A briglia sciolta: 12 settembre 2019. Un nuovo format.

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Presento ai lettori un nuovo modello di mio contributo per riflessioni e commenti: tratto argomenti che mi hanno colpito in poche righe (facendo del mio meglio per non torturare grammatica e comprensibilità).

Ho visto il recente film “A private war”, biografia della giornalista Marie Colvin: ella scriveva per importanti testate britanniche, è morta insieme al fotoreporter francese Rémi Ochlik in Siria nel 2012 causa i bombardamenti di Assad sulla popolazione civile. Personaggi che non conoscevo, che mi hanno colpito poiché quando la tensione morale che spinge a rischiare la vita (ed in questo caso a perderla) per portare la propria testimonianza su episodi o situazioni sconosciute al grande pubblico porta il mio rispetto alle stelle.
Per alcuni anni ha fatto il fotografo, seguendo anche la cronaca aretina, quindi le testimonianze fotografiche mi erano (e sono) particolarmente vicine: nell’oramai quasi introvabile libro “Requiem” trovano spazio storie e immagini degli oltre 100 fotoreporter morti durante le guerre in Vietnam e dintorni, un libro pieno di dolore per quello che descrive. Libro che celebra l’impegno di coloro che contribuiscono ad una più estesa rappresentazione della realtà: come scrisse un giornalista in occasione della guerra di Crimea del 19º secolo “in guerra la prima vittima è la verità“, davvero parole sante; l’informazione dai fronti di guerra ora è imbrigliata, anzi “embedded“, alla faccia della verità.
Anche l’informazione nazionale (sia cronaca o politica o economia) è spesso frutto di persone inadeguate, impreparate, ignoranti, sensibili al volere degli inserzionisti e dei potenti di turno. L’informazione può sempre essere manipolata, gli occhi di chi guarda e le parole che vengono scelte sono di per sé scelta di campo, sta naturalmente al lettore riportarla nell’ambito più corretto. Preferisco opinioni separate dai fatti, ma possono stare insieme quando è chiaro il gioco (Emilio Fede docet).
Questo tipo di informazione è migliore della mancanza di informazioni. Esiste poi l’informazione da vergogna, dove il comunicato stampa imbellettato la fa da padrone, dove i “giornalisti” sono più interessati al buffet. È in parte colpa dei lettori, la crisi di vendite della carta stampata piuttosto che le difficoltà delle testate on-line che si finanziano con la pubblicità porta le stesse ad un atteggiamento accondiscendente, i giornalisti vengono pagati cifre irrisorie, il pettegolezzo (costa poco raccoglierlo) va per la maggiore. Inoltre rete e social danno legittimità a bugie belle e buone, alle voci: il rilancio di queste “notizie” le rende vere e sono proprio i giornalisti da tastiera ad impossessarsene. L’attuale caso Schumacher valga come esempio.
Ne risulta poi che prodotti multimedia a usi commerciali di aziende, sponsor, artisti iniziano ad apparire in tv (notorietà= vendite): su Bocelli circolano adesso la biografia in due puntate tv (manco la Callas; fra l’altro a quante persone in vita è stato dedicato un simile programma?), uno speciale su un suo evento e in più promo del pezzo registrato col figlio. Guardando con attenzione emerge infatti un asfissiante product placement; presenza di beni a scopo pubblicitario, mascherata come parte importante del contenuto. Esempio, gli omnipresenti veicoli Bmw nei film “Mission impossible”; nel caso Bocelli una certa marca di espresso, a josa.
Vogliamo continuare così; quando la promozione infuenzerà le notizie?

Il cardinale Bassetti -presidente della conferenza episcopale italiana- ha fatto una lunga tirata circa la legislazione che dovrà regolare il fine vita, volendone ottenere un depotenziamento sin dall’inizio, chiedendo ad esempio l’introduzione dell’albo per i medici obiettori di coscienza: medici che si rifiutino di dare seguito alle disposizioni a scorrere verso il destino da parte di malati.
Stimo Bassetti, prestavo attenzione alle sue parole ritenendole non banali quando era vescovo di Arezzo, questa sua uscita è naturalmente in linea con il ruolo che ha, ma dissento profondamente. Tirare fuori il caso Noa (giovane olandese la cui morte è stata usata per dare contro al suicidio assistito, anche se nulla c’entrava con l’accaduto), menzionare unioni civili e fecondazione assistita quali chiare negatività delinea una impostazione che subito rifiuto.
Non posso accettare di non offrire adeguata protezione costituzionale a omosessuali (anche ma non solo, anzi); inoltre il numero di coppie etero che usano la fecondazone assistita è -anche qui- enormemente maggioritario, sottointendere che ne siano i gay i principali utilizzatori è fuorviante: quindi il volere/diritto di Bassetti vale più del mio? Sul fine vita, il suo ha una ricaduta fisica e morale, il mio ha effetti morali. Grossa differenza.
Comunque, l’esperienza circa i medici obiettori di coscienza (mi riferisco all’aborto) ha messo in evidenza come fossero diffusi medici obiettori per la struttura pubblica e abortisti in privato; inoltre in certe zone del paese le donne che intendevano abortire, usando ciò che la maggioranza italiana aveva reso loro disponibile, si scontravano con la indisponibilità delle strutture -causa obiettori- a dare seguito nella maniera più scorrevole a questa richiesta: credo che un aborto non sia facile per la grande maggioranza delle donne che lo chiedono, renderlo più farraginoso o complesso è offesa insostenibile.
Poi, è necessaria una maggioranza per ottenere certe leggi? La assenza di talune norme evidenzierebbe la dittatura della maggioranza invece che il rispetto e sostegno a libertà individuali, anche se per pochi interessati.
Ma mi dà particolare fastidio il virgolettato che estraggo dal quotidiano Repubblica “Va negato che esista un diritto a darsi la morte: vivere è un dovere, anche per chi è malato e sofferente“.
La mia situazione mi ha portato ad essere vicino a persone che soffrono, anche se nessuno mi ha mai significato la propria volontà di suicidarsi. Invece discorsi sul fine vita, intendendo la sospensione di taluni trattamenti quando la situazione sia purtroppo delineata, ne sono venuti fuori. Non ho esperienza di quanto accade nei reparti oncologici o simili dove troppo spesso il destino è segnato, ma credo che la chiarezza e rispetto sulle volontà del malato sia aspetto dal quale non si può prescindere, mi riferisco anche ai parenti che non sanno come muoversi nell’incoscienza del loro caro. Qui siamo nell’ambito dell’eventuale sospensione di quell’insieme di trattamenti -ad esempio l’alimentazione via endovena- il cui obiettivo è rimandare quello che, secondo le conoscenze mediche, appare un percorso ineluttabile. Non parlo di suicidio. Ma né per l’uno né per l’altro caso ho concesso autorizzazione alla Chiesa cattolica a parlare per me circa la legittimità o no di quel percorso. Arrivando a negare il diritto alla auto determinazione di individuo maturo cosciente e adeguatamente informato.
Certo le dinamiche conflittuali che vedono Papa Francesco contrapposto a taluni blocchi conservatori -dentro la Chiesa cattolica statunitense- possono essere stati influenti nella scelta delle parole di Bassetti: ma per me egli ha espresso un principio che non può essere applicato a terzi.
Bassetti è liberissimo di rifuggire per se stesso dalle previsioni della legge quando questa verrà determinata, ma non ha nessun potere o diritto di privare altri della loro volontà e degli effetti che ne derivano. Anche fossero maggioranza nel paese.
Tutele, per uni ed altri, non proibizione.

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