Banca Etruria, finisce tutto a tarallucci e vino

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Il giudice Ada Grignani

Banca Etruria, tutto finisce a tarallucci e vino.

L’assoluzione di gran parte del cda della banca d’Arezzo lo scorso 15 giugno, lascio’ piu’ di qualcuno sgomento. Milioni di euro spesi in consulenze, affidamenti per altrettanti milioni di euro dati senza garanzia a membri del cda, e nessun colpevole.

A distanza di tre mesi la giudice Grignani ha depositato le motivazioni di quella sentenza che tanto fece scalpore e che vide assolto “perche’ il fatto non sussiste” anche il padre della ex ministra Maria Elena Boschi.

Per il giudice Ada Grignani non c’è prova che gli incarichi milionari ai vari studi legali e advisor furono “operazioni manifestamente imprudenti”. Non furono iniziative “avventate o scriteriate prive di ogni ragionevole probabilità di successo” e neanche si può dire che “consumarono una notevole parte del patrimonio della banca”.

Pierluigi Boschi durante l’assemblea dei soci di Banca Etruria il 04 maggio 2014.

Insomma, a distanza di anni non ci sono colpevoli. I risparmiatori, tanti, si sono visti svuotare il conto in banca, ma tant’e’: non e’ colpa di nessuno! La giudice Grignani va oltre  e nelle motivazioni parla anche di capo di imputazione sbagliato, ovvero quello di bancarotta semplice.

“Ma se questa fosse l’accusa, se fondata e documentata” osserva il giudice “sarebbe un’altra, di natura dolosa e non colposa”, diversa quindi dal capo d’imputazione. Qui invece si trattava di bancarotta semplice, contestata oltre che a Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena, ex ministro, ad Alessandro Benocci, Rosanna Bonollo, Claudia Bugno, Daniele Cabiati, Carlo Catanossi, Emanuele Cuccaro, Giovanni Grazzini, Alessandro Liberatori, Luigi Nannipieri, Luciano Nataloni, Annamaria Nocentini, Claudio Salini, Ilaria Tosti. Tutti assolti. Per il giudice Ada Grignani non c’è prova che gli incarichi ai vari studi legali e advisor furono “operazioni manifestamente imprudenti”. Non furono iniziative “avventate o scriteriate prive di ogni ragionevole probabilità di successo” e neanche si può dire che “consumarono una notevole parte del patrimonio della banca”.

Insomma come da copione, milioni di euro sono spariti, la banca d’Arezzo e’ scoppiata e i risparmiatori sono rimasti a secco. Qualcuno, dobbiamo ricordarlo, ci ha rimesso oltre ai soldi anche la propria vita.  E nessuno dovra’ rispondere di questo, almeno per la giustizia itagliana.

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