua volta, con atto notarile lo ha donato a me medesimo. La frittata, quindi, l’ho fatta io. Per rimediare al danno caucasico causato ad Arezzo voglio aiutare il Sindaco suggerendo nuove ordinanze sanitarie. Svolazzando di notte, in compagnia dell’amico Drone-Airone, ho potuto verificare che molti aretini hanno un pericoloso fungo inguinale. Non chiedetemi come ho accertato la cosa. Il motivo del fungo è la poca frequenza con la quale certuni si cambiano la biancheria. Siccome c’è il pericolo che questo fungo faccia concorrenza alla sagra di Palazzo del Pero, sarebbe il caso che il Sindaco, in linea con le ordinanze sul Lyssavirus e sul covid 19 (mascherine obbligatorie all’esterno) emani un’ordinanza contro il fungo inguinale: “Obbligo agli aretini che non portano il pannolone di cambiare le mutande almeno due volte il giorno”. La polizia municipale sarà autorizzata a chiedere ai viandanti di abbassare i pantaloni (o alzare le gonne) “per controllare il rispetto delle norme del Sindaco”.»

Dopo le parole di Gnuttelo Virale, vi invito al rispetto “in toto” delle regole imposte dal Sindaco e a serbarle gelosamente nel vostro cu..   !

Saluti

da Becco Giallo

6 COMMENTS

  1. Tutta sta intemerata al Sindaco per poi finire con il dire che gli aretini sono sudici? Se voleva essere spiritosa ha quello spirito che la mi nonna definiva di patata.

    • Caro Julius, o come mai denigri la patonza? La patata non si merita di essere associata a questa perla di sarcastica intellighentsia liberal in chiavica satirica. Zitto e incassa: noi aretini siamo sporchi e il gatto morsicatore morto con sintomatologia nervosa, che rappresenta con certezza la prima dimostrazione a livello mondiale del passaggio del lyssavirus dal pipistrello ad un altro mammifero, è un’invenzione. Tu, caro Julius, la chiami intemerata, ma non è un rimprovero. E’ una limpida espressione progressista del disprezzo della realtà, in nome e per conto del politicamente corretto.

      • Patata come solanum tuberosum o piu’ semplicemente quelle che si fanno anche al forno di contorno al pollo arrosto, tu la chiami limpida espressione progressista e, dal momento che sembra tu li conosca meglio di me, avrai probabilmente ragione, per me,che con i progressisti ho poco a che fare, e’ una semplice e pretenziosa cavolata, scritta e venuta male.

        • Prendo atto dell’incolpazione che mi rivolgi di conoscere i progressisti meglio di te. Ahimè, li conosco benissimo. Ma non mi travisare sulla satira. Essa quand’è sarcasmo fine a sè stesso o si definisce di norma con la parola sessista, bassamente colloquiale, che si riferisce all’organo maschile o alla patata intesa non come tubero ma come patonza. Buon Ferragosto reazionario.

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